LA GIUNGLA DEL CYBERSPACE

Oggi si parla di porre un freno agli eccessi del cyberspace, soprattutto quando questi eccessi si scontrano col codice penale: apologia di reato, istigazione a delinquere, ingiuria, diffamazione, offese al Presidente della Repubblica e il resto. Chi frequenta i forum e legge i commenti dei lettori agli articoli, si abitua ad un diluvio di parolacce, a continue manifestazioni di aggressività e vicendevole disprezzo. Oltre che, naturalmente, a esplosioni di odio delirante per Berlusconi.
Da un certo punto di vista, la discussione è oziosa. Il codice penale prevede già i reati e basterebbe identificare i colpevoli per punirli. Anche se non è facile, perché è come per gli eccessi di velocità: si sa qual era l’automobile ma è difficile sapere chi era al volante. Prima ancora di vedere se qualche provvedimento particolare sia adottabile, può però essere interessante chiedersi il perché del fenomeno.
Nella piazza virtuale il frequentissimo malvezzo della violenza verbale dipende dal fatto che si è anonimi e si può scrivere ciò che si vuole. Come certi screanzati scrivono sozzerie nei gabinetti esclusivamente perché si può chiudere la porta, l’impunità rivela il peggio di tutti. Non è Internet che rende la gente violenta e volgare: è la gente che è violenta e volgare, anche se di solito cerca di non mostrarlo.
Il mondo del web si apparenta per questo ad una seduta di psicoanalisi. Se – almeno una volta – si chiedeva al cliente di sdraiarsi e parlare senza neppure vedere l’analista, era perché lo si invitava ad esprimersi “come se fosse solo”. Dunque confessando a se stesso i suoi peggiori pensieri. È con gli occhi chiusi e fingendo di essere soli che si può dire “vorrei tanto che mia madre morisse”. Nei rimanenti casi, anche ad essere figli di Medea, queste sono parole da non usare.
La blogosfera, prima di essere un problema tecnico o giuridico, è un problema sociale: è un’occasione per vedere di quante ipocrisie è fatta la vita corrente. Molti non vorrebbero soltanto mandar via chi giudicano antipatico o nocivo per i loro interessi: vorrebbero ucciderlo. Di Berlusconi si dirà magari che “la sua politica è discutibile”, che “sta danneggiando l’Italia”, ma quello che si pensa è: quel dannato cancro perché non l’ha ucciso, qualche anno fa? Il problema dunque, prima di essere giuridico, è psicologico ed etico. Molti non capiscono che le “ipocrisie” sono il lubrificante dei rapporti umani. Se si salutasse il vicino con le parole “Vai al diavolo, pezzo d’imbecille” i condomìni sarebbero ancor più litigiosi di quanto non siano e i pronto soccorso ancor più indaffarati.
È vero che ognuno dovrebbe confessarsi i propri peggiori pensieri: la verità è catartica. Ma dopo bisognerebbe anche dirsi che desiderare la morte del prossimo e il resto sono indici di un allarmante rancore verso la vita. Sono sintomi di frustrazione e di squilibrio mentale. Se scrivo “uccidiamo Berlusconi”, prima ancora di temere l’imputazione di istigazione a delinquere mi dovrei chiedere: sono sano di mente?
Sul piano pratico, sembra comunque giusto che alla blogosfera sia imposto lo stesso limite che si impone ad una discussione in piazza. Se uno sconosciuto dà del cretino ad un altro sconosciuto, quest’ultimo ha il diritto di querelarlo per ingiurie: e non si vede perché questo non debba essere possibile se l’ingiuria è stata inviata via e-mail. La deduzione più interessante del fenomeno rimane però il fatto che la realtà è molto meno decente e perbene di quanto si amerebbe credere. I maleducati, i violenti, i provocatori, i fanatici, i delinquenti verbali non sono mostri: sono persone che nella vita reale nessuno sospetterebbe di essere capaci di tanto. Nella loro vita personale non scriverebbero certo parolacce sui muri del loro tinello ma sono, perfino inconsciamente, wolves in lamb’s clothing: lupi vestiti da agnelli. Per questo non bisogna stupirsi di quei fenomeni di criminalità che, salendo lungo la piramide, possono arrivare alla Shoah. Quando Hobbes diceva che l’uomo è un lupo per l’uomo calunniava i lupi: questi non si ammazzano mai reciprocamente.
Non è grave il modo in cui gli uomini si esprimono su Internet, è grave che l’umanità, avendone la possibilità, si dimostri veramente stupida e veramente spaventosa.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
16 dicembre 2009

LA GIUNGLA DEL CYBERSPACEultima modifica: 2009-12-16T10:47:29+01:00da gianni.pardo
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