LA POST-VERITA’

Ai tempi in cui si parlava italiano, per indicare il fenomeno per cui si crede vero qualcosa non perché dimostrato dai fatti, ma perché suggestivo, coinvolgente, impressionante, si sarebbe parlato di “abbaglio emotivo”: Ma oggi se non ci si esprime in inglese, si pensa che si è “out” (dico bene?), outmoded (dico bene?), oldfashioned (dico bene?). Dunque bisogna usare l’inutile chimera latino-inglese di “post-truth”, dopo-verità. Che non significa niente.
Il concetto di verità non ha né prima né dopo. Sul fatto che il triangolo ha tre lati non ci può essere un dopo. Ci può essere soltanto l’errore di reputare che ne abbia quattro. E anche se si dice che “prima la verità era che il Sole girava intorno alla Terra, poi la verità è stata che la Terra gira intorno al Sole”, si dice in modo ironico che prima si sbagliava e poi si è riconosciuta la verità. Magari una verità successiva, ma comunque unica. Senza prima e senza dopo.
Questo finto dibattito culturale serve a dire che, nell’epoca contemporanea, malgrado l’estrema abbondanza di mezzi d’informazione, purché certe tesi siano presentate in modo suggestivo, la massa riesce a credere le più colossali balordaggini. Un tempo ci fu l’allarme rosso contro i coloranti alimentari ammessi dall’Unione Europea. Ora il pericolo di morte è rappresentato dall’olio di palma. Cambiano le occasioni, ma il fenomeno è antico. A volte basta soltanto che certe affermazioni sembrino coraggiosamente contro le tesi ufficiali – per esempio quelle scientifiche – per credere le più colossali balordaggini. Da sempre – e ben prima che si parlasse di post-truth – gli adepti dell’omeopatia sono stati sicuri che se la medicina ufficiale giudica inefficaci le loro cure, è soltanto per mantenere il suo monopolio. Dunque i medici normali che non riescono ad aiutare i figli malati con le terapie tradizionali, è pur di mantenere il monopolio della medicina ufficiale che rinunciano a guarirli con le cure omeopatiche. Che mostri.
Pg Battista, sul “Corriere”, cita l’esempio del bicarbonato, che secondo certa gente dovrebbe curare il cancro. Ed anche il fatto che i vaccini dovrebbero provocare malattie, invece di prevenirle. Io sono più vecchio di lui, e ricordo casi anche più gravi. Ho visto gli intellettuali di sinistra dell’intera Europa Occidentale – salvo le stramaledette eccezioni fasciste – credere che nell’Unione Sovietica il popolo fosse libero e prospero. A paragone, che il bicarbonato guarisca il cancro diviene una cristallina verità.
Non abbiamo bisogno di una nuova espressione e possiamo rispedire al mittente la post-truth. È soltanto una vecchia evidenza rivestita di simil-inglese. La massa è stata da sempre capace di credere le più grandi sciocchezze ed anche di decidere – democraticamente – di metterle in pratica. Fino a provocare disastri. Fu forse più seria e meglio informata la decisione degli ateniesi di muovere guerra a Siracusa? Perfino testi ingenui come i Vangeli fanno risalire la condanna a morte di Gesù a semplici dicerie, fondate sul nulla. Perché mai gargarizzarsi col “nuovo”, che nuovo non è?
Una delle maggiori disgrazie dell’umanità è la brevità della vita. Settanta o anche ottant’anni sono troppo pochi, per avere una sufficiente conoscenza della realtà. Già per la politica uno ci mette almeno quaranta-cinquant’anni, per averne un’accettabile idea, e presto deve lasciare la scena. Per giunta, se cerca di spiegarla ai giovani, per abbreviare il loro percorso, viene respinto come superato, disfattista, machiavellico, cinico. Forse era così ai suoi tempi, ma ora. Poi anche i giovani, se non sono degli imbecilli, giorno dopo giorno imparano come stanno le cose, ripercorrono la stessa strada, e sono giudicati disfattisti, cinici, machiavellici. Se invece vivessimo duecento anni, se non altro i meno stupidi spenderebbero il primo mezzo secolo (almeno) ad imparare i rudimenti della realtà e poi non romperebbero più le scatole, riguardo alle più pacifiche verità razionali. Per un secolo e mezzo. Imparerebbero per esempio che “le nuove cure miracolose” sono in generale truffe e illusioni. Che i giornali dànno notizie, ma non necessariamente notizie vere. E comunque eviterebbero la catastrofica spedizione contro Siracusa. Mai fare una guerra se se ne può fare a meno.
È inutile che la “Stampa”, su questo argomento, titoli: “I fatti non contano più”. I fatti non hanno mai contato. O, più precisamente, hanno contato nella misura e nel modo in cui la gente li ha percepiti. Nihil sub sole novum, non c’è niente di nuovo sotto il sole. E bisogna dirlo in latino, per dimostrare dire quanto è vecchio il buon senso.
Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it
17 novembre 2016

LA POST-VERITA’ultima modifica: 2016-11-18T14:57:50+01:00da gianni.pardo
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