LA COINCIDENZA CHE PARALIZZA

Da anni, in un crescendo tanto surrettizio quanto implacabile, l’intervento della magistratura è stato sempre più invasivo. Tempo fa, gli inquirenti sembrarono perseguitare soprattutto una fazione politica, ed anzi un solo uomo, Silvio Berlusconi. Era già abbastanza scandaloso, ma in seguito questa intrusione si allargò a tutti i fenomeni in cui si poteva riscontrare un “côté” giuridico, finché è finita che alcune leggi sono state completamente stravolte, altre ribaltate (per esempio in materia di procreazione assistita) e anche oggi molte decisioni che avremmo ritenuto di esclusiva competenza del legislativo, per esempio le leggi elettorali, sono passate nelle mani di questi funzionari togati. Professionisti tanto onnipotenti quanto irresponsabili.
Probabilmente il fenomeno ha avuto la sua causa nascosta nel disgusto del popolo per i politici, giudicati in blocco degli incapaci, ad andar bene, o più semplicemente dei ladri. Ma qui non importa stabilire quanto sia giustificata questa condanna, e quanto qualificato sia il popolo ad emetterla. Importa soltanto che alla base di tutto c’è una diffidenza totale nei confronti di chi ha il potere. Così istintivamente si ricorre ad un’autorità superiore, astratta, non corrotta e neutrale, cioè la legge scritta. E naturalmente, per la sua applicazione, al magistrato ritenuto per sua natura colto, onesto, imparziale ed estraneo alla materia del contendere. Infatti la gente ignora che anche la giustizia cammina sulle gambe degli uomini.
Questo schema – nato dalla scoperta della corruzione, cioè dell’acqua calda, al tempo di “Mani Pulite” – nasce dalla perniciosa illusione che si possa condensare la vita in un codice. Se fosse vero si potrebbero abolire il Parlamento, e la democrazia, lasciando che il Paese sia guidato da un “Regolamento” che ha previsto ogni ipotesi, una volta per tutte, tanto che rimane soltanto il compito di sbattere in galera chi ne viola il minimo comma.
Si dimentica che il potere esecutivo è diverso dal potere legislativo proprio perché, mentre quest’ultimo non si occupa di minuzie, l’esecutivo, in tutte le sue infinite ramificazioni, è chiamato ad occuparsi della realtà nelle sue mille sfaccettature. Magari imprevedibili nel momento in cui fu emanata la norma che regola la materia.
Nella realtà, se invece del bene della nazione ci preoccupiamo in primo luogo di “arrestare i mariuoli”, come si disse negli Anni Novanta, e se moltiplichiamo regolamenti e controlli, da un lato freneremo l’azione dell’Amministrazione, dall’altro allungheremo i tempi e moltiplicheremo i costi. Per non dire che – quando la legge è minuziosissima – si finisce col punire anche chi ha agito in buona fede: col risultato che molti galantuomini esiteranno a mettere una firma dovuta, bloccando l’iter di un’azione utile alla collettività. E non si può nemmeno dire che siano stupidi. Qualche pubblico ministero, in base a qualche legge dimenticata, potrebbe sempre reputarli colpevoli di qualcosa.
Si direbbe che in Italia si siano realizzati un paio di contrasti tanto inverosimili quanto dannosi. Il primo luogo abbiamo una legislazione così impegnata a combattere la corruzione da riuscire a paralizzare l’azione dell’Amministrazione, mentre non elimina lo stesso la corruzione. In secondo luogo si ha una diffidenza così grave nei confronti dei politici, da consegnare troppo potere ai magistrati, dimenticando che mentre almeno i politici sono responsabili di fronte all’elettorato, i giudici non sono responsabili di fronte a nessuno. Tanto che possono porre in atto attività sostanzialmente politiche, magari nocive, senza pagare pegno.
Il massimo contrasto è comunque fra la richiesta di una straordinaria moralità nei personaggi pubblici, da parte d’un popolo che non è più morale di loro. Troppi impiegati pubblici – e sono milioni – battono fiacca. Troppi firmano il registro di presenza e vanno a fare gli affari loro. Troppi profittano, nella misura in cui possono, del loro “posto” statale, ed hanno, nel loro piccolo, gli stessi vizi che vorrebbero vedere puniti nei politici. I quali politici, del resto, vengono dal popolo, non dalla Luna.
La volontà del popolo di continuare a fare i propri comodi, anche contro la legge e il buon senso si vede nel fatto che esso si è dato delle norme che lo proteggono in tutti i casi. I sindacati infatti hanno difeso anche quegli impiegati dell’aeroporto che frugavano nei bagagli dei viaggiatori per rubare ciò che valeva qualcosa. Gli stessi magistrati del lavoro, facendosi eco della volontà popolare, sono pregiudizialmente a favore dei dipendenti e contrastano appena possono tutti i provvedimenti disciplinari, e si oppongono anche a licenziamenti a volte più che ragionevoli. Il popolo si organizza per evadere le tasse, fin dove può, e poi invoca Dracone per gli evasori. Che sono sempre gli altri. In queste condizioni, che speranze vogliamo avere?
Non è un pessimismo di facciata. È che nel nostro caso c’è coincidenza fra il moralizzatore, cioè il popolo, e chi ha bisogno di essere moralizzato, cioè lo stesso popolo. Se c’è un immenso conflitto d’interessi, nel nostro Paese, è questo.
Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it
29 dicembre 2016

LA COINCIDENZA CHE PARALIZZAultima modifica: 2016-12-29T08:20:59+01:00da gianni.pardo
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