GianniP

IT’S A LONG WAY

Come il tormentone musicale della Seconda Guerra Mondiale fu Lili Marleen, il tormentone della Prima Guerra Mondiale, almeno in Gran Bretagna, fu un’insulsa canzoncina le cui parole dicevano, all’inizio: “It’s a long way to Tipperary, it’s a long way to go”, c’è molta strada per Tipperary (un paesino in Irlanda), c’è molta strada per andarci. Negli Anni Sessanta avevo un’amica inglese, un po’ capricciosa, che decise di andare a vedere Tipperary. Così si trascinò dietro suo marito, il famoso Jeff, un sudafricano paziente, più taciturno nella realtà di quanto fosse John Wayne nei film (tanto che gli amici lo chiamavano sorridendo “The strong silent man”) e andò a vedere Tipperary. Da quel momento le parole della canzone cambiarono e Maureen cantava: “It’s a long way to Tipperary, and it is not worth while” (C’è molta strada per andare a Tipperary, e non ne vale la pena).
Bisogna stare molto attenti ai nomi suggestivi. Se vi dicono che Taormina, Positano o il Mont St- Michel sono bellissimi, e ci andate, non sarete delusi. Ma attenzione, è vero che l’Inghilterra è parte importantissima della storia europea, per quanto riguarda il pensiero, l’economia, la politica, e tante altre cose, ma come “cose da vedere” ce ne sono molte di più nella sola Firenze che in tutta l’Inghilterra. E non parliamo della Scozia. La Scozia ha un nome suggestivo e una realtà sconfortante. Sconfortante quando riuscite a vederla, perché la maggior parte del tempo lo sconforto vi sarà risparmiato dalla cattiva visibilità provocata dal maltempo.
Io ho avuto la straordinaria fortuna (stavo per dire altro) di vedere la Scozia col sole e col caldo, ma questo mi ricorda un altro amico inglese, Peter, che litigava col padre sulle bellezze dell’Inghilterra. Suo padre gli citava il “Lake District”, la regione dei laghi, e suo figlio gli ribatteva: “Immagino tu abbia ragione. Io ci sono andato due volte, per vederli, e non ho visto niente”. Mentre – aggiungo io – è una scommessa imprudente quella di riuscire a vedere il Teatro Greco di Siracusa sotto la pioggia in estate.
Ma devo smetterla di divagare e confessarvi che tutto quanto precede è nato dalle notizie che danno televisione e giornali riguardo agli aggeggi automatici inviati su Marte. Applaudo anch’io l’impresa tecnologica, ma temo proprio che Marte sia peggio di Tipperary. Per cominciare è talmente lontano che ad oggi il viaggio (superando i settantacinquemila chilometri orari) dura sette mesi. E ovviamente tutti i viaggiatori rischierebbero di arrivare morti (di noia) alla meta. La quale meta non offre assolutamente niente. Neanche un momento di riposo, neanche una medaglia di cartone, neanche un bicchiere d’acqua. Chi ci andasse avrebbe soltanto una ragionevole occasione per chiedersi se sia meglio vivere o morire.
La domanda è: come mai l’umanità è così bambina (e così ignorante) da baloccarsi con l’idea di affrontare le misure celesti? L’uomo è andato sulla Luna, e già questo mi pare miracoloso. Ma andare sulla Luna è come affacciarsi sul pianerottolo del nostro appartamento e, orgogliosi dell’impresa, parlare per questo di attraversare il Pacifico a nuoto.
Lo spazio, già quello del sistema solare, è assolutamente fuori dalla nostra portata. Basti dire che Marte è uno dei pianeti più vicini e più abbordabili. Su Mercurio si raggiungono i °400 Celsius, ben più di ciò che è necessario per cuocere un uovo, mentre Nettuno è intollerabilmente freddo e infinitamente più lontano di Marte. Se poi pensiamo ad uscire dal nostro sistema solare… No, per questa ipotesi, bisogna prima chiedere: “Scusi, lei si è interessato di astronomia?” Così, se l’altro risponde “sì”, sapremo che è un bugiardo.
“It’s a long way to Mars, and it is not worth while”.
Gianni Pardo giannipardo1@gmail.com
3 marzo 2021

IT’S A LONG WAYultima modifica: 2021-03-09T07:55:38+01:00da
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