L’ITALIA RADOTE. E ANCH’IO

In francese “radoter” significa ripetere sempre le stesse cose ed essere rimbambiti. Per conseguenza, finché si può, bisognerebbe astenersene. E tuttavia può verificarsi una situazione paradossale. Il singolo può avere l’impressione che siano gli altri, a farlo. Sicché ha soltanto la scelta tra stare zitto e rispondergli ogni volta, finendo con l’aver l’aria di “radoter”. Brutta alternativa.
È chiaro che parlo del mio caso. Può darsi che mi sbagli, in ciò che ripeto: ma non per questo riesco a cambiare opinione. Se tendo l’orecchio, ho l’impressione che in Italia si ripeta instancabilmente: 1. che siamo in crisi; 2. che dalla crisi ci possa trarre fuori la politica e 3. che, chissà, proprio i cambiamenti politici cui assistiamo in questo momento potrebbero operare il miracolo. Di questi punti è vero soltanto il primo: per il resto, tutte sciocchezze.
Per molto tempo l’Europa, credendo nel liberismo economico, è stata sempre più prospera. Pensiamo al periodo che va dall’inizio della rivoluzione industriale più o meno alla fine del XIX Secolo. Che quella prosperità derivasse o no dalla teoria economica seguita, non è quello che ora interessa. Poi sempre di più si cominciò a dubitare di quel modello, e l’ideologia cui si appesero le speranze per il futuro fu il marxismo. Il marxismo, si badi, non si contrapponeva ad una ideologia fallita: piuttosto ad una ideologia vincente nel presente, ma da battere nel futuro.
Per tutto il tempo in cui è esistita l’Unione Sovietica c’è stato un mondo miserabile – quello in cui si tentava di mettere in pratica il marxismo – e un mondo prospero, quello Occidentale. Ma a quest’ultimo mondo faceva concorrenza un mondo ancor più prospero, e sicuramente più moralmente e socialmente giusto, quello costituito dall’ideale che avrebbe dovuto realizzare il marxismo. La suggestione era così forte, che lo stesso mondo libero, spinto dalle speranze della gente, abbandonò via via la fedeltà al liberismo, fino a divenire dovunque “socialista”.
Poi è implosa l’Unione Sovietica, l’umanità finalmente si confessò i guasti prodotti da quel sistema illiberale, e si pensò anche (la famosa “fine della storia”) che non ci fosse più nulla da aspettare. Si era raggiunto il modello perfetto. Purtroppo, facendo un dispetto a Fukuyama, la storia è andata avanti e ci ha portati al presente. Quello che mi induce a “radoter”.
Le società contemporanee non credono più nel comunismo. Non credono più nel liberismo. Sono oppresse dalla pressione fiscale e dallo statalismo provocati dal loro amore per il socialismo, e tuttavia non hanno idea della direzione da prendere. Sono così convinte di avere il modello giusto, che i difetti li cercano dovunque, e mai nel modello stesso. Ecco perché l’idea che la politica ci possa trarre fuori dalla crisi è sbagliata. I politici non possono proporre nulla, sia perché non hanno idea di che cosa proporre, sia perché la gente comunque non li ascolterebbe: vorrebbe un cambiamento, a patto che non si cambi.
Oggi siamo nel pieno di una crisi di governo e molta gente si chiede che cosa farà Paolo Gentiloni di nuovo e diverso. Domanda futile. In primo luogo abbiamo un partito che veleggia intorno al 30% e utilizza questa potenza soltanto per parlare a vanvera. Il M5S aspetta di ottenere da solo più del 50% dei voti, per guidare il Paese, e non si rende conto di essere fuori dalla realtà. Fra l’altro, se il Diavolo gli regalasse Palazzo Chigi, si accorgerebbe che nessuno può fare l’impossibile. Che al governo ci sia Gentiloni, un dipendente di Beppe Grillo o chiunque altro, l’alternativa è tra: “fare come” e “fare peggio”. Il cammino del governo è libero quanto lo è quello del viaggiatore che attraversa le gole di Petra.
Il M5S è in frigorifero, Forza Italia non vuole partecipare al governo, dunque l’unica maggioranza possibile è quella uscente, come lo stesso Gentiloni ha subito e lealmente riconosciuto. Dunque rivedremo – se non esattamente tutte le stesse facce – certo la stessa maggioranza, la quale tirerà a campare fra impossibili, o quasi, accordi sulla nuova legge elettorale; crisi di banche; crisi di borsa; crisi comunitarie, e ciò sperando che non crolli tutto. Navigando a vista – come non mi stanco di ripetere, nel mio “radotage” – fino all’evento risolutivo. Certo, non sappiamo quale sarà esattamente, ma, al contrario di Fukuyama, siamo convinti che la storia non possa fermarsi e al massimo possa provocare disastri cui non avevamo pensato.
Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it
11 dicembre 2016

L’ITALIA RADOTE. E ANCH’IOultima modifica: 2016-12-11T17:39:51+01:00da gianni.pardo
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