GianniP

LA NO-FLY ZONE

Riguardo alla zona di interdizione ai voli la prima cosa da dire è che ci eravamo sbagliati. Avevamo dato per altamente improbabile questa decisione dell’Onu; avevamo data per pressoché certa l’opposizione di Russia e Cina (che invece si sono astenute); non riuscivamo a credere che si potesse commettere un simile errore. Infatti non si è tenuto sufficientemente conto degli automatismi della retorica. Ecco quello che si dirà: “Se gli Occidentali intervengono in Libia e non nella Corea del Nord, in Siria, o a Cuba, è perché in Libia c’è il petrolio e in quegli altri Paesi no”. Né servirà far notare che ci sono altri Paesi piuttosto antipatici – come l’Iran o il Venezuela – dove il petrolio c’è e non per questo gli Occidentali sono intervenuti. Non importa. Continueremo a sentire che: “Se sono intervenuti in Libia, è perché in Libia c’è il petrolio”. Quanto valga la realtà dimostrabile contro i pregiudizi si vede anche in questi giorni, parlando di energia nucleare.
Inoltre, se gli Occidentali intervengono con la forza in Africa, chi li salverà dall’accusa di brutale colonialismo? L’Inghilterra, la Francia e l’Italia hanno un non dimenticato passato, in questo campo. Saranno dunque accusate di nostalgie imperiali, di violenza contro uno Stato sovrano e soprattutto di crimini inenarrabili se ci saranno vittime civili. Anche senza averne nessuna prova, si è creduto senza esitare ai lamenti dei ribelli per i misfatti di Gheddafi; domani, anche senza nessuna prova, potremmo essere accusati noi di misfatti analoghi. Con quale coraggio ci si può imbarcare senza necessità in una simile avventura?
Fra l’altro, se l’Occidente sarà calunniato, non si avrà il diritto di biasimare i ciechi pregiudizi degli arabi e dei terzomondisti. Il nostro intervento infatti ha luogo sulla base di uno speculare pregiudizio: quello per cui i ribelli si batterebbero per la libertà e per la democrazia. Cosa che solo la nostra memoria del 1789 e del 1848 ci fa credere.
Né comprendiamo perché ci sia tanta corale animosità contro Gheddafi. Questo signore è lì da quarantadue anni e non è un dittatore più dittatore del sovrano dell’Arabia Saudita. Si vorrebbe combattere a favore della popolazione? Ma in Libia il reddito pro capite medio è piuttosto alto e nessuno manca di cibo mentre nella Corea del Nord c’è un dittatore non più democratico di Gheddafi e la gente rischia di morire di fame. E nessuno interviene. La decisione dell’Onu è incomprensibile. Gheddafi non merita alcuna simpatia, ma nella scala della nequizia non è nemmeno il peggiore. È brutale con i ribelli? Qualunque governo che voglia reprimere una rivoluzione lo è. E nessuno si occupa della repressione in Bahrain.
Si è dunque costretti a fare altre ipotesi. Magari sbaglieremo anche stavolta.
La prima idea è che il tempo perduto fino ad oggi sia servito a mettersi in condizione di “fare la mossa” senza strapazzarsi. Le truppe di Gheddafi sono alle porte di Benghazi e possono fare a meno dell’aviazione. Gli aerei della Nato sono pronti a decollare per “punire” gli aerei libici, ma gli aerei libici non si alzeranno in volo, sia perché tecnicamente inferiori, sia perché non gli serve farlo. Business as usual. L’esercito libico sarà approssimativo e male addestrato, ma quello dei ribelli, ammesso che si possa parlare di esercito, è anche peggiore. Dunque o Gheddafi vincerà con la fanteria oppure, dal momento che le truppe governative dispongono di una maggiore mobilità, circonderà con un moderno assedio le città e queste saranno obbligate ad arrendersi per fame. Fra l’altro gli Occidentali hanno sempre escluso un intervento terrestre. A meno che non si rimangino anche queste parole.
Facendo infine l’ipotesi più favorevole ai ribelli, pensiamo alla scissione della Libia in Tripolitania e Cirenaica. Tripoli (per quanto ne sappiamo) manterrebbe tutto il petrolio ed anche i terminali portuali per esportarlo, la Cirenaica sarebbe povera o poverissima. Non è detto che i ribelli farebbero un affare.
Infine una nota per quanto riguarda l’Italia. Anche se si tratta di una “mossa” puramente dimostrativa, il nostro Paese rischia più degli altri. Noi del petrolio e del gas libici abbiamo bisogno. Se la Libia si trasformasse in uno Stato integralista islamico come la Somalia, saremmo i primi a soffrirne. Con tutti i profughi che arrivano, come riusciremmo ad identificare e respingere i terroristi?
Forse è dalle sue alleanze che l’Italia è obbligata ad allinearsi con gli altri Occidentali: ma lo stesso è triste che non sia stato possibile farci gli affari nostri.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
18 marzo 2011

LA NO-FLY ZONEultima modifica: 2011-03-19T09:21:17+01:00da
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