GianniP

NAPOLITANO NON È UN RE

Qui bisogna mettere le mani avanti: l’obiettivo non è Giorgio Napolitano, che anzi può essere giudicato migliore di tanti altri Presidenti. Ne abbiamo avuto uno che peccava per eccesso di iniziativa politica, un altro per eccesso di retorica sciocca e presenzialismo, un altro per partigianeria, uno infine per spirito balzano e irriverente. L’obiettivo non è il Presidente della Repubblica: sono coloro che si occupano di lui, che ne riferiscono le parole o che gli chiedono giudizi e interventi politici. Tutti coloro che trattano il Presidente come fosse un potere dello Stato, al pari del legislativo, del giudiziario o dell’esecutivo. Ad alcuni politici e ad alcuni giornalisti sembra normale mettere sullo stesso piano il Quirinale e Palazzo Chigi o Montecitorio. Tanto che quando auspicano un “dialogo” fra – poniamo – Napolitano e Silvio Berlusconi, hanno l’impressione di fare un favore a Berlusconi, quasi lo “innalzassero” al livello di Napolitano. In realtà il PdR è politicamente un quasi-nessuno.
Non lo dice chi ha in antipatia questa suprema carica dello Stato, lo dice la Costituzione, per la quale egli non ha potere di indirizzo politico (come il Presidente francese); non ha il controllo della costituzionalità delle leggi (come la Corte Costituzionale); non è il guardiano della moralità pubblica (che a nostro parere non è neppure il Papa, dunque figurarsi); teoricamente non ha neppure il potere di indirizzarsi ogni giorno (volontariamente o involontariamente) alla nazione via televisione, come è divenuto moda fare: ché anzi questo distorce un po’ la figura del vertice della nazione come l’ha concepito la Costituzione. Questa – riassumendo – dice che il PdR “convoca il Parlamento per eleggere il suo successore”, alla scadenza della carica (art.85); rappresenta l’unità nazionale; può inviare messaggi alle Camere; indice le elezioni; può concedere la grazia ed ha altre incombenze tecnico-burocratiche elencate all’art.87. Può sciogliere le Camere (art.88) ma nessun suo atto “è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità” (89). Infine non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni (90). E, si noti, la Costituzione non contiene neppure una volta la parola “esternazione” e men che meno il “diritto di esternazione”, di cui si parla. La Carta prevede un funzionario talmente tenuto al silenzio da essersi sentita in dovere di autorizzare (non auspicare) i messaggi alle Camere. Per evitare che i media li trasformino in chiacchieroni ed impiccioni, i Presidenti forse farebbero bene a non dire neppure buongiorno.
Il Presidente è stato visto dai costituenti come una persona che rappresenta l’unità nazionale e deve essere esposto a critiche il meno possibile: per questo la responsabilità politica di qualunque suo atto deve ricadere sui ministri. Egli deve essere pressoché “invisibile”. Il rinvio di una legge al Parlamento o i messaggi alle Camere sono evidentemente eccezionali. È questa la realtà attuale? Sicuramente no, e non per colpa del Presidente della Repubblica.
È ovvio che inaugurando un ponte o celebrando i caduti, egli parli e dica le banalità di circostanza: ma perché riportare ogni suo sospiro, rischiando di renderlo un campione di banalità, oppure strologando sul significato delle sue parole, alla ricerca di possibili allusioni, fino a renderlo un personaggio di parte? Naturalmente non si fa neppure l’ipotesi offensiva di un suo intervento volontariamente politico.
La conclusione è che il popolo ha un’anima inguaribilmente monarchica, con sfumature di mentalità medievale. Il Re, per il semplice fatto di essere tale, è superiormente saggio, supremamente veritiero, ispirato da Dio. Poco manca guarisca la scrofola col contatto delle sue mani. Si dimentica cioè che il PdR è un signore eletto al termine di una battaglia senza esclusione di colpi in cui si finisce con lo scegliere, a volte per stanchezza, un politico non troppo insignificante e non troppo fazioso: certo non un semidio!
Le sue parole da Presidente non dovrebbero pesare più di quanto pesassero prima della sua elezione e neppure più di quanto peseranno dopo la scadenza della sua carica. E oggi chi si occupa di ciò che dicono Ciampi, Scalfaro o Cossiga?
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
25 aprile 2010

NAPOLITANO NON È UN REultima modifica: 2010-04-26T10:38:19+02:00da
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