GianniP

DIFFERENZE FRA FINI E BERLUSCONI

In margine alle parole di Italo Bocchino
Da più parti, e di primo acchito con notevole ragionevolezza, si è chiesto: se il Pdl chiede le dimissioni di Giancarlo Fini, sospettato dai media di essere implicato in affari poco puliti, e forse in una truffa, perché non dovrebbe dimettersi Silvio Berlusconi, che è non solo sospettato, ma anche imputato di parecchi reati?
La domanda è ragionevole. Tuttavia può darsi che la risposta non sia quella che ci si aspetta.
Di Berlusconi si è detto cento volte che è stato ed è oggetto di una persecuzione da parte dei magistrati. Chiunque può non essere d’accordo su questa affermazione, ma DEVE essere d’accordo Gianfranco Fini: perché l’ha fatta lui stesso, più volte. Non possiamo citare la bibliografia perché sul momento ciò che diceva l’ex leader di An appariva banale, ma non è passato abbastanza tempo perché gli italiani possano averlo dimenticato o perché Fini possa oggi dire il contrario di ciò che diceva ieri.
Viceversa Fini si è potuto vantare – e gliene diamo volentieri atto – che in decenni di vita politica non è mai stato sospettato della minima scorrettezza che potesse interessare la Giustizia. Ma questa differenza ora non gioca a suo favore.
Se l’Italia sospetta di qualcuno di cui non ha mai sospettato; se quest’uomo è implicato in un affare che la magistratura definisce truffa aggravata, anche se procede pudicamente “contro ignoti”; se perfino la stampa più accesamente di sinistra come “Repubblica” gli chiede conto di ciò che avviene (1), è segno che i sospetti su di lui sono – almeno da parte dell’opinione pubblica – più pesanti di quelli che si nutrono su Berlusconi. In altre parole, per Berlusconi la gente pensa che i magistrati potrebbero calunniarlo, per Fini la gente pensa che attualmente la magistratura forse lo sta risparmiando.
Ma c’è una seconda e ancor più importante differenza. Chi stabilisce le regole del gioco non ha il diritto di violarle. Se perdoniamo con un sorriso – “siamo tutti peccatori” – potremo sperare di essere perdonati, se siamo spietati non ci dobbiamo aspettare pietà. E qui nasce un’inevitabile serie di evidenze:
Chi pecca è bene che non condanni i peccatori.
Chi condanna i peccatori è bene che non pecchi.
Chi condanna i peccatori deve essere condannato con estrema severità se poi pecca lui stesso. Infatti rivela di non avere carità cristiana. Di essere il peggio del peggio: un moralista ipocrita.
Se qualcuno richiede le dimissioni di un sottosegretario come Giacomo Caliendo, che non è imputato di nulla ma solo sottoposto a qualche sospetto (e non di truffa!), quanto più è doveroso che si dimetta lui stesso, se i sospetti a suo carico sono più gravi!
Il garantista che è in noi dice queste cose superando un moto di ripugnanza, ma non stiamo applicando il nostro metodo: il metodo è quello di Antonio Di Pietro, ora sposato da Fini. Questi ha condiviso moralmente la mozione di sfiducia a Caliendo e non l’ha votata solo per non rischiare di andare ad elezioni anticipate. Il suo indefettibile principio morale proclamato alto e forte è stato che l’uomo politico deve essere come la moglie di Cesare, al di sopra di ogni sospetto. Dunque è seguendo i suoi principi, non i nostri, che dovrebbe dimettersi. Se poi i suoi principi non valgono quando si tratta di lui stesso, o non valgono nulla i suoi principi o non vale nulla lui.
Questa è l’ultima differenza con Berlusconi. Il Cavaliere, pur proclamando la propria onestà, non si è mai proposto come modello di virtù. È un ex cantante da navi da crociera; un ex palazzinaro di successo; un miliardario gaudente con le mani in pasta in mille affari; uno che si è dato alla politica e che non per questo, malgrado la sua età, ha smesso di essere un donnaiolo. È insomma uno che non dà lezioni di morale a nessuno: e proprio per questo per lui valgono soltanto le regole del diritto. Lui può non dimettersi finché non sia intervenuta sentenza definitiva di interdizione dai pubblici uffici, altri devono andarsene al primo stormire di foglie. In base ai loro plumbei e crudeli principi.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
11 agosto 2010
(1)http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna&currentArticle=TBQA4

DIFFERENZE FRA FINI E BERLUSCONIultima modifica: 2010-08-11T18:06:38+02:00da
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