GIUDICARE IL PRESENTE

Il presente in un certo senso non esiste. Non ha dimensioni, come il punto in geometria. La differenza è che il punto è puramente immaginario, mentre il presente è un reale apice tra il passato e il futuro, comprensibile solo se lo allarghiamo almeno al passato prossimo.
In Italia il presente va indietro fino al 1994 e ciò che è avvenuto prima sembra appartenere ad un altro mondo: la Democrazia Cristiana, il Partito Comunista, l’Unione Sovietica, il Novecento. Realtà morte. Oggi i punti di riferimento sono Silvio Berlusconi, alcuni comunisti che si offendono se uno li chiama comunisti e altri che rivendicano questa qualifica, pur provocando qualche piccolo brivido di ridicolo. Una cosa è certa: le valutazioni della storia sono impossibili riguardo al presente: solo dopo si sa che cosa si è vissuto, se era positivo o negativo, importante o no.
In questo senso la Germania è un esempio prezioso. Mentre si contorceva nelle contraddizioni e nelle frustrazioni seguite alla Prima Guerra Mondiale, il Paese pensava di vivere il peggio. Poi, con Hitler, per qualche momento pensò di avere ottenuto il riscatto e persino il trionfo e solo un decennio dopo capì che le baruffe del tempo di Hindenburg e perfino l’inflazione della Repubblica di Weimar erano state un tempo comparativamente felice. La Germania dell’autunno 1945 era non solo vinta ma distrutta, umiliata e disonorata.
Chi semina spera in un meraviglioso raccolto, ma solo il tempo rivela che cosa si è prodotto. I comunisti della seconda metà del secolo scorso erano talmente in buona fede che avrebbero considerato una calunnia l’essere additati come i fautori di una dittatura criminale. Infatti sul momento si diceva che tra l’anticomunista viscerale (stramaledetto più o meno da tutti) e il sostenitore di Togliatti c’era “una differenza d’opinioni politiche”. Solo con la prospettiva storica si può dire che il primo difendeva la prosperità e la libertà dell’Italia, mentre gli adepti del Pci erano involontari traditori. Traditori che, se fossero riusciti a conquistare la maggioranza in Parlamento, avrebbero inflitto al popolo italiano il destino della Cecoslovacchia.
Ma questo si può dire oggi. Sul momento guai a contestare i comunisti. Si potevano tenere i missini, sostanzialmente insignificanti, fuori dall’arco costituzionale e dalla decenza mentre i comunisti, oh, no! erano i garanti della cultura e della democrazia. È stato così fino al crollo dell’Unione Sovietica.
Chi ha vissuto quel presente ha avuto la sensazione di essere inserito in un caso d’ipnosi collettiva. In una rappresentazione fantastica alla quale rischiava, un giorno o l’altro, d’esser costretto a partecipare, accettando che fosse bellissimo non essere liberi e che l’imperatore, benché governasse come un tiranno sanguinario, fosse il padre della Patria.
In quegli anni si doveva guardare alla Gran Bretagna per sapere che un mondo non demenziale esisteva ancora.
Questo genere di considerazioni fa naturalmente sorgere la domanda: come giudicheranno i posteri questo nostro attuale presente? Non si sa. Lo stesso Berlusconi, il personaggio più importante, sarà giudicato in base alla sua eredità. Un’eredità che gli attuali uomini politici, e lui stesso, non sanno ancora quale sarà.
Per capire questo punto, basta pensare alla vicenda di De Gaulle. Quando il Generale rinunciò all’Algeria francese, fondò la Quinta Repubblica e stabilì il regime presidenziale, molti si chiesero che giudizio bisognasse dare di quelle iniziative. La sinistra, anche quella francese, non fece che gridare al lupo e alla dittatura. È stato solo in seguito, quando si è capito che le nuove istituzioni andavano benissimo anche a chi le aveva contrastate – per esempio François Mitterrand – che il giudizio su De Gaulle è divenuto unanimemente positivo, fino a farne un’icona nazionale.
Il presente è un’epoca di dubbi e di confusione. Sulla base dell’esperienza, possiamo essere certi solo di un paio di cose: che la maggior parte degli uomini famosi sarà dimenticata, così come sarà dimenticata la maggior parte delle beghe che hanno occupato le prime pagine dei giornali. Nella memoria rimarranno solo i nomi dei massimi protagonisti, giudicati col senno di poi, come sempre. Per questo, attualmente, dobbiamo fare tutti uno sforzo di umiltà.
Il Presente a volte capisce il Passato, ma è il Futuro che capirà, forse, il Presente. Questo dovrebbe rendere meno perentori i nostri giudizi.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
4 dicembre 2009

GIUDICARE IL PRESENTEultima modifica: 2009-12-05T12:42:15+01:00da gianni.pardo
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