GianniP

LA LEZIONE DI NAVALNY

Chi è Alexey Navalny? Chiunque legga i giornali, o almeno ascolti la televisione, vi dirà che è un politico russo, il principale oppositore di Putin, una vittima della sua autocrazia. Uno che anzi è stato vittima di un tentativo di omicidio mediante avvelenamento, voluto e organizzato da Putin stesso. Ora la Russia intera protesta contro la sua incarcerazione (per una precedente condanna a trenta giorni) e per il rischio della commutazione di una condanna condizionale a tre anni e mezzo in reclusione effettiva. Un bel po’ di notizie, vero?
Ma se questa è la risposta che darebbe all’interrogativo il lettore di giornali, non è quella che darebbe una persona di buon senso. Una persona di buon senso risponderebbe: “Non lo so. So quello che scrivono i media, ma non me ne fido nemmeno al dieci per cento”.
La stampa occidentale, pur essendo libera, ha i paraocchi ideologici. Negli Anni Cinquanta in Italia c’era la libertà di stampa, e tuttavia non si leggeva un rigo contro il regime stalinista. Non si parlava mai della fame che imperversava in Unione Sovietica, della mancanza di libertà, del gulag, di uno dei regimi peggiori della storia (salvo che sul “Candido” di Giovannino Guareschi). E questo perché? Perché l’Italia era per metà comunista e per metà suggestionata dai comunisti. E dunque la libertà di stampa non serviva a niente. Io stesso, liberale da sempre, sono rimasto stupito quando, vent’anni dopo la morte di Stalin, un giornale (quello di Montanelli) osò proclamarsi apertamente anticomunista. Era un po’ come entrare in San Pietro e, in presenza del Papa, gridare che Dio non esiste.
Ciò posto, come posso fidarmi di giornali che prima non hanno detto la minima verità su Stalin e sul regime sovietico, e poi hanno cominciato a svegliarsi quando la dittatura è divenuta molto più umana e tollerante? Finché al sommo del potere c’è stato il massiccio Breshnev, la Russia è stata la patria ideale dei lavoratori: quando è comparso Eltsin, cui la Russia deve la sua libertà, si è subito scoperto che era un ubriacone. Come se Stalin fosse stato astemio.
Al riguardo a suo tempo circolò (in Inghilterra) questa barzelletta. Si incontrano Stalin e Churchill (buon bevitore, anche lui) parlano e si ubriacano fino a tarda notte al punto da essere portati a braccia nei loro letti. Il giorno dopo Churchill dice ridendo a Stalin: “Mi chiedo che cosa avranno raccontato ai giornali i nostri interpreti”. E Stalin: “Niente. Li ho già fatti fucilare tutti e due”.
Dunque non prendo sul serio Paesi la cui libera stampa è stata tenera con Stalin, chiudendo gli occhi sulla realtà raccontata da Kravcenko, fino a fargli un processo, a Parigi (nientemeno) per le menzogne scritte su quel regime. Quella stessa stampa che ora rivede ogni giorno le bucce a Valdimir Putin: un politico che è stato regolarmente eletto dal popolo e che è molto amato nel suo Paese, pressoché risorto dalle ceneri. Una predica non vale soltanto per le parole da cui è composta, ma anche per il pulpito da cui proviene. E quello della stampa occidentale è squalificato.
Andando dunque a Navalny, può anche darsi che sia la vittima di un governo le cui tradizioni autocratiche affondano le loro radici nei secoli. Ma può darsi anche che sia un demagogo fomentatore di disordini. Quando Trump si appella alla protesta di piazza è un criminale da processare, quando lo fa Navalny, se la polizia si oppone la colpa è di Putin. Insomma, non ne sappiamo niente. Non parliamo russo, non leggiamo i giornali russi, non viviamo a Mosca, e trinciamo giudizi?
Ma qualcuno potrebbe obiettare che sto calunniando l’intero Occidente. “Se da Washington a Caltanissetta tutti difendono Navalny e condannano Putin, chi sei tu per andare controcorrente?”
Un nessuno, ovviamente. Ma un nessuno che ha visto la Francia, quella stessa che ha conquistato la sua libertà, anche di stampa, con la Rivoluzione Francese, sostenere che Cesare Battisti era una vittima della repressione italiana contro la sinistra comunista e libertaria. Quella stessa stampa che negava la legittimità della sua condanna a quattro ergastoli perché “non aveva ucciso nessuno”. Come probabilmente neanche Stalin ha ucciso nessuno, anche perché ad ammazzare personalmente ci si sporcano i vestiti. E soprattutto perché, essendo Battisti uno scrittore, di estrema sinistra per giunta, non poteva che essere una persona perbene. Tanto che – Mitterrand in testa – la Francia si è opposta alla sua estradizione in Italia. Come del resto ha poi fatto un altro Presidente di sinistra (e dunque infallibile) come Lula, in Brasile.
La stampa ci può raccontare frottole per decenni ma quando uno, personalmente, di decenni sul groppone ne ha parecchi più di cinquanta, ha il dovere di non farsi menare per il naso da quattro sbarbatelli ignoranti. Piccoli scrivani che si limitano a fiutare l’aria.
Gianni Pardo giannipardo1@gmail.com
2. febbraio 2021

LA LEZIONE DI NAVALNYultima modifica: 2021-02-02T10:49:38+01:00da
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