WHATEVER IT TAKES. IT TAKES A MIRACLE

L’euro a due velocità

La differenza fra le economie sane del Nord – come sempre in prima linea Germania e Olanda – e le economie malate del sud – come sempre in prima linea Italia, Francia, Spagna – è evidente. È pure evidente che l’euro tedesco è sottovalutato, e quello italiano, di cui qui ci occuperemo, è sopravvalutato. La Germania dovrebbe avere una moneta più forte, e l’Italia dovrebbe avere una moneta più debole.
In Europa si parla anche di riformare l’intera Unione Europea, ma questo è un programma che può attendere, mentre per quanto riguarda la moneta il problema è impellente. Magari a seguito di qualche sciagurato risultato elettorale è sempre possibile una tremenda crisi di Borsa, rispetto alla quale quelle passate sarebbero uno scherzo.
Per l’Europa si pensa di limitare i danni (e rinviare i problemi) ipotizzando due velocità: cioè una scissione dell’euro in euronord ed eurosud. Ne ha parlato anche la cancelliera Merkel. L’eurosud sarebbe naturalmente svalutato, rispetto all’euronord, rendendo più competitive le economie dei Paesi che l’adottano, così che il loro pil possa finalmente riprendere a correre. Ma il piano è realizzabile?
Le svalutazioni competitive sono uno strumento efficace quando riportano una moneta al suo vero valore di scambio. E infatti il loro quantum non può essere arbitrario. Se si credesse che più si svaluta meglio è, bisognerebbe dire che la svalutazione ideale è il valore zero, quando i prodotti nazionali vengono regalati. Un’assurdità. La svalutazione deve essere calibrata sulle necessità di un dato Paese, in modo da incoraggiare le esportazioni e scoraggiare le importazioni nella misura desiderata. Già questo significa che non andrebbe bene una svalutazione unica per tutto l’eurosud. I diversi Paesi hanno economie diverse e richiederebbero svalutazioni diverse. Inoltre, se un Paese avesse bisogno di una forte svalutazione, bisognerebbe che questa fosse applicata gradualmente. Ma proprio tutti questi limiti creano un grande punto interrogativo, riguardo al presente.
La svalutazione conseguente alla creazione dell’eurosud, pure correggendo il divario eccessivo attuale, essendo necessariamente unica, rischierebbe comunque di essere troppo forte per alcuni, e troppo debole per altri. È sempre meglio che ciascuno torni alla propria moneta, in modo da poterla manovrare secondo le proprie personali necessità. Nel nostro caso, dal momento che non svalutiamo dal 2002, in quanto legati all’euro, dovremmo chiederci di quanto si è indebolita la nostra moneta, in questi tre lustri e come potrebbe l’Italia incassare di botto una svalutazione, rimanendo ottimisti, del 10 o del 20%. O comunque di quella che determinerebbe il mercato dei cambi, anche molto superiore. Questa svalutazione comporterebbe, per cominciare, un aumento del 10, del 20 o del 30% di tutti i beni importati. Basta pensare alle commodities, come petrolio, grano, lana, cotone, caffè e via dicendo. Questa operazione chirurgica è necessaria, ma il paziente sopravvivrà?
Né minore è il problema del debito pubblico. Nel momento in cui si cominciasse a parlare di euronord ed eurosud, i possessori di quelli che sarebbero destinati a divenire eurosud cercherebbero al più presto di sbarazzarsi dei propri titoli, prima che la svalutazione ne decurti il valore; e dunque li rovescerebbero in massa in Borsa, facendo fallire l’Italia, la Francia e tutti gli altri candidati all’eurosud. La Bce non potrebbe far fronte ad un simile attacco corale. E non è nemmeno detto che i Paesi dell’euronord le consentirebbero di provarci.
L’unica soluzione sarebbe quella di calmare in anticipo le ansie dei creditori, assicurandogli che saranno rimborsati in euronord, ma anche questa operazione sarebbe fin troppo in salita. Per il debito pubblico italiano un aumento del 20% corrisponde a 440mld, e un aumento del 30% a 660mld: i creditori che già non credono al rimborso di 2.200mld, come potrebbero credere alla promessa di rimborso di 2.640 o 2.860mld? Dove troverebbe l’Italia tutti gli euronord necessari per rimborsare questi debiti? Anche in questo caso potremmo essere costretti a dichiarare fallimento. Magari provocando, con l’effetto domino, il fallimento di molti altri Paesi. La verità vera è che l’Italia (ma non solo essa) è da tempo insolvibile, e alla fine qualcuno griderà che l’imperatore è nudo.
Molti rispondono che l’Italia potrebbe stampare moneta in quantità, pagando i debiti al loro valore facciale. Ma a questa soluzione si risponderà con altro apposito articolo. Qui si dice soltanto che rischieremmo un’inflazione modello Weimar.
I disastri possibili sono così gravi, che si è quasi tentati di dare ragione a Draghi, quando parla di “euro irreversibile”, ma non nel senso che lo sia, nel senso che sarebbe bello lo fosse. Il pericolo infatti non è che i singoli Stati lo revochino, il pericolo è che lo revochino le Borse, e contro di esse non c’è difesa. Finché si tratta di scaramucce, basta un Quantitative Easing; quando si tratta di guerra, perde chiunque.
Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it
febbraio 2017_______________________________________
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G.P.

WHATEVER IT TAKES. IT TAKES A MIRACLEultima modifica: 2017-02-08T14:51:33+01:00da gianni.pardo
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