GianniP

ALLA VIGILIA DELLO SCONTRO FINALE

La vicenda Conti-Renzi fa pensare al film “I duellanti”, che molti hanno giudicato un capolavoro ma che ha annoiato me, spettatore incompetente. Se due energumeni vogliono scannarsi e ci provano ripetutamente, è normale che ci riescano ben prima che passino i cento minuti che dura il film. Perfino se si sfidassero con spade di legno.
E di questo sono così convinto che la serenità con cui molti guardano al dissidio (“Finirà come sempre a tarallucci e vino”) mi trova in disaccordo. Non bisogna mai giocare alla guerra, perché in quel caso dal gioco a fare sul serio ci corre meno che non si pensi. Non dico che effettivamente scoppino guerre per una “Secchia Rapita”, come nel poema eroicomico di Tassoni, ma poco ci manca. La stessa guerra di Troia – che probabilmente nella realtà scoppiò per motivi commerciali – Omero ce la presenta come nata dalla dignità di Menelao offesa da Paride. Segno che questa seconda ipotesi, per il grande pubblico, era più plausibile di quella vera.
Tutti si chiedono se Matteo Renzi, personaggio molto più machiavellico del povero Niccolò, stavolta faccia sul serio. E la cosa è interessante, dal momento che tutti i membri del suo piccolo partito e lui stesso hanno da mane a sera proferito le peggiori minacce, forse già da un mese. Quando si dice la credibilità. E tuttavia stavolta potrebbe essere vero che Renzi intende più che abbaiare, non perché sia cambiato l’uomo, quanto perché sono cambiate le circostanze.
Renzi probabilmente non avrebbe voluto Conte come Presidente del Consiglio già nel luglio del 2018. Come tutti i professionisti, probabilmente mal sopporta avere fra i piedi un dilettante. La sua disistima si sarà trasformata in personale disprezzo quando in fretta e furia ha proposto un governo giallo-rosso nell’agosto del 2019, e in Parlamento Conte ha aggredito Salvini, perché caduto, nel modo più acre, mordace e maramaldesco. Dimenticando che, nel caso il leader leghista avesse commesso delle gravi scorrettezze, proprio lui, Presidente del Consiglio, ne era stato complice. Renzi è troppo coraggioso per non disprezzare i codardi. Prima forse ha apprezzato Conte perché, nella posizione più infamante di segnaposto, era riuscito a conservare qualche dignità; ora sapeva che quell’uomo non era né mite né conciliante, ma soltanto debole. Sarebbe bastato dargli un po’ di potere e avrebbe fatto rimpiangere Caligola.
Tutta questa è ovviamente fantastoria, ma una cosa è certa: Conte, a poco a poco, si è ammalato della malattia che ha finito con l’estromettere dal potere proprio il suo rivale Renzi. Più il tempo è passato, più si è accaparrato potere. Non appena è esplosa la pandemia, non ha fatto che dire “io”. Io ho deciso, io ho disposto, io farò questo, io farò quello. L’Italia non ha più avuto un governo e men che meno un Parlamento, ha avuto Giuseppe Conte, improvvisamente divenuto – in regime di emergenza – colui che tutto determina e tutto può. L’ombelico d’Italia. E ne ha goduto fino ad ubriarcarsene, facendo aumentare i critici – se non nel grande pubblico, nell’ambiente che lo ha messo dov’è – e creandosi un’infinità di nemici.
Ma, è noto, non c’era una facile alternativa, e lo stesso tentativo di cercarla, col rischio di andare a nuove elezioni, e dunque definitivamente a casa, ha spinto decine di parlamentari a preferire Conte a qualunque altra ipotesi. E dunque a Renzi non è rimasto che abbaiare.
Conte ha avuto la vita facile e avrebbe potuto, anzi dovuto, approfittarne. Ma la hybris, la tendenza all’eccesso provocatorio, che ha a suo tempo perduto Renzi, ha attaccato anche lui. Tanto che l’irritazione contro di lui è divenuta endemica e Renzi oggi sa che, se pure nessuno vuole andare a nuove elezioni, troppi sono disposti a correre qualche rischio pur di rimettere la toga sulle spalle di Conte e mandarlo a fare il suo mestiere. Con l’intenzione di non rivederlo mai più.
Ecco perché stavolta Renzi potrebbe anche mordere. Perché in questo il suo alleato è Conte che, ubriaco del suo potere, non vuole cederne neanche una briciola. Senza rendesi conto che per mantenere la briciola potrebbe perdere l’intero pane.
Naturalmente, tutto ciò che appare ovvio in questo pomeriggio di domenica, può essere smentito nel pomeriggio di domani. Come si dice, la convergenza degli interessi potrebbe condurre a “mettere una pezza” anche allo sbrego peggiore. Ma, almeno a mio parere, la situazione è così sbilanciata, che difficilmente potrebbe non produrre i suoi effetti. La teratologia insegna che i mostri normalmente non sono vitali.
Gianni Pardo giannipardo1@gmail.com
03/01/2021

ALLA VIGILIA DELLO SCONTRO FINALEultima modifica: 2021-01-03T18:42:09+01:00da
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