GianniP

UN CAPO PER IL MOVIMENTO

Io non ho paura né del pensiero né della fantasia. Posso fare le ipotesi più immorali. Posso rimpiangere di non decorare con una medaglia al valore Erode, per avere organizzato la strage degli innocenti, e non tanto perché lui sia morto, quanto perché quella strage non c’è mai stata. Posso immaginare, con un puro atto di volontà (“Fiat!”) di rendere muti tutti i cani, oggi colpevoli di inquinamento acustico. Posso ipotizzare, come Franz Kafka, di essere improvvisamente trasformato in un enorme insetto. Addirittura, non ho nemmeno difficoltà ad immaginarmi un “grillino” tanto preoccupato per il futuro del Movimento da dover trovare un capo che lo salvi. Perché Beppe Grillo, si sa, non è disponibile. Anni fa si dichiarò “un po’ stanchino” e se già allora era stanchino, chissà come si sentirà oggi. Ed ecco la domanda cruciale, quasi indecente nella sua brutalità: sarebbe un affare, per il Movimento, avere Giuseppe Conte come leader?
Considerando che ho in antipatia sia quel partito, sia l’ex Presidente del Consiglio dei Ministri, sarei tentato di punire entrambi associandoli. Ma la correttezza vuole che risponda onestamente alla domanda: al M5S converrebbe affidare il ruolo di leader a Conte, magari soltanto di facciata, un po’ come è stato Presidente del Consiglio? E la mia risposta personale è no.
Questo avvocato è un uomo abile e lo ha dimostrato sopravvivendo in condizioni avverse e politicamente contraddittorie. Ma ha fatto questo sfruttando al massimo, e trasformandolo in qualità, uno dei suoi massimi difetti: l’inconsistenza. Ha provato in tutti i modi a non compromettersi, a non fare ombra. Non che tutti i politici siano profondi pensatori o martiri dell’ideale, ma il poveretto è costretto, dalla mancanza di spessore, a mostrarsi com’è. Zingaretti – certo non un peso massimo – appare impegnato allo spasimo a tenere insieme il suo Partito Democratico. Matteo Renzi – magari mosso soltanto dalla voglia di far fuori Conte – è riuscito a convincere tutti che si muoveva in nome di alti valori. Che si batteva a favore di provvedimenti necessari che non venivano presi e contro provvedimenti nocivi che non venivano rinnegati. Al punto di far cadere il governo pur di annientare Alfonso Bonafede. Conte invece, in ogni momento, è sembrato impegnato soltanto ad assicurare la propria permanenza a Palazzo Chigi. Non gli si rimprovera questa intenzione, gli si rimprovera l’incapacità di nasconderla. Come non gli si rimprovera di non avere idee politiche, ma di dare l’impressione, se mai le avesse, di essere sempre disposto a barattarle contro qualunque suo personale vantaggio.
Non bastasse, non ha mai tenuto un sufficiente conto della natura umana. Tanti anni fa, ad un liceale particolarmente intelligente e brillante dissi in privato: “Ricordati di non apparire troppo intelligente. Non farti dei nemici”. È vero, Conte non corre questo rischio , ma ha dimenticato che vincere alla lotteria non è prova di particolari meriti. Lui è diventato Presidente del Consiglio per grazia ricevuta e dunque, a tutti coloro che avevano fatto decenni di gavetta, avrebbe dovuto confidare sottobanco: “Lo so, forse meriteresti più di me il posto in cui sono, ma appunto per questo aiutami. Ho bisogno di te”. E invece Conte si è permesso di essere aggressivo (per esempio con Salvini), arrogante, assertivo. E, illustrando dei DPCM, si è anche lasciato andare all’assurda vanità di dire “Ho deciso”, “Ho disposto”, “Ho ordinato”. Quando si sa che in democrazia anche un provvedimento preso in regime di emergenza è un atto collegiale. Conte è piaciuto alla gente: ma a chi, per età ed esperienza, non prende facilmente fischi per fiaschi, quell’uomo è apparso spesso insopportabile. E come potrebbe pacificare una gabbia di matti come il M5S?
Altro motivo per non farne un capo del M5S è che se, da Presidente del Consiglio si giustificava dicendo: “Non ho potuto fare di più perché le forze che sostengono il governo sono in conflitto”, da capo del partito non avrebbe scuse. Avrebbe da fare con “amici”, di fatto più aspri, nelle loro lotte interne fra correnti e ambizioni, di quanto non siano i nemici. E con loro non basterebbe la demagogia o il richiamo agli ideali. Quelle sono balle da raccontare agli elettori. Nel partito il capo ha da fare con iene affamate e lui deve avere le qualità di un leone. Conte non le ha e non le avrà mai, perché la furbizia non può sostituire né la forza né l’intelligenza. È stato tanto abile da conquistarsi alti livelli di consenso, in un momento drammatico come una pandemia, perché in questi casi la gente letteralmente mendica un incoraggiamento e la promessa di una salvezza. Ma questo non vale all’interno di un partito. Qui è già un amico chi ti pugnala sul petto piuttosto che alle spalle. E tutti guardano al sodo.
Matteo Renzi, un vero capo, non sopravvive a forza di essere buono e di sorridere, ma a forza di mordere. Fino a spingere gli altri a sorridergli. Per paura. Conte, come massimo, potrebbe essere il ciambellano della sua corte.
Che ne direbbero quelli del Movimento di affittare Matteo Renzi, come loro capo? Certo, il problema non sarebbe tanto quello di arruolarlo, quanto quello di spiegargli, alla fine, che deve lasciare la carica.
Gianni Pardo giannipardo1@gmail.com
27 febbraio 2021

UN CAPO PER IL MOVIMENTOultima modifica: 2021-02-27T11:33:47+01:00da
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