I TUOI GUAI NON SONO I MIEI GUAI

In un editoriale del “Corriere della Sera”(1) c’è una frase che dà da pensare: “Trump vuole dar voce ai forgotten men, i dimenticati. Ma è dimenticato un boscaiolo del Wisconsin o un bimbo nero malato e denutrito? Un piccolo commerciante dell’Idaho che ha più tasse che guadagni o un siriano la cui unica scelta è tra la morte sotto le bombe o una fuga verso l’ignoto? Un operaio che perde il lavoro in Michigan o un immigrato che perde la vita nel Mediterraneo?”
Il senso degli interrogativi è che bisognerebbe occuparsi degli uni e degli altri. Ma chi deve farlo? In realtà, il negretto malato non può certo essere aiutato da un altro negretto malato. Certo, dal momento che la frase comincia con la parola “Trump”, qualche sospetto nasce. È il solito principio: i politici, visto che possono farlo, devono prelevare con la forza, dai “ricchi” ciò che serve per le opere buone. A molti ciò sembra ovvio, ma è tutt’altro che sicuro che alla parità dei bisogni corrisponda la parità dei diritti e delle possibilità.
Immaginiamo che in Svizzera si scopra una cura per qualunque forma e stadio di cancro. Purtroppo la terapia costa un milione di euro. Il bisogno sarà uguale per qualunque malato, ma tutti dispongono di un milione di euro? Lo Stato non potrebbe certo permettersi la spesa per tutti i malati. E anche se disponesse di questa somma, in Svizzera ci sarebbero abbastanza dosi di quel medicinale? E non si aprirebbe forse un’asta, fra chi può pagare un milione e chi può pagarne due?
Ad uguali bisogni non corrispondono uguali possibilità di farvi fronte. Né il boscaiolo del Wisconsin – sia pure mettendosi a dieta – né lo stesso Trump potrebbero salvare i negretti africani. Non ne hanno né la possibilità né il dovere. E questi sono i due capitoli essenziali.
Per quanto riguarda la possibilità, la risposta per i piccoli denutriti dell’Africa non è la carità dei Paesi ricchi. Non ci si può far carico di intere popolazioni, per sempre; e se lo si facesse, esse si moltiplicherebbero in modo esponenziale, fino a rendere impossibile la prosecuzione del programma. La soluzione del problema deve essere razionale. I diseredati devono imparare che non devono mettere al mondo dei figli se non sono sicuri di poterli nutrire. E poi devono migliorare la loro economia. La prosperità, o almeno un’accettabile sopravvivenza, si ottiene con la produzione di ricchezza, non tendendo la mano. L’elemosina non è costante e non ci si può contare. Come si dice, chi ti regala un pesce ti fa mangiare oggi, chi ti insegna a pescare ti regala pesce per tutta la vita. A condizione che tu accetti d’andare a pescare, naturalmente. E senza aspettarti che ti regalino la canna o la rete.
L’articolo finisce con le parole: “Gramsci, se ci sei, batti un colpo”, ma bisognerebbe segnalare a Cianca che, purtroppo, Gramsci batterebbe il colpo sbagliato.
Passando al secondo capitolo, ci si può chiedere se sia vero che si ha il “dovere” di aiutare i poveri del mondo. Evidentemente si parla di dovere morale e dunque chi vuole provvedere a quell’aiuto – persona nobilissima – non deve pretendere che lo faccia lo Stato. Perché lo Stato lo farebbe anche a spese di coloro che non possono essere costretti a pagare per un dovere morale sentito da altri. Cianca poteva non citare Trump.
Gli uomini non hanno nessun dovere nei confronti degli altri popoli. Se li aiutano (a loro spese) meritano i nostri applausi, ma ciò non significa che quelli che non lo fanno siano “cattivi”. Sono semplicemente normali. A volte sono perfino persone generose, scottate dall’esperienza.
L’idea di fondo dei cristiani e della sinistra è insieme infantile, morale e autoritaria: i ricchi sono ricchi perché si sono arricchiti sfruttando i poveri. Dunque la soluzione è togliere ai primi quel che hanno in più e darlo ai secondi. Stupidaggini. Nei Paesi ricchi, i “poveri” vivono come nababbi rispetto al negretto che muore di fame. Il problema infatti non è come distribuire la ricchezza, quasi che già ci fosse, il problema è come produrla. E se è copiosa, ricadrà fatalmente sui molti, mentre se è scarsa, quelli che staranno peggio sono i poveri.
Quell’editoriale rivela facilmente la mentalità utopica e irrealistica della sinistra e della religione, le quali non sopportano il fatto che il massimo di prosperità si ottiene lasciando la gente libera di produrre ricchezza e godersela. Come notavano giustamente i primi economisti, è dall’egoismo ben incanalato dei singoli che nasce la prosperità nazionale, non dalle loro virtù.
Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it
2 dicembre 2016
(1)http://www.corriere.it/opinioni/16_novembre_29/cecita-sinistra-migranti-tecnologia-9a309eec-b589-11e6-a2c1-e1ab33bf33ae.shtml

I TUOI GUAI NON SONO I MIEI GUAIultima modifica: 2016-12-02T15:31:28+01:00da gianni.pardo
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