GianniP

BERLUSCONI A CAVALLO

Ora che si è liberato del problema giudiziario, si tende da ogni parte a invitare Berlusconi ad occuparsi di più dell’Italia e a realizzare le riforme, inclusa quella della giustizia. Sergio Romano (1) pensa a quelle “istituzionali, anzitutto, ma anche alla riforma fiscale, a quella della pubblica amministrazione, alla lotta contro la corruzione, alle infrastrutture, alla Tav, al nucleare, ai porti, al Sud, alla ricerca scientifica”. “Gli chiediamo… di coinvolgere in questa nuova fase tutti i suoi connazionali, anche quelli che non hanno votato per lui”. “Ha di fronte a sé tre anni. Non sono pochi”.
C’è di che essere assaliti dallo sconforto. Se Sergio Romano, ignorando completamente la realtà, scrive così, che ci si può aspettare dagli altri?
Il senso delle sue affermazioni è in primo luogo che Berlusconi non ha operato le riforme che avrebbe potuto realizzare, e poi che ora, se volesse, potrebbe realizzarle da solo. In tre anni. Magari accettando la collaborazione fattiva e disinteressata dell’opposizione. Una bella favola.
Mezza Italia passa il tempo a sputare disprezzo e veleno sull’uomo di Arcore, e poi la stessa mezza Italia, cosa strabiliante, lo reputa capace di fare miracoli. Pur di rimproverargli tutto, anche gli antiberlusconiani con la puzzetta sotto il naso come Sergio Romano, gli attribuiscono poteri che forse non aveva nemmeno Stalin.
Dato l’immenso successo che ha avuto, Silvio Berlusconi può solo sperare nel plauso dei libri di storia. Dunque avrebbe sicuramente amato realizzare tutto quello che ha promesso: non è solo “un uomo del fare”, è “un uomo smanioso di fare”. In realtà la sua azione è stata sempre condizionata dal regime di coalizione; dai mille contrappesi previsti da una Costituzione che nel 1947, per la paura non ancora smaltita di Mussolini, ha voluto castrare l’esecutivo; soprattutto dall’opposizione dei suoi alleati: qualcuno ha dimenticato Follini? E quando infine, per rendere più agile la vita politica, ha ottenuto una riforma costituzionale, la sinistra è riuscita a farla abrogare con un referendum.
Questo è un Paese in cui tutti chiedono le riforme ma tutti tengono costantemente il piede sul freno. Si rifiutano non solo le novità che impongono sacrifici ma anche quelle che non costano niente: per pigrizia, per misoneismo, per andare contro il governo. C’è stata perfino una levata di scudi contro la recente riforma della scuola che pure, a detta dei competenti, non aveva molto di criticabile. Non appena si cambia qualcosa si protesta con sfilate e scioperi, si grida che si attenta alla Costituzione, che Annibale è alle porte, che si è distrutta la scuola italiana – o, secondo i casi, la giustizia, l’ambiente, la sanità ecc. – I  magistrati addirittura escono dall’aula in cui si inaugura l’anno giudiziario prima ancora che sia stata operata la minima riforma.
Abbiamo un sistema che tende all’immobilismo. Anche i partiti che si autodefiniscono “riformatori” quando vanno al potere riformano ben poco. L’ultimo governo Prodi passò addirittura i suoi primi mesi a disfare le leggi del governo precedente, fra cui quella sull’utilissimo “scalone” previdenziale. Pur di andare “contro Berlusconi” aggravò le finanze dello Stato. Né si ricorda qualche grande riforma di quel governo. Non fu neanche realizzata la legge sul famoso “conflitto d’interessi”.
In particolare per quanto riguarda la giustizia, non appena si pensa ad una modificazione le obbiezioni si sprecano. Si vogliono premiare i giudici che lavorano molto? Si dirà che si favoriscono le sentenze un tanto al chilo e che si penalizzano i giudici scrupolosi. Si vogliono impedire gli eccessi di politicizzazione dei magistrati? Si dirà che se ne vuol fare una categoria di cittadini minus habentes. Si vuole impedire che si candidino a diventare parlamentari nello stesso distretto in cui hanno operato da magistrati? Si dirà che si viola l’art.3 della Costituzione. Si vogliono far pagare loro gli errori più marchiani? Si dirà che i giudici non giudicherebbero più con serenità. Non si finirebbe mai. Non appena si scende sul concreto, tutti contro.
Non è sicuro che Berlusconi possa condurre in porto una sola importante riforma. Se ci riuscisse, invece di rimproverarlo per non aver realizzato le altre, bisognerebbe fargli un monumento equestre.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
28 febbraio 2010
(1) http://www.corriere.it/editoriali/10_febbraio_28/romano_66b1a922-243f-11df-826d-00144f02aabe.shtml

BERLUSCONI A CAVALLOultima modifica: 2010-03-01T11:38:46+01:00da
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