A CHE SERVE LA SCUOLA

Per la scuola va come per la morale, non esistono incompetenti. E in fondo la cosa si spiega: ognuno ci ha avuto da fare, sicché un’opinione ce l’ha. Cionondimeno questa frequentazione, anche quando è stata lunga, non impedisce cantonate monumentali. In particolare perché la scuola suggerisce falsi ragionamenti così suggestivi, che ben pochi riescono a non farsene ingannare. E qui l’errore più frequente si commette quando si tratta di stabilire a che cosa serve.
Lo scopo generale viene indicati da tutti – giustamente – come una preparazione alla vita. E infatti un analfabeta infatti ha ben poche possibilità di avere una vita comoda e prospera. Poi, quanto maggiori sono le conoscenze e il livello di educazione, tanto più facile sarà che si viva bene. Lo scopo primario è una certa somma di conoscenze di base, dall’alfabetizzazione al far di conto: il programma delle scuole elementari, insomma. Poi, quanto più si va avanti negli anni, tanto più lo scopo diviene non la preparazione “di base”, alla vita, quanto la preparazione “professionale”, all’attività economica.
Questo mutamento di indirizzo è reso evidente dall’esistenza stessa delle università, che si chiamano così perché comprendono l’insieme, l’universitas degli studi. Ciò però non significa che esse pretendano di insegnarli tutto a tutti, ché anzi sono divise in facoltà eminentemente settoriali. Un giovane che si iscrive nella facoltà di medicina non studierà altro e non si limiterà a cercare di avere ottime nozioni sul corpo umano, soltanto per amore della conoscenza: vorrà divenire un dottore e vivere di quella tecnica.
La discussione più accanita nasce a proposito della scuola secondaria. Questa non si limita alle conoscenze di base e nel frattempo non è a vocazione essenzialmente settoriale. Rappresenta un compromesso e molti si chiedono (soprattutto a proposito del liceo classico) perché un giovane di diciannove anni, già pronto al lavoro come muscolatura, come maturità e come “cultura”, debba conoscere due lingue morte e tre letterature senza poi essere in grado di esercitare nessuna attività produttiva. “Ha studiato per tredici anni, perché non deve avere un mestiere, per le mani?”
Ciò che non si comprende è che la migliore scuola secondaria non ha lo scopo di insegnare “qualcosa”: essa insegna ad imparare. Alla fine degli studi il giovane non sa usare un cacciavite o riparare una tapparella ma spesso, come insegna un luogo comune, i migliori ingegneri provengono dal “classico”. Il diplomato imparerebbe a riparare le tapparelle in meno tempo e meglio di chi ha soltanto lavorato con le proprie mani e nel frattempo sarebbe in grado di leggere e capire un libro di diritto o di biologia.
Sembra inverosimile, ma una parte fondamentale dell’istruzione consiste nel comprendere la propria lingua. Soprattutto quella scritta. Infatti la maggior parte delle persone, qualunque apparecchio compri, non prova neppure a leggere le istruzioni: perché sa in anticipo che non le capirebbe. La scuola con loro ha fallito.E spessissimo non le capiscono neanche coloro che hanno seguito corsi tecnici. È l’intera scuola italiana, che ha fallito. Infatti non si può certo star sicuri che questi “letterati” capiscano sul serio Dante. E i test Invalsi ce lo dimostrano.
Insegnare un mestiere ad un ragazzo di sedici anni va benissimo se se ne vuole fare soltanto un falegname. Se invece frequentasse una buona scuola, domani potrebbe scegliere se divenire un falegname – e in questo caso imparerebbe il mestiere in metà tempo – oppure se frequentare l’università e divenire un raffinato professionista.
Il più alto livello dell’intelligenza non è la tecnica, è la comprensione dell’arte e l’astrazione,. Ne è prova il fatto che a quest’ultima i ragazzi non giungono prima dei quattordici anni. E non perché siano stupidi: è soltanto che il loro cervello non è ancora sufficientemente maturo. Del resto, anche in seguito all’astrazione arrivano soltanto coloro che sono adeguatamente sollecitati. Ecco a che serve la filosofia, ecco a che serve la matematica e addirittura il bridge o gli scacchi: quelle materie che a molti superficiali sembrano “inutili” e invece stanno alla conoscenza come l’atletica sta al corpo umano. Chi si allena per i 1.500 metri “non va da nessuna parte”, ma ha un corpo incomparabilmente più efficiente del sedentario.
Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it
10 dicembre 2016

A CHE SERVE LA SCUOLAultima modifica: 2016-12-15T07:23:34+01:00da gianni.pardo
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