GianniP

BERLUSCONI E LA NIKE DI SAMOTRACIA

Tempo fa, chi sosteneva che spettacoli come quello di Michele Santoro portano voti a Silvio Berlusconi sembrava fare una battuta. E invece a poco a poco è andato aumentando il numero di coloro per i quali l’antiberlusconismo è un pessimo affare, una politica sterile che non conduce da nessuna parte. A suo tempo lo ha affermato, forte e chiaro, Walter Veltroni: ma il partito non l’ha seguito. Suggestionato da Di Pietro, ha continuato ad innaffiare quotidianamente la quercia dell’antiberlusconismo sui giornali politici, negli spettacoli, nelle interviste, nei talk show, dovunque: e la sinistra è andata sempre più indietro.
L’insistenza di tanti esponenti del Pd su questa linea, malgrado i rovesci, è stata probabilmente determinata dal fatto che l’antiberlusconismo è l’ultima incarnazione di una vecchia tendenza vincente del Pci: quella di scegliere una linea politica, se possibile condensata in un paio di parole, e ripeterla sempre, costantemente, instancabilmente, fino a renderla una sorta di innegabile luogo comune. Un esempio si ebbe nel 1953, con la proposta democristiana di un premio di maggioranza: quello stesso che dal 2006 al 2008 ha consentito a Romano Prodi di non avere problemi nella Camera dei Deputati. Al Pci però il marchingegno non conveniva e dunque vi si oppose con tutti i mezzi. Ma non lo fece spiegando la norma e mostrandone i difetti: ne diede soprattutto una definizione. Parlò di “legge truffa”su tutti i toni, in Parlamento, nelle piazze, sui giornali e alla radio, con una tale insistenza che la proposta fu rigettata. E l’Italia per molti decenni ha conosciuto solo governi precari.
Il sistema col tempo ha cominciato a perdere efficacia. L’implosione dell’Unione Sovietica ha tolto valore a parecchi dogmi, l’informazione è aumentata e, cosa ancora più grave, la sinistra, andando al governo, ha deluso molti elettori: ma non ha rinunciato alla tecnica della ripetizione infinita. È dal 1993, per esempio, che parla del “conflitto d’interessi” di Berlusconi, senza mai indicare un provvedimento che sia stato adottato per favorire economicamente il Presidente del Consiglio. È andata due volte al governo e non ha votato una legge in materia: ma non per questo i suoi uomini hanno smesso di parlarne, anche se gli italiani hanno smesso di ascoltarli. L’attacco è anzi continuato con mille espressioni convergenti: il Premier è un mafioso, un corruttore, uno che va al governo per interesse, uno che impone leggi ad personam, un dittatore tendenziale, un pericolo per la democrazia, la causa di una società immorale, “il male assoluto”. La pratica in qualche caso ha avuto successo: per esempio in occasione del referendum riguardante la riforma costituzionale del 2005. Tecnicamente era un testo non alla portata di tutti gli elettori ma conteneva riforme che sarebbero state utili all’Italia (prova ne sia che alcune di esse oggi le propone il Pd): la sinistra, però, per fini politici, senza indicare i difetti del provvedimento, disse e ripeté che quella riforma era cattiva perché l’aveva voluta il Cavaliere e il risultato fu l’annullamento. Forse tuttavia si è trattato del canto del cigno.
L’idea – ripetuta da tutti e sempre – che se una cosa la fa Berlusconi è cattiva, perfino quando dà una casa ai terremotati dell’Aquila, alla fine ha stancato. È divenuta una sorta di rumore di fondo. Né dimostra qualcosa il successo di Di Pietro: lui infatti può essere felice delle briciole dello scontro, mentre il Pd vorrebbe tornare al governo e non ci può certo arrivare seguendo questa linea.
Nell’ultima tornata elettorale si è molto discusso dell’eredità di Berlusconi, come se fosse morto; dei drammatici contrasti nel Pdl; della parabola declinante del centro-destra, e invece – brusco risveglio – i risultati sono stati assolutamente sconfortanti per la sinistra. Il Cavaliere, che si era rappresentato simile alla famosa statua del Gallo Morente, è riapparso vivo, incombente e vincitore come la Nike di Samotracia.
La sinistra dovrebbe cambiare rotta. La gente bada alla concretezza – per esempio alla pulizia delle strade di Napoli – e Berlusconi non può essere eliminato con slogan negativi. C’è anzi il rischio che la prossima volta, se ci sarà un referendum, l’elettorato confermi la riforma costituzionale in base al principio che, “se l’ha voluta Berlusconi, sarà una cosa buona”.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
14 aprile 2010

BERLUSCONI E LA NIKE DI SAMOTRACIAultima modifica: 2010-04-15T11:25:35+02:00da
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