GianniP

IL NUOVO PONTE DI GENOVA, IN BARBA ALLA LEGGE

Oggi è stata aggiunto l’ultimo impalcato al nuovo ponte di Genova, quello che sostituisce il tristemente famoso “Ponte Morandi”. Le autorità si sono vantate di questo risultato, attribuendosene il merito eccezionale. Anche Giuseppe Conte è andato a Genova a celebrare questo evento e – direbbero i francesi – a lanciare il suo chicchirichì di vittoria. Spettacolo deprimente.
Allineiamo semplici verità. Se la tecnica costruttiva non avesse consentito di fare un ponte in tempi brevi, la politica non avrebbe certo potuto realizzarlo. Se un simile ponte è stato costruito nel tempo di due anni, è segno che quando ci si mette molto di più non è per colpa della tecnica ma delle traversie burocratiche e giudiziarie che spesso richiedono cinque o dieci anni. Dello Stato, insomma. Se il ponte è stato costruito così velocemente è perché stata sospesa l’applicazione delle leggi che regolano gli appalti pubblici. E allora con quale coraggio vantarsi della sua realizzazione? Se la causa della velocità è la sospensione delle leggi dello Stato o ciò facendo si è favorito qualche crimine oppure quelle leggi sono stupide e nocive. Prova ne sia che la loro sospensione è benefica. Autocongratulandosi lo Stato si comporta come un criminale che sequestra un imprenditore a scopo di estorsione e poi, vista la mala parata, lo libera ma gli dice: “Hai visto come rispetto la tua libertà personale? Merito un applauso”.
Giuridicamente sarebbe bello conoscere la tecnica adottata per sospendere le norme che regolano gli appalti. Infatti le tecniche possibili – vado a naso – sono fondamentalmente due. O tutti coloro che sono coinvolti nell’impresa saranno esentati da ogni responsabilità civile, amministrativa e penale per gli illeciti che potrebbero commettere nella costruzione del ponte, oppure tutti coloro che sono coinvolti nell’impresa sono esentati da ogni permesso, certificazione o comunque adempimento. Potendo sostituire tali passaggi con una semplice autocertificazione. Naturalmente della veridicità di tali autocertificazioni potranno poi essere chiamati a rispondere in ogni sede civile, penale o amministrativa.
Se lo Stato ha adottato la prima soluzione, saremo di fronte a un caso di gravissimo privilegio. Soprattutto idato che, nel campo delle opere pubbliche, l’attività lavorativa comporta non raramente responsabilità penali. Fra l’altro, munito di uno “scudo penale” così importante ed impermeabile, qualcuno potrebbe approfittarne per propri scopi delittuosi. Né si può in seguito distinguere la buona fede dal dolo, perché qualificato per questo compito e queste distinzioni è soltanto il giudice. E ciò in un processo penale da cui il soggetto si era visto esentare. Spero vivamente che non si sia consentito a nessuno un simile scudo.
Se invece si è adottata la seconda ipotesi: si spiega la velocità della costruzione del ponte, ma non si spiega come mai qualche impresa abbia accettato di costruirlo. Infatti se io autocertifico che sono nato a Poggibonsi, ed è vero, non corro nessun rischio. Ma se autocertifico di non aver violato nessuna norma ecologica, un Pm e un giudice, magari ad anni dalla costruzione del ponte, potrebbero essere di parere diverso. Più precisamente, se non violazione di una norma fosse tanto chiara da poterla affermare in anticipo un’autocertificazione di innocenza, a che servirebbe il giudizio penale?
Dunque coloro che hanno costruito il ponte corrono l’alea di vedersi contestare a scoppio ritardato tutte le violazioni che, prima della costruzione (e seguendo la procedura normale) si sarebbero semplicemente risolte nel rigetto dell’istanza (basta scrivere: “non è conforme alle leggi sull’ecologia”). Invece, se si esamina il caso a cose fatte, si può avere una condanna (“ha dichiarato falsamente di avere rispettato le leggi sull’ecologia”). Quand’anche quella violazione sia opinabile.
In realtà, per quanto riguarda Genova, pare che ci sia stato un generale consenso sull’idea di costruire il ponte senza sollevare obiezioni e senza denunciare nessuno. Perfino le associazioni ambientaliste, miracolo di San Gennaro, hanno tenuto il becco chiuso. Il fatto è che è stata coinvolta in prima persona la Procura di Genova, che è come se si fossero cooptati i carabinieri in un’attività che, in altri casi, gli stessi carabinieri avrebbero potuto giudicare illecita e denunciarla. Mi dicono che questa generale convergenza è irripetibile.
Dunque il problema dei lavori pubblici – di tutti i lavori pubblici – rimane irrisolto. Se si avesse la volontà di uscirne lo Stato dovrebbe enormemente semplificare le norme sui lavori pubblici, riducendole al decalogo o poco più. Certo, dovrebbe rassegnarsi a perseguire soltanto le violazioni più gravi e macroscopiche. Magari imparando che l’ottimo è nemico del buono. Gli stessi romani dicevano che aquila non capit muscas. Purtroppo oggi lo Stato si intestardisce ad inseguire le zanzare. E lo fa anche per il sospetto che abbiano a Mazara del Vallo un cugino di secondo grado che ha preso un caffè con un mafioso.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
29 aprile 2020

IL NUOVO PONTE DI GENOVA, IN BARBA ALLA LEGGEultima modifica: 2020-04-29T12:42:51+02:00da
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