GianniP

IL NUCLEARE IN ITALIA

Ci sono argomenti su cui l’uomo della strada non sa che opinione avere: si tratta infatti di problemi scientifici per i quali non ha una qualificazione. Per giunta i “competenti” non sono d’accordo fra loro.  Magari nove la pensano in un modo e uno, eretico, la pensa in modo opposto: ma dal momento che al talk show sono invitati in due, sembra che ci siano due opinioni più o meno equivalenti.
E tuttavia c’è un modo per districarsi, in questa foresta di dubbi: almeno nei casi in cui si dispone della “riprova obiettiva”.
Prendiamo l’omeopatia. Se se ne discute in televisione, c’è il medico omeopata che difende a spada tratta la sua pratica sanitaria e il medico classico per il quale l’omeopatia è una presa in giro. Di chi fidarsi? Semplicemente del fatto che l’omeopatia non fa parte della medicina ufficiale. Se si osservasse che chi mangia ravanelli conditi con molto aceto in capo a tre settimane guarisce dal cancro alla prostata, gli oncologi prescriverebbero ravanelli con molto aceto e la cura con i ravanelli entrerebbe nella farmacopea. I medici ammetterebbero: “Non sappiamo perché funziona ma funziona”. Il cancro alla prostata diverrebbe fastidioso come un raffreddore. Non è un paradosso. Nel corso dei secoli si sono usate piante medicinali – per esempio la digitale e la belladonna – senza avere la più pallida idea del meccanismo biochimico con cui operavano. Se l’omeopatia funzionasse, sarebbe accolta a braccia aperte dalla medicina ufficiale. Invece i suoi eventuali benefici sono dovuti all’effetto placebo, che non supera il controllo cosiddetto “a doppio cieco”. Checché se ne dica in televisione.
Un secondo esempio. C’è chi dice che la marijuana non è più pericolosa del tabacco. Forse lo è anche meno. E c’è chi dice che la fine del proibizionismo debellerebbe il traffico degli stupefacenti, con tutti i delitti che comporta. Del resto, chi si vuole drogare, si droga già oggi. Ragionamenti validi? Può darsi. Ma chi non è addentro al problema dispone anche qui della “riprova obiettiva”. Se tutti i governi del mondo sono proibizionisti, se perfino quelli che per qualche tempo sono stati molto tolleranti, come l’Olanda, hanno fatto marcia indietro, non è più semplice pensare che i proibizionisti abbiano ragione? Possibile che abbia ragione solo questo signore che in televisione vuole liberalizzare l’eroina e abbiano torto tutti gli scienziati e tutti i governi? Non saremo tossicologi ma, a lume di naso, meglio fidarsi di chi è responsabile della collettività.
Infine gli ogm e il nucleare. Per gli ogm, molti vorrebbero bandirli “perché un giorno si potrebbe venire a sapere che sono nocivi”. Come per esempio si è saputo per l’amianto. Dimenticando che, con questo ragionamento, dal momento che “tutto” potrebbe rivelarsi nocivo, bisognerebbe fare a meno di tutto. Della plastica, del pepe, del gas per cucinare, delle pile del telecomando, per non parlare dello stesso telecomando che sicuramente è una sorta di raggio della morte, se è capace di accendere e spegnere il televisore.
Il principio di precauzione è una baggianata. Invita a privarsi di ciò che “potrebbe far male” e non si occupa di qualcosa che a volte uccide: stiamo parlando dell’automobile. Perché le persone prudentissime non vanno sempre a piedi? Non ci si preoccupa dei rischi certi, come l’alcool o l’uso dei coltelli, e ci si preoccupa degli organismi geneticamente modificati, dimenticando che sono ogm anche il grano che crediamo “naturale” e perfino il barboncino e il sanbernardo, modificazioni genetiche (per via di selezione) del cane originario.
Per le centrali nucleari si pretende un “rischio zero” che nessuno può assicurare: le case possono crollare, le operazioni chirurgiche si possono concludere con un decesso, un viaggio in treno può anche essere un viaggio verso il cimitero. Il rischio zero non esiste. Inoltre il nucleare è stato adottato in tutto il mondo (in Europa abbiamo 143 centrali) e l’Italia, che pure non beneficia di questa fonte di energia, è sottoposta ai suoi eventuali rischi. Se ci fosse un incidente, non solo la nube tossica arriverebbe anche da noi, ma avvelenerebbe più noi che i savoiardi: infatti i venti prevalenti, da ovest, spingerebbero la radioattività verso l’Italia.
La riprova obiettiva non lascia dubbi. Se hanno optato per il nucleare tanti Paesi, persino la linda Svizzera, persino la Russia che ha sofferto di Chernobyl, perfino il Giappone che ha subito due bombardamenti atomici, è segno che, anche se bisogna occuparsi della sicurezza, gli anatemi pregiudiziali sono fuor di luogo. Inoltre, se Antonio Di Pietro è risolutamente contro, è chiaro che bisogna essere a favore.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
17 marzo 2011

IL NUCLEARE IN ITALIAultima modifica: 2011-03-17T09:53:00+01:00da
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