GianniP

LA RIVOLUZIONE IN CASA DEL VICINO

Se si vuol essere condannati da tutti, basta dire male di Garibaldi. O, versione più recente, dire bene di Mussolini. E non parliamo di Hitler. Se uno dice che quel criminale era morigerato nel mangiare e nel bere, e che certo non era un ladro, rischia di passare per nazista. Non bastava e non basta che sia, dopo Stalin, il più grande assassino di tutti i tempi: deve anche essere brutto e sporco.
L’umanità ha di queste infatuazioni positive e negative. Per questo a volte diviene difficile discutere serenamente. Il caso più recente è quello di Muammar Gheddafi. Ci si fa guardare storto se solo si osserva che fino a non molto tempo fa siamo stati obbligati dai nostri stessi interessi a siglare contratti con lui, e che dunque o era un mostro già allora o non è un mostro oggi. La moda vuole che lo si maledica, che si gridi “Se ne vada!” Anzi “Se ne è andato”.
“È ancora lì? Ma è come se se ne fosse andato”.
La gente ha girato pagina. Ma le pagine non le girano i giornali: le gira la storia. Gheddafi è ancora a Tripoli ed ha riconquistato un paio di cittadine. Non diciamo che riuscirà a ribaltare la situazione. Non diciamo che riuscirà di nuovo ad imporre il suo potere a Benghazi e Darnah. Non diciamo nulla e anche gli altri non dovrebbero dir nulla: perché il futuro non lo conosce nessuno e prevederlo con tono autorevole espone ad autorevoli cattive figure.
Quando si tratta di grandi potenze, stante l’abbondanza di dati, è più facile calcolare le loro possibilità. In uno scontro fra Siria e Turchia sarebbe da sciocchi scommettere sulla Siria. Ma nel caso della Libia quelle che possono apparire battaglie sono poco più che risse. Per questo il risultato può essere sorprendente.
In articoli di autorevoli giornali stranieri abbiamo letto due dati interessanti. In primo luogo, l’autocrate libico ha sempre saputo che nel suo Paese hanno ancora parecchio potere i capi tribù e per questo ha sempre fatto in modo che rimanessero divisi e, se possibile, in conflitto. In secondo luogo, non avendo dimenticato che proprio appoggiandosi ai militari egli stesso ha spodestato re Idris, non ha mai concesso molto potere all’esercito, attualmente male armato e male addestrato. Ecco perché esso non ha recitato in Libia quella parte importante che ha recitato in Egitto. E contro un nemico diviso e disorganizzato contano parecchio i pretoriani o comunque coloro che hanno un vincolo di fedeltà personale col rais. Costoro riusciranno a rovesciare la situazione o riusciranno soltanto a prolungare l’agonia del regime? Nessuno lo sa. Ma proprio per questo avremmo amato che tutti fossero prudenti. Che nessuno si lasciasse andare a dichiarazioni tonitruanti; a minacce tanto terribili quanto incredibili; a giudizi morali tanto fuor di luogo quanto difficili da ri-ingoiare, se il tiranno rimanesse al potere.
I giornali possono scrivere quello che vogliono. Il loro interesse è quello di vendere più copie, carezzando le tendenze dei lettori secondo il verso del pelo. Ma i governi devono muoversi secondo le regole della prudenza. E quando la diplomazia consiglia l’ipocrisia, non bisogna avere scrupoli: essere ipocriti diviene un dovere. Se nel Paese vicino si combattono i gialli e i viola, la cosa migliore da fare è – come fa il Papa – invocare la pace e l’accordo di tutti e dichiarare che si spera che cessi al più presto lo spargimento di sangue. Per quanto riguarda il prendere posizione, bisogna rimanere nel vago ed essere pronti, se vincono i gialli, a dire che da sempre abbiamo sperato che vincessero loro; e se vincono i viola, a dire che da sempre abbiamo sperato che vincessero loro. Il nostro interesse non è arbitrare le partite altrui, magari dal punto di vista morale: il nostro interesse è che il nostro Paese tragga il massimo vantaggio – o almeno il minimo svantaggio possibile – dalla situazione.
Ci rendiamo conto che questo è un discorso immorale. Che per il grande pubblico ha lo stesso effetto di un crine di cavallo nell’orecchio. Lo sappiamo, tutte le persone per bene sono per la pace, per la democrazia, per la libertà, per il popolo contro i tiranni, per i buoni contro i cattivi. For Mum and the apple pie.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
2 marzo 2011

LA RIVOLUZIONE IN CASA DEL VICINOultima modifica: 2011-03-03T13:46:26+01:00da
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