L’EURO E LA SPERANZA DI SBAGLIARSI

Il New York Times pubblica un articolo tradotto dal tedesco e scritto dal prof.Joachim Starbatty (1) la cui tesi fondamentale è che l’euro è stata una brutta idea. O almeno, sarebbe stata una buona idea se tutti gli Stati che hanno adottato quella moneta avessero avuto analoghe condizioni e tradizioni di politica  economica. Di fatto, secondo il professore, l’Europa si divide in due: alcuni Stati del Nord, in particolare la Germania e pochi altri, hanno avuto monete stabili con tendenza a rivalutarsi, mentre altri Stati, in particolare quelli latini e la Grecia, hanno avuto tendenza a monete che si svalutavano e a finanze meno rigorose. La speranza, dice l’articolista, era che entrando nell’euro questi Paesi avrebbero imparato ad essere simili alle nazioni virtuose, il risultato invece è stato l’opposto e l’esempio più patente è la Grecia. Questa  per entrare nell’euro ha falsificato i parametri economici, ha poi avuto una politica monetaria peggio che discutibile e oggi, per dirlo con parole nostre, si trova al bivio fra il fallimento, la rivoluzione e l’espulsione dalla zona euro. Secondo Starbatty, la soluzione sarebbe la fine dell’euro con la creazione di una moneta adottata solo dagli stati virtuosi.
Può darsi che il professore tedesco, apprezzato dal giornale americano, abbia ragione. Ma il campo economico è pieno di insidie. Non possiamo dimenticare quante volte hanno sbagliato e continuano a sbagliare i massimi guru di questa scienza. Se scienza è.
Questo tuttavia ha un vantaggio: si dice che gli investimenti in borsa “decisi” a caso da una scimmia abbiano dato risultati comparabili, se non migliori, a quelli dei massimi competenti. E allora ci travestiamo da scimmie per dire la nostra.
Sull’euro c’è stato motivo di essere scettici sin da principio. Il valore di una moneta dipende dall’economia di un dato Paese, e questa a sua volta dipende dalla politica, dalla fiscalità, dalla qualità della pubblica amministrazione e da altri fattori ancora. Nulla assicura che la politica adottata da una data nazione sarà adottata e seguita, negli stessi termini, dalla nazione confinante. Se dunque l’economia dipende in larga misura dalla politica (diversamente avremmo avuto un’Unione Sovietica ricca), sarebbe stato più naturale unificare la politica – in modo che ne conseguisse l’unificazione dell’economia – piuttosto che il contrario. Infatti, se l’economia è in crisi e uno Stato si trova dinanzi al bivio tra la fedeltà al patto dell’euro e la rivoluzione, siamo sicuri che sceglierà la fedeltà all’euro?
Questa moneta è stata adottata ed ha funzionato, bene o male, per otto anni. Ora abbiamo il problema della Grecia e non si sa come se ne uscirà: questo darebbe ragione a Starbatty, ma rimarrebbe lo stesso la possibilità di chiedergli: e se la crisi della Grecia si risolvesse senza troppi danni? Noi stessi siamo stati molto pessimisti, all’inizio: non si mette il carro dell’economia dinanzi ai buoi della politica. Ma il futuro deve intimidire tutti. Chi può escludere che si riuscirà a riprendere il cammino? Le cose potrebbero andare meglio piuttosto che peggio e in fondo coloro che hanno deciso l’operazione euro non erano meno competenti di Starbatty. È sempre la storia (economica) che dice chi ha avuto ragione e chi ha avuto torto. In questo caso, come in tanti altri, non rimane che wait and see, aspettare e vedere. Noi pessimisti abbiamo diritto di sperare di esserci sbagliati.

(1) http://www.nytimes.com/2010/03/29/opinion/29Starbatty.html?emc=eta1

L’EURO E LA SPERANZA DI SBAGLIARSIultima modifica: 2010-03-29T23:31:53+02:00da gianni.pardo
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