CONTESTAZIONE DEL PRINCIPIO DI PETER

A partire dal 1969, lo psicologo Laurence J.Peter si è reso famoso nel mondo per avere formulato, fra il serio e il faceto, il seguente “Principio di Peter”: “ In una gerarchia, ogni dipendente tende a salire di grado fino al proprio livello di incompetenza”. La tesi è efficacemente chiarita da Wikipedia nel modo che segue: “I membri che dimostrano doti e capacità nella posizione in cui sono collocati vengono promossi ad altre posizioni. Questa dinamica, di volta in volta, li porta a raggiungere nuove posizioni, in un processo che si arresta solo quando accedono a una posizione poco congeniale, per la quale non dimostrano di possedere le necessarie capacità: tale posizione è ciò che gli autori intendono per «livello di incompetenza», raggiunto il quale la carriera del soggetto si ferma definitivamente, dal momento che viene a mancare ogni ulteriore spinta per una nuova promozione”.
In altri termini, l’impressione che un po’ tutti abbiamo, che i grandi capi non siano all’altezza dei compiti loro assegnati, non è un’impressine: è una fatale realtà. Infatti – sostiene Peter – se si dimostrassero eccellenti, in quella posizione, sarebbero promossi ad un incarico superiore. E se sono lì, è perché non si sono dimostrati eccellenti.
Se la tesi non fosse stata brillante, non avrebbe ottenuto rinomanza mondiale. E tuttavia, è fondata?
Abbiamo cento operai, che non possono essere inferiori alla media perché la media è dedotta dall’esame delle prestazioni di quei cento operai; o di tutti gli operai in generale, ma poco cambia. All’interno di quei cento ce ne saranno ottanta normali, dieci sotto la media e dieci sopra la media. Il risultato generale rimane invariato. Immaginiamo ora che di ogni cento lavoratori se ne debbano scegliere dieci per incarichi superiori. Per esempio caporeparto. L’ideale sarebbe che si scegliessero i dieci migliori, ma ciò non sempre avviene. Ammettiamo che se ne scelgano nove fra i dieci migliori e uno fra gli altri. Avremo dei “dirigenti” la cui media, ancora una volta, corrisponderà al valore medio dei dirigenti di quella fascia.
Suddividendo questi dirigenti per valore, secondo la stessa curva di Gauss sopraccennata, ne avremo uno di livello inferiore (che sia quello che non meritava la promozione o un altro) e nove quanto meno normalmente competenti per quel lavoro. E così, dovendo procedere ad ulteriori promozioni, il meccanismo non cambia. Ma tutto ciò non prova il principio di Peter ed anzi lo smentisce. Infatti non è vero che ognuno si ferma al livello della propria incompetenza. Questa incompetenza non riguarda le funzioni che ognuno svolge, ma quelle che svolgerebbe se fosse promosso. E non tutti sono promossi.
Ripartendo dai cento operai iniziali, dopo la promozione di dieci di loro non è che gli altri ottanta divengano di botto incompetenti: al massimo la media si abbasserà del 9%, mentre il principio di Peter sosteneva che “tutti” sono al livello della propria incompetenza. E lo stesso vale per i dirigenti. I promossi, fra gli operai, hanno il livello medio dei promossi per quella fascia di funzioni. E se una percentuale di loro sarà ancora promossa, andrà ad appartenere ad una ulteriore fascia di dirigenti, che avrà la sua media, in cui tutti sono medi, salvo alcuni che sono sopra la media ed altri che sono sotto la media. Ciò che si è detto per gli operai vale a tutti i livelli.
La verità è che il principio di Peter non esige – come sarebbe normale – che tutti siano competenti nella misura determinata dalla loro stessa media: esigerebbe che tutti fossero perfetti, nel loro lavoro. E ciò non è realistico. Gli uomini sono soltanto umani. La qualità media degli operai è la qualità media degli operai, la qualità media dei dirigenti è la qualità media dei dirigenti. Non è più complicato di così. Ed ora mi aspetto di divenire famoso come Laurence J.Peter.
Al massimo posso accettare che – data una percentuale costante di promossi fra quelli che non lo meritavano – avremo in ogni gruppo dirigente una percentuale costante di persone che non meritavano il posto che hanno. E la cosa è certamente vera. L’ha sostenuto l’economista Carlo Cipolla, in un famoso libro sulla stupidità umana. Ma ciò non stupisce. E lascia anzi la libertà di sperare che ci sia qualcuno che avrebbe meritato un posto migliore.
In ogni modo non si può affermare, come fa Peter, che se i funzionari fossero capaci sarebbero certamente promossi a funzioni superiori. Innanzi tutto perché il numero di posti superiori non è infinito. E comunque in Italia abbiamo la piaga delle raccomandazioni, che falsa il fair play. Ciò dimostra anzi che, in ogni fascia, c’è certamente qualcuno che è più competente di quanto le sue funzioni richiederebbero, semplicemente perché non è stato promosso, pur meritandolo.
Senza dire che esistono carriere in cui non si può progredire. Pensiamo ad un professore di liceo: per quanto possa essere geniale, non ha dove andare. Se diventasse preside scenderebbe di livello intellettuale), passando – poniamo – da filosofo ad amministratore. E se tentasse di divenire professore d’università, qualifica che si ottiene pressoché esclusivamente per cooptazione, non ci riuscirebbe.
Insomma, “Molto rumore per nulla”.
Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it
novembre 2016

CONTESTAZIONE DEL PRINCIPIO DI PETERultima modifica: 2016-11-12T10:13:46+01:00da gianni.pardo
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