L’ITALIA IN CRISI POTREBBE METTERE IN CRISI L’EUROPA

Un articolo della Welt. Due passaggi sono stati riassunti.

L’economia italiana zoppica, i numeri fanno paura. Il Paese è attualmente il massimo elemento di rischio per l’eurozona. I giovani si sentono defraudati del loro futuro. Si arriverà all’Italexit?
Il Primo Ministro Matteo Renzi non se l’era certo immaginata così: che l’Italia prendesse il ruolo di leader nell’eurozona. Ma nel modo più negativo e preoccupante.
Il Primo Ministro – che sembra così dinamico – non contribuisce con nuove iniziative a rendere più stabile la moneta unica e a rendere più unita l’Europa, e al contrario il suo Paese minaccia di divenire l’epicentro di una nuova eurocrisi. Per ora le conseguenze si sono realizzate in segreto, ma i segnali si moltiplicano tanto che ci aspetta un più grande “Bang”.
Brano sul referendum, come motivo d’incertezza.
I dubbi aumentano. La terza economia dell’Eurolandia come caso dubbio ha appena sottratto alla Grecia costantemente in crisi il primo posto. È ciò che rendono chiaro gli ultimi dati della società di analisi Sentix, che ogni mese misura la tenuta dell’unione monetaria.
E poi in ottobre è avvenuto qualcosa di enorme: per la prima volta nella storia i manager finanziari internazionali reputano l’abbandono dell’Italia, membro fondatore dalla comunità, più verosimile della Grexit, l’uscita della Grecia. Il rischio di un Italexit, come chiamano gli investitori questa separazione dell’Italia, viene ora da loro valutato al 9,9%, mentre il pericolo della Grexit rimane soltanto all’ 8,5%.
Gli indici di Sentix mettono in cifre quanto i mercati finanziari valutano le possibilità che un membro dell’unione monetaria entro un anno lasci l’euro. Quanto si sia aggravata la situazione a sud delle Alpi non si ricava soltanto dalle preoccupazioni degli investitori. Ultimamente anche la fuga di capitali dall’Italia si è notevolmente accelerata. Secondo la Banca d’Italia le passività di quel Paese meridionale nei confronti del resto dell’eurosistema hanno raggiunto l’ammontare record di 354 miliardi di euro. Perfino nel momento più acuto della crisi europea del 2012 la nazione non ha vissuto nessun simile deflusso di liquidità.
Gli osservatori si mostrano innanzi tutto preoccupati dall’ultimo sviluppo. Dal momento del voto sulla Brexit le prospettive di passività dell’Italia si sono dilatate dell’enormità di 78 miliardi di euro. Il crescente saldo negativo è un chiaro indizio che i sostanziosi mezzi della Banca Centrale Europea defluiscono immediatamente verso l’estero, invece di operare utilmente per l’economia domestica.
Lo stimato economista ed ex Capo dell’Ifo Hans-Werner Sinn considera le prospettive di bilancio come un grande misuratore per la salute dell’unione monetaria. In una conversazione con la Welt recentemente Sinn ha ammonito: “La metà degli italiani vuole uscire dall’euro, e questo è il valore più alto di tutti i Paesi europei, nei quali negli ultimi tempi è stata posta questa domanda”.
Non importa se si guarda all’élite o agli elettori, lo scetticismo nei confronti dell’euro diviene sempre più grande. Infine, secondo Sinn, non è soltanto ultimamente che l’establishment italiano è sempre più scettico, per quanto riguarda l’euro. “Berlusconi già nel 2011 aveva cominciato negoziati segreti per un abbandono dell’euro, perché egli ed altri rappresentanti dell’economia non vedevano più altra alternativa”, dice l’importante economista.
I numeri fanno spavento. Dal momento dell’ingresso nell’euro, nel 1999, l’Italia per così dire non è più cresciuta. E dopo tutto l’economia non si è mai veramente ripresa dalla crisi finanziaria. Ancora oggi l’industria italiana produce quasi un quarto di meno di quanto producesse nel 2007. La disoccupazione giovanile è alta quanto forse in nessun altro posto nel mondo. Quasi il 40% dei giovani non hanno un lavoro. E i giovani si sentono dipendenti dai più anziani. Fra i venti e i trent’anni il pericolo di non avere nessun lavoro è quasi quattro volte più alto che nel complesso delle persone che cercano un lavoro. Un valore negativo che nell’eurozona non ha confronti.
Un ulteriore grande freno per l’economia nel suo complesso è il consunto sistema bancario. Dopo due decenni perduti, con molti fallimenti di imprese ci sono crediti inesigibili che marciscono per un volume di 360 miliardi di euro, nei libri degli istituti di credito.
Secondo i calcoli dei fondi monetari internazionali i crediti inesigibili attualmente raggiungono l’80% del capitale proprio. Ciò trattiene gli istituti dal concedere crediti ad imprese anche molto promettenti. L’economia è minacciata dal circolo infernale della stagnazione.
Fino agli anni Novanta l’Italia poteva difendere la propria competitività attraverso la svalutazione della moneta nazionale. Soprattutto in questo modo si potevano sempre correggere gli alti costi dei salari. Ma all’interno della struttura dell’euro questo non è più possibile. La moneta comune è percepita da un sempre maggiore numero di italiani come una camicia di forza, che soffoca l’economia italiana.
Renzi cerca con un ambizioso piano di riforma si imitare la Germania. Ma non esistono le condizioni perché ciò si realizzi. E il referendum è importante per l’Europa perché potrebbe assestare un grave colpo all’eurozona. Ma dopo tutto potrebbe non andare così male.
Traduzione dal tedesco di Gianni Pardo
https://www.welt.de/finanzen/article159203232/Jetzt-ist-der-EU-Austritt-Italiens-wahrscheinlicher-als-ein-Grexit.html

L’ITALIA IN CRISI POTREBBE METTERE IN CRISI L’EUROPAultima modifica: 2016-11-04T16:43:11+01:00da gianni.pardo
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