IL SALVATAGGIO DEL MPS

Lo Stato salva il Monte Paschi di Siena e riconosce che la condizione generale delle banche italiane è così florida, che il Parlamento, invece di stanziare soltanto i cinque miliardi che servono per salvare la banca toscana, ne ha stanziati venti, in previsione di altri naufragi.
Ci si può scandalizzare? Nient’affatto. Non soltanto l’Italia ha una lunga tradizione, quando si tratta di accollare allo Stato le passività dei privati, ma altri Stati, più importanti e pesanti di noi, come la Germania e gli Stati Uniti, hanno investito miliardi e miliardi per salvare qualche loro banca. Dunque, nihil novi.
Stavolta non ci si può neppure scandalizzare per il fatto che questi “risanamenti” siano operati a spese dei contribuenti, perché lo Stato si limiterà a fare ancora debiti. Tanto, abbiamo circa 2.300 miliardi di debiti, che volete che siano venti di più? Saranno venti di più che non rimborseremo, come gli altri. Ché anzi, perché non aboliamo il fisco e viviamo di debiti?
Negli Stati Uniti, quando c’è stata la crisi dei “subprime”, per prima cosa, in obbedienza ai principi dell’economia classica, il governo lasciò fallire la Lehman Brothers. Poi, spaventato, scese a più miti consigli e salvò il resto del sistema. A credito. E tuttavia pare che sia stato abbastanza abile per limitare i danni o addirittura non perderci, in qualche caso. L’operazione è infatti rimasta nel ricordo come una delle mosse di successo di Obama. Ma non altrettanto pare possa dirsi degli analoghi salvataggi operati in Germania e in altri Paesi e comunque – francamente – nessuno pensa che il nostro governo sia capace di risanare il Monte Paschi fino a renderlo produttivo e perfino a guadagnarci.
Programmatico pessimismo anti-italiano? Semplice esperienza. L’America ha una cultura imprenditoriale diversa dalla nostra e una mentalità meno statalista. E tuttavia, se è vero che stavolta lo Stato non ci ha perso molto, è un miracolo. E i miracoli non sono la regola. Anche in Italia ne abbiamo avuto uno: il governo affidò l’Eni a Enrico Mattei perché lo liquidasse, e lui lo trasformò invece in un efficiente gigante petrolifero. Ma da noi la regola pressoché assoluta è stata che “nazionalizzazione” ha sempre significato “deficit cronico”. Anche i salvataggi formalmente “a spese dei privati”, sono stati dei disastri, basti pensare all’Alitalia.
È soltanto quando i regolamenti europei hanno posto un freno a questa panacea di Stato che è nato il problema di come salvare le grandi imprese decotte. Decotte ma con molti dipendenti, aventi peso politico: i piccoli possono anche schiattare. E ora il governo dice alle banche, con gli occhi umidi: “Noi vi aiuteremmo, ma non ce lo permettono”. Ed anzi, nel caso del Mps: “Non ce lo permettono, ma lo facciamo lo stesso. Eventualmente qualcun altro raccoglierà i cocci”.
Il problema è: l’Europa è sadica o ha ragione? Se un’impresa – qualunque impresa – stabilmente incassa meno di quanto spende, se cioè è tecnicamente fallita, o le condizioni di mercato sono cambiate talmente, che per quel tipo di impresa non c’è più posto, oppure essa è incapace di sopravvivere per ragioni sue. In ogni caso, bisognerebbe lasciarla fallire. È inutile operare un malato che si prevede morirà comunque entro un mese. È vero, a volte imprese in pericolo sono “rilevate” da altre imprese, più capaci dal punto di vista imprenditoriale, e ridivengono produttive. Ma lo Stato può pretendere di essere migliore amministratore dei privati?
Non soltanto abbiamo constatato mille volte che in concreto non lo è, ma non lo è nemmeno teoricamente. Mentre l’impresa ha come unico scopo il profitto, lo Stato ha preoccupazioni etiche, sociali e politiche che non sempre si conciliano con la redditività. Dunque ogni nazionalizzazione si risolve in un peso sul bilancio pubblico. Non soltanto oggi rischiamo di versare cinque miliardi statali per salvare il Mps, ma rischiamo di doverne versare altri, in futuro, come del resto ne abbiamo già versati in passato. Il Mps è una banca che produce soltanto deficit.
L’Europa non ha ragione, ha mille volte ragione. Il fatto che abbia permesso dei salvataggi bancari in Germania, in Spagna e altrove, non prova affatto che prima abbia fatto bene. Al contrario dimostra che nella nostra epoca non ci si rende conto che accumulando errori non si arriva alla soluzione, si arriva soltanto ad un errore più grande. Noi in particolare accumuliamo debiti come se non esistesse il semplice concetto fisico di “punto di rottura” e forse, un giorno o l’altro, la realtà ci costringerà ad un ripasso scolastico.
Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it
23 dicembre 2016

IL SALVATAGGIO DEL MPSultima modifica: 2016-12-24T13:54:23+01:00da gianni.pardo
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