GianniP

L’INCERTO FUTURO FINANZIARIO DELL’EUROPA

L’Italia spende da sempre più di quanto incassa e dunque ha bisogno di contrarre debiti. Se si rivolgesse alle Borse, dato il notevole rischio che comporta prestare soldi a un Paese che ha già uno stratosferico debito pubblico, dovrebbe pagare alti interessi. Basti pensare a quanto avvenuto nel 2011. Per una fiammata di Borsa, il nostro spread con i titoli tedeschi schizzò a 570 punti base. Ciò significava che, per trovare compratori per i nostri titoli, dovevamo offrire il 5,7% di interessi in più dei titoli tedeschi. Ammettendo che essi rendessero l’1,5%, l’Italia avrebbe dovuto pagare un interesse annuo del 7.2%. E poiché già con uno spread intorno ai 200 punti base, oggi paghiamo da sessanta a settanta miliardi l’anno, pagando quegli enormi interessi, presto non ce l’avremmo fatta più. E saremmo falliti. Attenzione, il verbo “fallire” non è usato come un’immagine: anche gli Stati possono fallire. L’Argentina ha già dichiarato fallimento un paio di volte, e l’ultimo della serie è il Libano.
Mario Draghi intervenne col Quantitative Easing e da allora, per salvare l’Italia, la Bce compra i nostri titoli. Al riguardo le domande sono molte: con quali soldi? con quali interessi? con quali effetti? Proviamo a chiarire.
La Banca Centrale on ha denaro proprio, dunque effettua gli acquisti con denaro “fresco di stampa”. Cioè la zecca europea l’autorizza a comprare come se il denaro l’avesse. La foglia di fico, per questa operazione, è che la Bce, ogni volta, si offre di comprare titoli di tutti gli Stati dell’eurozona, secondo la loro richiesta e secondo una percentuale massima stabilita per ciascuno di loro. Per l’Italia è il 14% circa, per la Germania il 27% circa, e così via. Solo che la Germania non ha bisogno di questo favore, sicché di fatto la Bce finanzia soprattutto l’Italia. Però, da tempo, la Bce non rispetta più quella proporzione (14%, 27% ecc.) e l’aiuto all’Italia è evidente e confessato. Benché in contrasto con i trattati dell’Unione. Per non dire che quel denaro costituisce inflazione, bestia nera della Germania, dai tempi di Weimar.
Vediamo come funziona tecnicamente la cosa. L’Italia emette dei titoli e li offre sul mercato borsistico. Perché i compratori li comprino devono trovare conveniente l’interesse, e dunque quelli offerti dall’Italia (Paese indebitatissimo) dovrebbero essere molto alti. Poiché però essi, come in ogni mercato, risultano dalla domanda e dall’offerta, la Bce, offrendosi di comprare titoli, ne fa aumentare la domanda e per conseguenza fa diminuire il tasso d’interesse. Ciò spiega come mai il nostro spread sia relativamente basso.
Ma allora, dirà qualcuno, l’Unione Europea non è che ci perda, col Quantitative Easing, perché l’Italia paga degli interessi. E invece non è così. La Bce compra i titoli, l’Italia le corrisponde un interesse ma quell’interesse la Bce, cortesemente, glielo gira. Sicché, alla fine della fiera, abbiamo una Unione Europea che presta denaro all’Italia a interesse zero, pur sapendo che l’Italia non glielo restituirà mai. Cioè glielo regala. Così l’Italia ha già avuto centinaia di miliardi, e questi miliardi sono stati il frutto di un’inflazione che va a carico di tutti gli Stati dell’eurozona, ma a solo vantaggio di coloro che approfittano del QE. Si immagini con quale gaudio dei Paesi che non ne beneficiano.
E ci sono altri effetti. Il costo del denaro (il “costo del denaro” è il livello di interessi che le banche chiedono a privati e imprese per concedere prestiti) è inferiore , molto inferiore a quello che dovrebbe essere, se l’andamento dei mercati non subisse le deformazioni indotte dalla Bce. L’Italia paga interessi molto inferiori a quelli che pagherebbe se non ci fosse il Quantitative Easing, ma i tassi sono anormalmente bassi e i piccoli investitori italiani non ricavano quasi niente dai loro risparmi. La cosa è grave perché è il risparmio privato, che finanzia l’impresa quotata in borsa, e quando non è ricompensato con un adeguato interesse, perché mai il privato dovrebbe investirlo in azioni, per giunta col rischio che la Società fper azioni allisca? E infatti i promotori finanziari non sanno che cosa proporre ai loro clienti. Tutto è organizzato in modo che il risparmiatore non ricavi nulla dal suo denaro e debba anzi temere che lo Stato glielo rubi con qualche patrimoniale.
Va segnalato che questo stato di cose danneggia soprattutto i pensionati tedeschi. Costoro non hanno pensioni molto alte ed avevano l’abitudine di arrotondare le loro entrate con gli investimenti in borsa. Ma questi investimenti che oggi non gli rendono niente e infatti amerebbero impiccare Draghi. Inoltre sanno che la Germania non ricava nessun utile dal QE (che nel tempo condurrà ad una dannosa inflazione) mentre tutti la considerano talmente solvibile che si accontentano addirittura di tassi negativi, pur di acquistare i suoi titoli. Non sto scherzando: pagano la Germania perché glieli venda: e credo siamo all’interesse negativo dello 0.40%. Ancora una distorsione del mercato
Qualcuno può chiedere: se il risparmio privato è paralizzato, chi finanzia attualmente le imprese? Facile, le banche, ma per il motivo sbagliato. Esse ottengono il denaro da prestare alle imprese dallo Stato, praticamente a interesse zero. E anche questa è una distorsione del mercato. Perché lo Stato quel denaro semplicemente lo stampa, ancora una volta facendo una concorrenza sleale ai risparmiatori.
La Germania, a quanto pare, si è stancata di tutte queste distorsioni. Sia perché non ne beneficia, sia perché esse perpetuano situazioni irregolari e artificiali che una volta o l’altra scoppieranno. Con danni enormi. Per questo la Corte Costituzionale di Karlsruhe ha gridato altolà alla Bce, dandole tre mesi per cambiare strada. Se mai volesse o potesse
Ecco le attuali prospettive. La Bce avrebbe tutta la buona volontà di continuare come prima (lo ha detto chiaramente Christine Lagarde) ma il suo problema è che, se la Germania la molla, non potrà farlo. Se la Germania smette di stare al gioco – dicono tutti i competenti – salta la Bce, salta il Quantitative Easing, e si salvi chi può. Ma appunto: la Germania può farlo? È o no obbligata ad obbedire alla Corte di Giustizia Europea (CGE), la quale ha dichiarato che il Quantitative Easing è conforme ai trattati?
La risposta non è uguale per tutti i Paesi. La Francia deve obbedire alla CGE perché ha inserito la sua autorità nella propria costituzione, ma la Germania non ha fatto altrettanto. Per essa la suprema autorità non è la CGE ma la Corte di Karlsruhe, e a questa deve obbedire il governo tedesco. La Germania può fare quello che vuole, perché è la più forte e perché la sua Corte è sovrana. Che cosa si può prevedere, in queste condizioni? Prevedere è un gran brutto mestiere: consuma le meningi e fa fare cattiva figura. Dunque segnalerò soltanto alcuni principi generali.
In caso di naufragio tutti sono in pericolo. Ma la situazione è diversa secondo che si disponga o no di una scialuppa di salvataggio. La Germania si salva comunque, perché può sopravvivere sia in seno all’Ue sia uscendone. Al massimo avrà maggiori difficoltà ad esportare le sue merci. E questo ragionamento vale anche per tutti i Paesi con i conti in ordine, a cominciare dai Paesi Bassi. Già questo significa che questi Paesi non hanno interesse a partecipare al Recovery Fund, perché l’operazione si riassume nel fatto che tutti i Paesi pagano ma soltanto quelli più indebitati incassano. E quelli che non incassano perché dovrebbero pagare? Soprattutto quando il principale di questi Paesi, la Germania, è tanto arrabbiato per la situazione attuale? Io sono convinto che quella della Merkel con Macron è stata una comparsata, per fare apparire la Germania “buona”, lasciando all’Olanda, all’Austria e ai Paesi Nordici l’incarico di fare la “faccia feroce”. In democrazia nessun leader può andare contro l’unanime sentimento della sua nazione.
Naturalmente tutto ciò che è stato scritto fin qui, per molti, sarà completamente falso, in base all’aureo principio per cui “È troppo brutto per essere vero”. Se gli basta, prosit.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
23 maggio 2020 –
L’INCERTO FUTURO FINANZIARIO DELL’EUROPAultima modifica: 2020-05-24T08:38:31+02:00da
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