I PERICOLI DEL “NO”

Angelo Panebianco, sul “Corriere”(1) pone una giusta domanda: che cosa conterebbero di fare, i fautori del rigetto delle modifiche costituzionali, se il “no” prevalesse nelle urne? La sua risposta è che chi potrebbe beneficiarne di più, di ciò che seguirà, sarà il Movimento 5 Stelle. Fra l’altro, se come legge elettorale si reintroducesse la proporzionale, il fatto non sarebbe garanzia di riuscire a tenere i “grillini” lontani dal governo.
Ciò che scrive l’illustre professore è razionale, ma non è detto che i fautori del “no” siano pazzi. Innanzi tutto la stessa vittoria del “sì” non è scevra di pericoli, in particolare quello di un governo “grillino”. Essa garantirebbe due anni di vita all’attuale governo, ma chi dice che al futuro ballottaggio fra Pd e M5S, nel 2018, vincerebbe il Pd? Soprattutto se da qui ad allora dovessero esserci disastri borsistici o comunitari. E comunque fino ad oggi i ballottaggi hanno favorito il M5S, non il Pd.
L’Italia del dopoguerra ha sempre vissuto nell’ansia del cesarismo. Ha sempre dimostrato un’animosità inestinguibile contro chiunque apparisse energico o carismatico. Lo si è visto con Craxi e ancor più con Berlusconi. Come stupirsi della reazione di rigetto contro un uomo come Matteo Renzi che ha snaturato il Pd (lo afferma Panebianco), lo domina con mano di ferro ed è considerato un arrogante usurpatore?
Dal momento che in caso di vittoria del “sì” al referendum mai e poi mai Renzi si sognerebbe di toccare l’Italicum, avremmo un uomo solo che comanderebbe un solo partito che comanderebbe in una sola Camera, senza possibilità di ricambio, per cinque anni. Se ciò non allarma Panebianco, allarma me.
Rimane comunque il problema di ciò che avverrebbe con la vittoria del “no”. Il panorama – è vero – è incerto. Ma mentre le conseguenze della vittoria del “sì” sono sicuramente pericolose, le conseguenze della vittoria del “no”, essendo incerte, non sono neppure sicuramente pericolose. Se tanti la temono (soprattutto le Borse e l’establishment, anche internazionale) è perché temono soprattutto l’ignoto. Ma quando il noto è già negativo, l’ignoto diviene meno minaccioso.
Caduto il governo, potrebbe formarsene un altro. Magari cambiando soltanto la figura di testa. Tutti coloro che oggi sostengono l’attuale esecutivo lo sostengono per non lasciare la poltrona parlamentare: e questo interesse continuerebbero ad averlo, quand’anche a Palazzo Chigi ci fosse un altro, per esempio Enrico Letta.
Il Parlamento sarebbe obbligato a riformare la legge elettorale, perché tornando in vigore la Costituzione qual era prima dell’attuale riforma, non si potrebbe votare con due leggi elettorali tanto diverse per la Camera e per il Senato. E già questo scongiurerebbe sia il pericolo di un dominio quinquennale di Renzi sia quello di una longa manus di Beppe Grillo.
Fra l’altro, non è che con l’attuale governo si stia vivendo l’età dell’oro. Renzi ha legato le sue sorti al “sì” al referendum quando credeva che, salvando l’Italia, la sua popolarità sarebbe salita alle stelle. E invece l’Italia va come prima e peggio di prima. Le stesse tanto vantate “riforme”, quando non gravemente contestabili e contestate (come quella della scuola) sono cosmetiche e del tutto inefficaci, se si tratta di far uscire l’Italia dalla crisi. Non che il dopo Renzi metterebbe un rimedio a tutto ciò. Avremmo prevedibilmente la solita Italia pasticciona. Ma per quanto riguarda il metter su un nuovo governo, politicamente siamo sempre stati capaci di far uscire un coniglio dal cappello.
Un’ultima nota riguarda l’eterno fascino della “novità”. C’è gente che vota “sì” pur di cambiare e basta. Ma la novità fondamentale sarebbe che il governo sarà inamovibile per cinque anni e potrà fare molto velocemente tutte le leggi che vorrà. Sarebbe un bene? L’Italia è un Paese dalla legislazione frenetica, torrenziale, alluvionale, tanto che gli incaricati di applicare le leggi alla fine non ci si raccapezzano più. Chiedere al primo commercialista che passa. Fare ancora più leggi sarà dunque un tale vantaggio? E chi ci dice che saranno buone leggi, soprattutto dal momento che chi vuole imporle non incontrerà nessun serio ostacolo, come le lunghe discussioni, i molti emendamenti, i molti ripensamenti cui siamo abituati, perfino sotto la minaccia di una crisi di governo? Il concetto di “dittatura della maggioranza” non è mai stato tanto attuale. La stessa riforma del Titolo V della Costituzione, che ora anche i suoi autori giudicano pessima, non ha insegnato nulla? Fu votata “a colpi di maggioranza” ed oggi Renzi dice che è urgente cambiarla.
Il Belgio e la Spagna sono rimasti mesi ed anni senza governo e non ne hanno risentito, fino ad ispirare commenti sarcastici sul sistema democratico. Al governo vorremmo tanto raccomandare la prima massima della Scuola Salernitana: primum non nocere.
Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it
novembre 2015
(1)http://www.corriere.it/opinioni/16_novembre_22/proporzionale-calcoli-politici-sbagliati-2ffee1f4-b021-11e6-a471-71884d41097a.shtml

I PERICOLI DEL “NO”ultima modifica: 2016-11-23T10:23:53+01:00da gianni.pardo
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