FINALMENTE IL REFERENDUM

E siamo a sabato tre dicembre 2016. C’è da tirare un grande sospiro di sollievo. Quanto meno, già oggi non si battaglierà più sul referendum, e da dopodomani non ci si chiederà più se prevarrà il “sì” o il “no”. Questo dilemma che ci ha tormentato per mesi avrà una soluzione.
Quando annunciò il referendum, Matteo Renzi promise che, prevalendo il “no”, avrebbe addirittura abbandonato la politica. Per alcuni, cosa molto allettante, ma sul momento mitologia. Il premier minacciava quell’esito proprio perché era improbabile. Lo scopo di quell’impegno era intestarsi la vittoria, sottolineando che gli italiani erano stati terrorizzati dall’idea che lui potesse andarsene. E invece, per molti, la semplice ipotesi teorica di veder andar via uno sbruffone fuori scala era già un sogno. Infatti l’ipotesi del “no” divenne ogni giorno più probabile. Renzi rinviò la data, per darsi tempo di recuperare, ma forse il rimedio fu peggiore del male. Lo diranno le urne.
E qui bisogna chiedersi perché tanta animosità nei suoi confronti. La risposta più probabile è: crisi di rigetto personale. Molti potrebbero obiettare che in una materia così importante bisogna votare per ragioni politiche, non per ragioni di gusto o d’altro genere. Giusto. Ma di fatto la stragrande maggioranza dei votanti non deciderà per ragioni tecniche, ma “contro Renzi” e basta. Così come altri voteranno per la stabilità, perché è stato detto che il “no” comporta dei rischi. O perché una riforma – qualunque riforma – è migliore dell’immobilità. Lo stesso Renzi, che tanto si è battuto per il “sì”, non lo ha fatto per la riforma, ma perché ormai ne va della sua testa.
Ecco perché sarebbe bene che ognuno fosse onesto almeno con sé stesso. Chi vota “no” solo per abbattere Renzi, che lo dica. Chi vota “sì” per paura dell’instabilità deve confessarselo: “Voto sì per paura, non per Renzi e non per la riforma”. Come fa Romano Prodi. Gli stessi parlamentari favorevoli al sì dovrebbero riconoscere che la loro prima preoccupazione è che, se cadesse il governo, loro a Roma ci tornerebbero soltanto da turisti. E questo vale per tutti gli appartenenti al Nuovo Centro Destra.
Insomma se questo referendum è divenuto una sorta di guerra civile, è perché non si tratta di una semplice riforma costituzionale. Se Renzi si è impegnato allo spasimo per ottenere il voto favorevole (immagino parlando alle telecamere anche nel sonno, per non sprecare le otto ore della notte) è perché i sondaggi col tempo sono divenuti molto pessimisti, per lui. La passeggiata trionfale verso il sole rischia di trasformarsi in una mesta marcia verso ovest, modello Beresina. Renzi ha persino riconosciuto che avere personalizzato il referendum è stato un errore, ma ormai non gli è rimasto che battersi come un leone – un leone spudorato – per vincere malgrado le previsioni ora divenute sfavorevoli. E così non ha risparmiato energie, denaro, dignità, nessun espediente. Ha perfino corso il rischio di urtare i cittadini con la sua onnipresenza, la sua insistenza, la sua invadenza. Ma bisogna perdonargli: in lui agisce l’istinto di sopravvivenza politica. Infatti ormai, se, sconfitto, non si dimettesse, sarebbe assordato e sommerso da una valanga di fischi ed altri rumori irriferibili.
Sulla base di questo criterio di “verità che non fa onore”, chiedo a me stesso il vero motivo per cui voto “no”, e confesso immediatamente che anch’io voglio mandar via Renzi. Qualcuno mi potrebbe opporre: “Ma se ritenessi la riforma ottima, voteresti ancora no?” E sono costretto a rispondere che voterei a favore della riforma. Infatti il realismo impone di preferire un proprio vantaggio ad un dispetto da fare ad altri. Ma dal momento che la riforma è sbagliata, non ho questo problema.
Durante il suo ultimo governo ho avuto molta difficoltà a sopportare Romano Prodi. Non mi piaceva il suo sorriso sdentato, la sua bonomia da parroco di campagna, il suo modo di parlare ed altro ancora, ma sostanzialmente era un professore perbene. Veramente inaccettabile era la sua compagine ministeriale. Il professore frequentava brutta gente, e infatti era costretto a fare miracoli per tenere su un governo legato con lo spago.
Quella contro Renzi è invece una reazione fondamentalmente estetica ed umana. E per spiegarla basta indicare il suo opposto: Enrico Letta. Questi è un gentiluomo dal parlare misurato, dalle promesse magari poco verosimili ma non insultanti per l’intelligenza, dalle vanterie ridotte a quel minimo che è necessario per non dichiararsi perdenti. E comunque niente rodomontate. Niente progetti alla Münchhausen. Niente insulti e sarcasmi nei confronti degli avversari. Niente volgarità. E non sto parlando di parolacce, sto parlando di volgarità sostanziali. Di arroganza, di sicumera, di atteggiamenti provocatori. Di ogni sorta di hybris, per dirla alla greca. E poi: “Bugie, bugie, bugie ben confezionate, ma bugie, bugie, bugie”.
Da dopodomani la musica cambierà totalmente. O Renzi sarà pesantemente ridimensionato, e quasi mi dispiacerà per lui, oppure vincerà, e potrebbe rivelarsi qualcosa di straordinario: la più grande fortuna che l’Italia ha avuto dalla riunificazione o una disgrazia inferiore soltanto a quella che rappresentò Mussolini.
Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it
3 dicembre 2016

FINALMENTE IL REFERENDUMultima modifica: 2016-12-03T09:08:44+01:00da gianni.pardo
Reposta per primo quest’articolo