LA DIFFIDENZA È PER IL “NO”

Immaginate che vi propongano di accettare o rifiutare quanto segue: entrate in quel cortile; vi troverete una valigetta metallica con un milione di euro, e quel denaro sarà vostro; dentro una busta ci sarà un buono per una crociera intorno al mondo, su una nave a vostra scelta, per due persone; infine il governo Messicano vi offre la permanenza gratuita, spesati di tutto, per un’intera estate, in una villa di Acapulco, vicino al mare; vi avvertiamo soltanto che nel cortile in cui entrerete soli e disarmati, ci saranno quattro coccodrilli del Nilo, affamati. Quanti accetterebbero?
È ovvio che, se si rifiuta un pacchetto, non si considera per ciò stesso negativo tutto ciò che contiene. Può però esserci un elemento che da solo è capace di pesare a sufficienza per il no.
Certe modifiche alla Costituzione, fra quelle proposte dal governo Renzi, potrebbero anche andar bene. Ma i coccodrilli appaiono quando si combina questa riforma con la nuova legge elettorale. Avremmo infatti una Camera sottoposta ad un solo partito, il quale a sua volta potrebbe essere sottoposto ad un solo uomo: e si chiama dittatura.
È vero, bisogna evitare l’ingovernabilità. È vero, sono esistiti dittatori de facto, o legalmente tali, che sono stati benefici per il loro Paese (penso a Pericle, ad Augusto, a Tito, deliciae generis humani, a De Gaulle) ma sono troppi quelli che sono stati tremendi. E a volte tremendi dopo essere stati prima utili, come Nerone. Dunque la cosa migliore è non dare mai a nessuno la mera possibilità di divenire tremendo. Non dico che avrei partecipato alla congiura di Bruto, Cassio e degli altri (mentre avrei partecipato a quella contro Hitler) dico che, benché Cesare mi sia simpatico come generale, come scrittore e come politico, sarei stato contro di lui, perché aveva accettato la carica di dittatore a vita, e non c’era modo di sapere come si sarebbe comportato nel tempo.
Il premio di maggioranza attribuito al partito che vince il ballottaggio anche se, per avventura, al primo turno avesse raggiunto soltanto il 20 o il 25% dei voti – il premio del 53% dei seggi nell’unica Camera rimasta, se non ricordo male – francamente mi spaventa. Se il potere corrompe, cinque anni di potere assoluto corrompono assolutamente, come diceva quel lord. Ecco perché sarei contro questa architettura costituzionale. E poco importa chi sarebbe al top. Non mi piacerebbe vedere in quel posto né Beppe Grillo, né Silvio Berlusconi, né Matteo Renzi, né nessun altro. La famosa “legge truffa” quel premio l’attribuiva al partito che avesse ottenuto il 50% dei voti, non a quello che fosse arrivato primo nella battaglia dei nani.
L’unica obiezione che si può ragionevolmente fare è che la legge elettorale, l’Italicum, non fa parte della riforma costituzionale. Ed è vero. Ma non siamo nati ieri. L’Italicum conviene moltissimo a chi vince il ballottaggio, e state pur sicuri che chi conta di vincerlo, quel ballottaggio, l’Italicum attuale non lo cambierebbe mai. Ecco perché tutte le promesse che Renzi potrebbe aver fatto a Cuperlo, magari su un tovagliolo di ristorante, non valgono nulla. Di Renzi potrei pensare tutto il male possibile, ma non lo reputo uno stupido. E del resto, nel dire di no ad un cambiamento, avrebbe partita facile, perché su una nuova legge elettorale i partiti non si accorderebbero mai, perché ognuno vorrebbe quella che lo favorisce.
Ma questo non è il peggio. Renzi vorrebbe mantenere l’Italicum perché, pensa, lo favorisce. E se poi il primo partito risultasse quello di Grillo? E se fosse questo, il partito che vince il ballottaggio? Renzi si sarebbe procurato – e ci avrebbe procurato – un padrone inamovibile per cinque anni.
Un ultimo dubbio: l’Italicum potrebbe essere cambiato dalla Consulta. Ché anzi, seguendo la precedente giurisprudenza, la Consulta dovrebbe per forza cambiarlo. Ma al riguardo sono troppo vecchio per credere alle simmetrie giuridiche o alla coerenza giurisprudenziale. Chi mi dice che la Consulta, come ha in passato “modellato” il diritto per andare contro Berlusconi, stavolta non lo “modellerebbe” andare a favore di Renzi?
Basta un’osservazione, per dimostrare che anche quello è un organo politico: la seduta della Corte Costituzionale riguardante l’Italicum era fissata per una data ben precedente il referendum, e invece i giudici l’hanno spostata a dopo il referendum per non prendersi la responsabilità politica di influenzarlo. Tutto perfetto? Nient’affatto.
In una democrazia non esiste la responsabilità politica dei verdetti. Giurisdizione significa “dire diritto”, non “dire politica”. Un organo giudiziario fa sapere qual è il punto di vista giuridico su una questione, e non quale decisione è utile a questa o quella fazione politica. Le sentenze andrebbero accolte come gli eventi meteorologici, cose che avvengono per cause fatali, anche quando non le conosciamo bene. Invece la Consulta è stata così cosciente di essere un organo politico, e di essere considerata un organo politico, da astenersi platealmente dal processo, come un giudice notoriamente amico o nemico dell’imputato. E così ci ha indotti a pensare che essa non contava di dichiarare che cosa è costituzionale e che cosa non lo è, ma che cosa è utile a Tizio o a Caio.
Che tristezza. Malgrado ogni mio tentativo di realismo, sono ancora troppo idealista, in materia di diritto.
Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it
30 novembre 2016

 

LA DIFFIDENZA È PER IL “NO”ultima modifica: 2016-11-30T08:57:38+01:00da gianni.pardo
Reposta per primo quest’articolo