L’EROE IN GALERA

Non starò a descrivere le circostanze dell’uccisione del terrorista tunisino a Sesto San Giovanni. Mi interessa infatti soltanto un particolare sentito in televisione, poco dopo il fatto: Luca Scatà, il poliziotto siciliano, avrebbe sparato ad Anis Amri mentre costui, dopo avere ferito l’agente Cristian Movio, tentava la fuga. È proprio andata così?
Se la notizia è vera, ce ne fornirà la certezza l’autopsia dello sciagurato giovane. E purtroppo, se risultasse che Amri è stato colpito alla schiena, Luca Scatà sarebbe colpevole di omicidio volontario.
Intendiamoci, Scatà ha schiacciato un verme velenoso; egli ha realmente diritto alla gratitudine della nazione, gratitudine che gli hanno espresso addirittura il Ministro dell’Interno e lo stesso Primo Ministro: ma nondimeno la sua azione costituirebbe un omicidio volontario.
Rimane lecito sperare che la notizia sia inventata. Che l’averla lanciata dimostri soltanto l’ignoranza, l’incoscienza e la superficialità di un giornalista. Cosa che non ci stupirebbe, vista la considerazione che abbiamo della categoria. Ma sarebbe lo stesso allarmante. Che egli se ne sia reso conto o no, le sue parole corrispondono a dare dell’assassino a un galantuomo, se la notizia non è vera. E se invece è vera – e come l’ho sentita io l’avranno sentita altri – essa procurerà al Paese una grana di non poco conto.
Infatti il governo, per ragion di Stato, potrebbe essere tentato di tenere segreto il risultato dell’autopsia, in modo da non rendere pubblico il particolare “giuridico” dell’operazione. Infatti sa benissimo che l’intero popolo italiano insorgerebbe, vedendo processare “un eroe”. Un grosso problema avrebbero pure il ministro Minniti e lo stesso Premier, che avrebbero praticamente onori nazionali a qualcuno che poi viene licenziato dalla polizia e si condanna ad anni ed anni di carcere.
Quel ch’è peggio, è che la nostra legislazione non offre scappatoie. E al riguardo può essere opportuno stabilire il parallelo fra il nostro concetto di legittima difesa e il concetto statunitense. Secondo il nostro codice, intanto si può uccidere qualcuno, in quanto questo sia, almeno presumibilmente, l’unico modo di salvare la propria o l’altrui vita. Invece, per esempio a New York, si può essere assolti per avere agito in preda ad un’emozione così forte, da togliere lucidità e senso di responsabilità. Dunque a New York Scatà quanto meno potrebbe essere assolto, in Italia no. Perché un uomo che fugge, se pure dopo avere sparato per uccidere, non mette in pericolo né la vita di chi gli spara né di nessun altro.
Brutta faccenda, veramente. È vero che il codice penale non è un decalogo dettato al legislatore sul Sinai, ma è un testo che la gente percepisce come il presidio dei più sacri principi. Sarebbe grave se l’intero sentimento della nazione andasse in una direzione e la sentenza della magistratura in un’altra.
E tuttavia, se quel giornalista non ha parlato a vanvera, non basterebbe nascondere i risultati dell’autopsia. In democrazia i fatti finiscono sempre col venire a galla. Fra l’altro, in un caso del genere le persone a conoscenza del fatto sarebbero tante, da non potere garantire la segretezza. Così, oltre alla cattiva figura di avere frettolosamente onorato e additato all’ammirazione della nazione un assassino, lo Stato rischierebbe l’accusa (fondata) di essersi servito del suo potere per ingannare i cittadini e proteggere il colpevole di un gravissimo reato.
Non mi era mai capitato di sperare tanto che il giornalista che ha fornito quella notizia sia un mitomane. E mai il mio pessimismo, riguardo a quella categoria di lavoratori, mi aveva dato tante speranze.
Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it
23 dicembre 2016

L’EROE IN GALERAultima modifica: 2016-12-23T20:03:49+01:00da gianni.pardo
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