LA VERITA’ SULL’AIRBUS SCOMPARSO

LA VERITÀ SULL’AIRBUS
Un Airbus A330 dell’Air France (pronuncia ad libitum, secondo la Rai), partito dal Brasile con oltre duecento persone a bordo, è scomparso sull’Atlantico. La notizia è sconvolgente ed è comprensibile che il primo istinto di tutti sia quello di chiedere come mai ciò sia avvenuto, di chi sia la colpa, se c’è una colpa, e se il disastro si poteva evitare. Se l’uomo non si ponesse domande, non saremmo neppure passati dal paleolitico al neolitico: la curiosità è qualcosa di positivo. Essa diviene tuttavia negativa se pretende di avere in ogni caso risposta. Non solo perché ci sono cose che non ci è dato di sapere ma perché questo atteggiamento conduce a risultati deprecabili e spesso lontani dalla verità.
Nel Seicento ci fu una peste di cui nessuno conosceva la causa. Tutti furono dunque contenti di attribuirla a personaggi biechi – gli untori – che la spandevano per fini detestabili anche se poco chiari. Naturalmente chi era sospettato di un simile impossibile crimine poteva anche rimetterci la vita, e altrettanto naturalmente chi si spacciava per competente in untori acquistava visibilità e autorità. Quello era un momento in cui un consiglio o una precauzione potevano salvare la vita. Probabilmente nessuno avrebbe creduto agli untori se tutti non avessero avuto una paura tanto folle quanto giustificata di quel terribile morbo. Quando la domanda è pressante, qualunque risposta va bene: gli untori, il complotto demo-pluto-giudaico, i cristiani per l’incendio di Roma e via calunniando.
Il fenomeno si verifica anche per fatti meno drammatici e quotidiani. Se qualcuno starnutisce non è raro che, in famiglia, qualcuno commenti: “Te lo dicevo, di coprirti meglio. Ti sei beccato un raffreddore”. Senza tenere conto che il raffreddore, malgrado la sua trasparente etimologia, deriva da un virus e non dal freddo; e senza tenere conto che uno starnuto si può avere anche per un prurito nelle narici. Molte persone non resistono un istante alla tentazione di darsi una spiegazione, poco importa quanto infondata.
È il caso dello sfortunato Airbus dell’Air France. Questo aeroplano sparisce da un istante all’altro nell’Atlantico, senza che i piloti abbiano il tempo di spiegare nulla, senza che abbiano il tempo di segnalare almeno la loro posizione o di lanciare un Mayday. È estremamente strano. Che cosa dedurne? La risposta è semplice: niente.
I giornali e le televisioni hanno cominciato col parlare di un fulmine. Hanno dimenticato che gli aerei sono protetti dal principio della gabbia di Faraday: se non fosse così ogni giorno cadrebbero decine di aeroplani. Poi qualcuno ha cominciato a dire che l’Airbus volava troppo alto, troppo basso, troppo veloce o troppo lento, che c’era stata probabilmente un’esplosione a bordo, anzi un’improvvisa perdita di pressurizzazione, e chissà che altro. Ci vuole proprio tanto a dire: “Non ne sappiamo niente?” Porre domande è lodevole, dare risposte a vanvera no.
I giornalisti dopo queste ipotesi gratuite hanno spostato la loro attenzione dall’aereo all’oceano, ipotizzando la ricerca delle cosiddette “scatole nere”, che poi sono arancione e si chiamano flight recorder (registratori di volo). Dicono, bontà loro, che il loro ritrovamento è molto difficile, mentre ad un osservatore neutrale esso sembra probabilmente impossibile. In quell’area l’oceano è profondo quattro chilometri e (diversamente da quanto avvenuto per il Titanic) non si sa dove sia avvenuta la tragedia. È peggio di un ago nel pagliaio. Ma i giornalisti, sempre più informati, ci dicono che bisognerebbe far presto, perché “le scatole nere emettono segnali radio per un mese e non di più”. E non sanno, gli analfabeti, che le onde radio sott’acqua non viaggiano affatto. Diversamente i sottomarini non avrebbero difficoltà a comunicare con le basi e non sarebbero costretti a salire a quota periscopio per farlo. Sotto l’acqua si propagano solo i suoni ma nessuno ci ha detto se i flight recorder emettano segnali sonar.
La conclusione è mesta ma obbligata. Per quanto ci possa dispiacere per i poveri morti, per quanto utile ci sarebbe conoscere la causa di questa tragedia, anche per evitarne in futuro una simile, non è impossibile che la caduta dell’A330 dell’Air France rimanga un mistero per sempre. Ecco la verità. Né c’è da stupirsene: nella mente di chi riflette, le domande senza risposta sono un’autentica folla.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
5 giugno 2009

LA VERITA’ SULL’AIRBUS SCOMPARSOultima modifica: 2009-06-05T19:14:35+02:00da gianni.pardo
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5 pensieri su “LA VERITA’ SULL’AIRBUS SCOMPARSO

  1. hmm…davvero interessante…nono davvero…ho imparato davvero tante cose O.o…vuoi un applauso per il tuo sproloquio?…abbiamo capito che sai un sacco di cose…o almeno è quello che vuoi farci credere…ma oltre a mettere in mostra la tua “cultura” non hai fatto molto…scusa ma se sei così bravo…perchè non vai tu a dirigere le ricerche…ah e poi…si sa che le “scatole nere” non sono nere…è un termine nato così e così si porterà avanti…per identificare un certo oggetto…e smettiamola di fare i saccenti…scusa lo sfogo ma a volte mi sembra di leggere vcose davvero esagerate…ciao e buona giornata

  2. ” hei dov’è finito il mio commento??? non c’è nulla??? ”

    Probabilmente nello spam filter junk mail .

  3. Ipotesi.
    Non ci sono messaggi o comunicazioni radio da parte dei piloti prima dello schianto.
    Abbastanza raro.
    Nei voli intercontinentali capita che uno dei due piloti dorma mentre l’altro stia sveglio ed attento.
    Niente di strano, fa parte delle procedure.
    I piloti sono tenuti a tenere sempre le cuffie quando sono seduti in cabina, anche perchè i messaggi di allarme vengono passati in cuffia in modo che possano svegliare anche il pilota che sta dormendo.
    Le hostess hanno anch’esse delle procedure per questo tipo di voli.
    E cioè di entrare nella cabina dei piloti ogni 15/30 minuti.
    Una delle ragioni è che possano svegliare i piloti nel malaugurato caso che dormino entrambi.
    Tempeste ghiacciate come quella che ha investito questo Airbus viaggiano ad una velocità fra i 200 e i 400 Km all’ora e possono creare serie difficoltà a qualunque veicolo. Di solito, i piloti svegli, la scansano cambiando rotta o alzando la quota o abbassandola di almeno 2000 piedi.
    Se i piloti di questo Airbus dormivano entrambi hanno preso la tempesta in pieno reagendo in ritardo probabilmente.
    Non credo che le scatole nere riescano a “sapere” se i piloti dormissero contemporaneamente.

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