GianniP

L’INCIUCIO PIDUISTA

A Massimo D’Alema in passato non sono state risparmiate critiche e un paio di volte l’abbiamo chiamato bugiardo. Persino nei titoli degli articoli. Oggi invece ci sono persone che ci costringono a prenderne le difese.
Rendendosi conto del clima avvelenato che si respira, D’Alema ha proposto di dare alla maggioranza il proprio accordo per una qualche legge che sottragga Berlusconi alla persecuzione dei giudici e permetta di discutere insieme, più seriamente, delle necessarie riforme. Per questo accordo ha usato coraggiosamente la parola “inciucio”, prevenendo dunque la reazione pavloviana dei suoi colleghi. Ha aggiunto che gli accordi fra avversari fanno parte della normale vita politica, ogni volta che essi siano utili, ed ha citato l’intesa, in anni lontani, a proposito dell’art.7 della Costituzione.
L’unica cosa che si può seriamente contestare, in queste affermazioni, è la parola “inciucio”: a quanto dicono, in napoletano significa “cicaleccio”, “conversazione a bassa voce”, al massimo “pettegolezzo”, non “accordo sottobanco”. Il leader maximo però l’ha usata per prevenire gli altri: voleva dire che è inutile demonizzare gli accordi politici con una parola magica.
E tuttavia la reazione è stata lo stesso immediata e corale. Innanzi tutto, per “inciucio”, come per “piduista”, basta la parola: sono da condannare a prescindere. Poi si è considerato oltraggioso che si osasse paragonare un accordo per la Costituzione con le misere necessità attuali: quasi che non fosse più difficile mettersi d’accordo sulle grandi cose piuttosto che sulle piccole. Infine è stato definito più o meno orrendo che si dia una mano per  sottrarre Berlusconi alle proprie responsabilità di delinquente conclamato. Insomma, il verdetto di menti politiche come Di Pietro, la Bindi e Franceschini è stato: anathema sit.
Walter Veltroni, di suo, ci ha messo il proprio scandalo per l’affermazione secondo cui “Berlusconi deve arrivare alla fine della legislatura”. “Se ne vedono di tutti i colori”, ha commentato: quasi che D’Alema avesse detto che si deve sostenere il Cavaliere, mentre voleva solo far notare che bisognerebbe sapere che cosa fare fino al 2013.
Il punto centrale è che, per molti “puri”, la prima qualità di un uomo politico è l’onestà. Un’onestà precisamente giudiziaria, sperabilmente smentita (per quanto riguarda gli avversari) dai magistrati amici. Dimenticano che Benito Mussolini, e perfino Hitler, furono onestissimi e che la famosa “fedina penale pulita” Pertini, e molti altri antifascisti, non l’avevano. Questa dell’onestà è una di quelle idee che si sgonfiano al primo esame, come il vagheggiato “governo degli esperti”: si vorrebbe infatti un ingegnere ai lavori pubblici e un giurista al ministero della giustizia, quasi che la politica fosse una materia tecnica e quasi che un ingegnere potesse meglio sapere se è più necessario costruire un ospedale o un carcere. Né si smette di desiderare amministratori della cosa pubblica (o del diritto, vedi alla voce Corte Costituzionale), che agiscano senza pregiudizi politici. Simili uomini non esistono. Senza idee politiche è solo chi è senza idee: e perfino in questo caso si può star certi che ne avrà quanto meno di sbagliate. Infine per gli sciocchi è supremamente necessario rimanere fedeli agli ideali e non scendere a nessun compromesso. Sistema sicuro per andare a sbattere. In particolare quando gli ideali sono quelli di geni politologici come Antonio Di Pietro o di agit prop di provincia come Dario Franceschini.
La politica è l’arte del possibile: chi troppo vuole nulla stringe. L’antiberlusconismo fanatico ha prodotto fino ad ora la massima maggioranza di centro-destra di tutti i tempi e sondaggi che danno al Pdl dieci punti più del Pd. Che cosa si aspetta per capire che in questo modo non si concluderà nulla? Se un governo in carica ha il sessanta per cento di consensi, mentre di solito “il potere logora” se non le persone certo le maggioranze, che cosa si aspetta per capire che per il centro-sinistra le prospettive sono nerissime e l’applauso a Spatuzza (peccato che l’abbiano smentito!) è controproducente? Santoro gli fa gli auguri di Natale (auguri di più brillanti invenzioni?) e non capisce che procura voti a Berlusconi. Il centro-sinistra è vittima di un’irrefrenabile sindrome tafazziana.
D’Alema, da politico pragmatico, dice: “Meglio concedere qualcosa a Berlusconi per ottenere molto, che non concedergli nulla e rimanere irrilevanti”. Si poteva contestare la sua tesi, migliorare la sua proposta, farne una migliore: mentre reagire con indignazione è ridicolo.
Massimo ha sbagliato uditorio. Ha creduto di parlare con persone ragionevoli. Con l’attuale reazione molti dimostrano invece una mentalità politica infantile. Per loro il raggiungimento dell’età matura sembra fuori dal novero delle possibilità reali.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
19 dicembre 2009

L’INCIUCIO PIDUISTAultima modifica: 2009-12-19T16:21:09+01:00da
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