GianniP

IL FUTURO, CHE NOIA

Una volta ho letto da qualche parte che, in quel caso (Dio sa quale fosse) era come “Cercare in una notte nera, in una stanza chiusa e al buio, un oggetto nero. Che non c’è”.
La battuta, come spesso avviene con l’umorismo, è più significativa di quanto si potrebbe pensare. Il suo meccanismo è infatti questo: prima si accumulano i motivi per non trovare qualcosa, per poi dire, asciuttamente, che quella cosa non c’è. Cioè che tutti i motivi precedenti erano insignificanti, perché la difficoltà risiedeva altrove.
Lo schema vale anche per quanto riguarda la previsione del futuro. Poniamo che entriamo in un cinema a metà film e lo vediamo fino alla fine e poi restiamo nella sala per rivederlo da principio fino alla fine. A partire dal momento corrispondente al nostro arrivo conosceremo già “il futuro della vicenda”. E nello stesso modo – si potrebbe pensare – se il futuro è già scritto (“destino”), o ineluttabilmente conseguente ai dati già in nostro possesso, si potrebbe cercare la chiave per penetrare il mistero. E “prevederlo” come abbiamo “previsto” la seconda parte del film.
Questo discorso è pieno di sciocchezze. È vero che, rivedendo la seconda parte del film, vediamo “il futuro della vicenda”, ma in realtà vediamo un doppio passato. Un primo passato è il momento della realizzazione del film, un secondo passato è cominciato nel momento in cui noi siamo entrati nel cinema. Non c’è in ballo nessun futuro. La seconda volta esso non è “prevedibile” ma “previsto”: perché fa parte del passato. Anzi, risale al momento in cui il soggettista l’ha inventato.
Riguardo al futuro, il problema non è quello di leggerlo, il problema è che non esiste. Non esiste, finché non diventa presente, e possiamo conoscerlo soltanto se conosciamo tutti i fattori che lo determineranno (un’eclisse). Dunque non è che esiste in una stanza buia, è soltanto “l’oggetto nero che non c’è”.
Questa lunga premessa serve egregiamente a spiegare l’insormontabile noia che ci assale tentando di leggere i giornali, in questi giorni, riguardo all’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Manca qualche settimana all’inizio di questa elezione e gli editorialisti (che devono guadagnarsi il pane) riempiono righe e righe per dirci che cosa sarebbe bello e che cosa sarebbe brutto che avvenisse; chi e perché potrebbe essere eletto, chi e perché non potrebbe mai essere eletto; ciò che stanno facendo e ciò che non stanno facendo i leader politici e come si potrebbero comportare il Parlamento e lo stesso Presidente eletto nei mesi prossimi. Tutto un oceano di bla bla che non conduce a niente. Perché le variabili sono infinite e per l’elezione dipendono da come si comporterà un migliaio di persone nel segreto dell’urna. La “noia mortale” nasce dalla precisa coscienza che l’editorialista parla a vanvera, perché non potrebbe che parlare a vanvera. Anche se fosse il re dei giornalisti.
Può sembrare strano che, a così poco tempo dall’elezione, sussistano tante incertezze. Ma non è affatto strano. È inconoscibile anche il futuro più banale, quello di domani, quando dipende da fattori imprevedibili Chiedetevi semplicemente: “Domani a che ora, in quale minuto e dopo quanti secondi squillerà il telefono per la prima volta?” Non ci azzecchereste mai. E certo sbagliereste i secondi. A meno che la telefonata non sia fatta da un computer allo scopo programmato. Ma in questo caso saremmo tornati al passato, al momento in cui è stato programmato il computer. Forse, a chi vuole predirgli il futuro, e in particolare il futuro importantissimo della politica, il saggio dovrebbe rispondere: “Preferisco una favola dei fratelli Grimm”.
Dimenticavo: mi annoiano anche gli articoli che scrivo io, se appena sfioro il tema dell’elezione del Presidente della Repubblica.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
29 dicembre 2021

IL FUTURO, CHE NOIAultima modifica: 2021-12-30T08:34:47+01:00da
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