GianniP

OBBEDIENZA E RISPETTO IN DEMOCRAZIA

Ci sono concetti che stanno bene insieme e convivono come parenti stretti. Ma a volte si tratta di parentele fittizie. Due di questi concetti sono l’obbedienza e il rispetto. Non è raro sentir dire che “bisogna obbedire alle leggi e rispettarle”. E invece questo è uno sfondone.
L’obbedienza non è né un sentimento né un giudizio di valore: è un comportamento. Se in automobile vedo il cartello di divieto di accesso e cerco un’altra strada, non è perché abbia giudicato quel divieto opportuno, ma perché non voglio pagare un’ammenda. E dal suo lato lo Stato, se ho imboccato il senso vietato, mi punisce indipendentemente dalle mie ragioni, quand’anche fossero plausibili.
Il rispetto è tutt’altra cosa. Un uomo civile sa che alcune istituzioni stanno alla base di un’ordinata convivenza nella società. Dunque rispetterà – astrattamente – il complesso delle leggi, l’organizzazione statale e l’amministrazione della giustizia. Rispetterà anche un giudice competente e scrupoloso, una particolare norma che tuteli la libertà, un professore che reputa fonte di grande cultura, ma non si priverà di giudicare una determinata legge demenziale, un determinato magistrato un imbecille e un determinato professore un emerito ignorante.
Il rispetto è qualcosa che non si può imporre. Socrate può accettare la condanna a morte perché osserva le leggi della sua città, ma non può rispettare la sentenza che lo condanna perché sa benissimo di essere innocente. Mentre forse la rispetterebbe se sapesse di averla meritata.
Purtroppo questa distinzione non è evidente per tutti. Dopo una sentenza assurda – e Dio sa se ce ne sono state – i fanatici della magistratura dicono che “bisogna rispettare le sentenze”. Ma questo è accettabile soltanto se, per “rispettare”, si intende obbedire. Se invece per “rispettare” si intende “considerare giuste e sensate” tutte le sentenze, si dice una sciocchezza. E lo dimostra in primo luogo il legislatore che ha previsto più gradi di giudizio, e non l’avrebbe fatto se tutte le sentenze fossero state perfette.
La distinzione fra obbedienza e rispetto si estende ad altri campi, in particolare alla democrazia. Questo regime – come ha proclamato un Premier inglese di non secondaria importanza – ha difetti tanto gravi e numerosi, da poter essere definito pessimo. E infatti soltanto chi non ne conosce i meccanismi, chi non frequenta le persone che lo incarnano (i regimi “camminano sulle gambe degli uomini”), chi non sa come vengono confezionate le leggi (e qui soccorre una famosa frase di Bismarck), insomma soltanto chi non ha una conoscenza tecnica della democrazia può reputarla una meravigliosa forma di governo. Invece il competente spesso non riesce a trattenere l’indignazione, la denuncia, l’invettiva.
Ma quel famoso Premier aggiungeva un’osservazione importante: la democrazia è innegabilmente un pessimo regime ma gli altri rsono ancora peggiori. Dunque bisogna tenersi ben stretta la nostra forma di governo non tanto in considerazione dei suoi straordinari meriti, ma in considerazione degli straordinari demeriti degli altri regimi.
Quando finalmente ne vedono gli enormi difetti, gli idealisti della democrazia si lanciano a sognare qualche cambiamento. L’uomo forte, l’autocrazia, il regime militare. Semplicemente perché danno per scontato che, anche dopo queste innovazioni, loro conserverebbero la libertà di parola, la libertà di espatriare, la libertà di cambiare governo. Insomma, a forza di goderne, credono che i benefici della democrazia siano connaturati alla natura umana. E che regimi oppressivi come quelli del passato siano impossibili. Errori esiziali. Una delle cause della Seconda Guerra Mondiale, e del suo svolgimento, almeno nella prima parte, è stata la convinzione francese che il mondo non avrebbe mai più voluto combattere una guerra e che le spese per gli armamenti fossero soldi sprecati. Contro la guerra e contro l’oppressione politica non bisogna mai abbassare la vigilanza.
Se mi si permette un paragone “schifoso”, la democrazia è come la funzione escretiva. Si tratta di qualcosa che puzza, che sporca e che a volte ci crea problemi, ma chi ignora che, senza la funzione escretiva, la morte è assicurata entro breve tempo? Dunque bisogna tenersela cara, curarla e considerarla una cosa necessaria. Non c’è contraddizione fra il massimo rispetto per la democrazia, e la critica anche acerba dei singoli governanti. Quando ci si permette di criticare i massimi politici, quando si chiede di cambiare governo (secondo le leggi), si applicano i principi fondamentali della democrazia. Gli autocrati inamovibili sono la caratteristica delle dittature.
Per concludere, è inutile chiedermi, come ha fatto qualcuno, di rispettare i governanti, soltanto perché li hanno eletti gli italiani. Io non li destituirei con la forza, se anche lo potessi, ma ho tutto il diritto di considerare l’attuale esecutivo uno dei peggiori che l’Italia abbia avuto. Forse il peggiore. E dunque non lo rispetto. Obbedisco alle sue leggi e di più non mi si può chiedere.
Per me, a partire da un certo livello di funzioni, il mondo si divide fra coloro che sanno usare i congiuntivi e coloro che li sbagliano.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com

OBBEDIENZA E RISPETTO IN DEMOCRAZIAultima modifica: 2019-07-30T12:35:12+02:00da
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