GianniP

IN SIRIA SI CAMBIA SCENARIO

Per otto anni i curdi hanno amministrato una parte della Siria del nord, in un ambiente di sostanziale indipendenza dalla Siria, applicando norme avanzate e approvate dall’Occidente, come la libertà e parità delle donne. Ma ora c’è stato l’attacco dell’esercito turco e contro di esso i curdi non hanno armi sufficienti per resistere. Essi si aspettavano di essere difesi dagli americani ma gli statunitensi si sono defilati. Così, dinanzi alla prospettiva di una sicura sconfitta, hanno rinunziato ai loro sogni e – su pressione e con la mediazione dell’Iran e della Russia – si sono alleati con Bashar al Assad. L’indipendenza curda è tramontata e nel nord interviene l’esercito siriano. E per la Turchia le cose si complicano. Tutto ciò si presta a molte considerazioni.
La prima riguarda l’America. A detta di tutti, essa avrebbe “tradito” i curdi, meritevoli della sua gratitudine in quanto hanno valorosamente combattuto contro lo Stato Islamico. Ma in politica, sin dai tempi di Cesare, la gratitudine non è di moda. E comunque, se il rimprovero è giustificato per l’America, lo è ancor più per l’Europa, molto più vicina alla Siria di quanto sia Washington. E allora come mai, persino negli stessi Stati Uniti, tanti se la prendono con gli Stati Uniti? La risposta è semplice. Per decenni – un po’ per fare i propri interessi, e un po’, stupidamente, per puro idealismo – quel grande Paese si è fatto carico di tutte le rogne del mondo. Ora il pendolo emotivo di quella nazione si è spostato dall’idealismo all’isolazionismo e dunque, di fronte ad un drammatico avvenimento internazionale, il Presidente si è chiesto: “Noi che interesse abbiamo ad intervenire? Meglio essere criticati dai parolai che veder rientrare in patria bare coperte dalla star spangled banner”.
Oltre al dovere morale della solidarietà per quel piccolo e sfortunato popolo, per gli americani non c’è altro. Mentre gli europei avrebbero dovuto pensare alla propria sicurezza. E se non si muove chi è personalmente minacciato, perché dovrebbe muoversi un terzo? Gli stessi americani che oggi sono indignati per l’inerzia di Trump sono quelli che tanto hanno manifestato contro la guerra in Vietnam.
La seconda lezione riguarda i curdi. Costoro imparano a proprie spese che il principio dell’autodeterminazione dei popoli non vale niente, se non si è in grado di applicarlo con la forza. Se Israele è ancora lì è soltanto perché è capace di difendersi. L’Onu le è sempre stata ostile e, se fosse dipeso da essa, da decenni l’avrebbe consegnata ai boia arabi. Il sogno di indipendenza dei curdi, e di un loro Stato su base etnica, è comprensibile, ma finché non avranno un loro possente esercito, o alleati e una congiuntura internazionale che forniscano loro qualche carta vincente, rimarranno soltanto una spina nel fianco dei Paesi in cui vivono. Lo smembramento del fantomatico Kurdistan operato dalla Prima Guerra Mondiale è stato un errore, ma un vecchio errore diviene normalità.
Il fatto che i curdi abbiano accettato l’alleanza con Assad corrisponde ad una resa ma è anche l’unica speranza di sopravvivenza. E se da vivi si può sperare in qualche rivincita, da morti non si può. Dunque per il momento hanno fatto benissimo a ricorrere ad Assad. Fra l’altro, avere alle spalle la Russia, corrisponde a rovesciare le previsioni del confronto. La Turchia è un gigante, nei confronti dei curdi, ma non lo è contro i nuovi avversari. Quanto all’intervento sottobanco dell’Iran, per la Turchia è qualcosa di urticante al di là di ciò che riescono ad immaginare gli occidentali. Infatti l’Iran è la centrale mondiale degli sciismo, mentre la Turchia avrebbe voluto soppiantare l’Arabia Saudita come campione dei sunniti. Ed ora vede che l’Iran prende sempre più piede nella prevalentemente sunnita Siria, sua vicina di casa.
Poi molto dipenderà da quanto tecnicamente forte sarà l’impegno della Siria. Certo, se considererà che giuridicamente quella striscia di terra è territorio siriano, non è improbabile che faccia intervenire anche la propria contraerea e la propria aviazione, togliendo ai turchi il sereno vantaggio del dominio del cielo. Se poi i russi (o perfino gli americani) saranno disposti, pubblicamente o sottobanco, a fornire ai curdi armi anticarro o missili terra-aria, i turchi se la vedranno brutta.
Per Ankara la situazione si è complicata. Un’aggressione è una mala azione, ma quando ha successo è facilmente perdonata. Viceversa, quando è un insuccesso, allo svantaggio si aggiunge il biasimo e la perdita di credibilità. Non a caso, dopo l’aggressione alle Falkland i generali argentini hanno perduto il potere. Conquistandole, avrebbero avuto una bandiera da sventolare, perdendole, e perdendo con essa la gioventù argentina sacrificata sul “General Belgrano”, la vergogna li ha cancellati dal mondo.
Se è lecito aggiungere una noticina, si direbbe che Erdogan ha commesso lo stesso errore di Salvini. Questi reputava impossibile che il Movimento si alleasse col Pd, ed invece è ciò che è successo. Erdogan reputava impossibile che i curdi si alleassero con la Siria, e anche lui ha avuto una brutta sorpresa.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
15 ottobre 2019

IN SIRIA SI CAMBIA SCENARIOultima modifica: 2019-10-15T12:44:49+02:00da
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