IN NESSUN PAESE CIVILE DEL MONDO…

Abbiamo tutti tendenza a credere che le cose stiano come ci hanno insegnato alle scuole elementari e che il marcio di cui siamo personalmente a conoscenza sia una nostra personale disgrazia.
Nella leggenda ogni matrimonio nasce per durare felicemente tutta la vita. Nella realtà, una buona percentuale finisce con una separazione; un’altra buona percentuale finisce con una reciproca, stoica sopportazione, e la vita felice è il caso di gran lunga più raro.
Nella leggenda i parenti e in primo luogo la famiglia sono la sede prima dei nostri affetti. Il luogo in cui saremo comunque sempre amati e protetti. Nella realtà pressoché tutti abbiamo l’esperienza di gravi conflitti con fratelli e cugini, agnati e cognati, per non parlare delle guerre che scoppiano alla prima eredità, se non c’è un chiaro testamento. Solo Freud ha avuto il coraggio di scrivere che “la famiglia è il nido in cui si alleva la nevrosi”.
Nella leggenda, i governanti sono tutti fior di galantuomini, anzi di santi, pronti a sacrificarsi per il bene comune. Nella realtà si finisce col credere, esagerando, che siano tutti ladri e farabutti. O quanto meno disinteressati del bene del Paese. E tuttavia, pur di salvare la leggenda, la gente dice: “Sì, sono così i nostri politici. In tutto il resto del mondo civile…”
Naturalmente ci si sbaglia. Non diversamente da come ci si sbaglia parlando facilmente di matrimoni felici e di famiglie in cui regna la massima armonia.
Una simpatica prova ce la fornisce Robert J.Samuelson, in un articolo (1) intitolato “The dysfunction of American politics”. Da esso apprendiamo che l’animosità, anzi, la guerra senza esclusione di colpi  che imperversa in Italia non è – come potevamo pensare – una nostra esclusiva. Samuelson comincia con queste parole: “Se tutti fossimo d’accordo su tutto, la politica sarebbe superflua. Senza consenso, la politica è il modo di risolvere i nostri conflitti senza ricorrere alla violenza. Ma oggi la politica ha abdicato al suo ruolo centrale. Non riduce i nostri conflitti: li esagera”. E se è così nella puritana America, figurarsi in una nazione, come la nostra, in cui le lotte intestine, sin dai tempi di Dante, sono state le più spietate e feroci immaginabili. Mitterrand non era un uomo simpatico. Lo si sospettava di mene, trame, trucchi ed ogni sorta di scorrettezza sotterranea: e per questo lo si chiamava “le Florentin”.
La conseguenza di tutto questo, secondo l’articolista, è che almeno metà degli elettori sarebbero contenti di rimandare a casa gli eletti. “Immediatamente dopo le elezioni, gli elettori che hanno vinto sono euforici. Ma non passa molto tempo che si sentono traditi, mentre la sconfitta ha già demoralizzato quelli che le elezioni le hanno perse”.
E per giunta la vita politica si avvelena. “La politica è diventata più moralistica sia a sinistra che a destra (‘salvate il pianeta’, ‘proteggete i non ancora nati’, ‘rivendicate la Costituzione’). E mentre i fini divengono imperativi morali, non c’è spazio per il compromesso. Gli oppositori non sono solo persone che si sbagliano: sono immorali”. “Il risultato è lo scontento di massa”.
Ricorda niente?
Gianni Pardo
giannipardo@libero.it
30 ottobre 2010
Le contestazioni argomentate sono gradite e riceveranno risposta.

The dysfunction of American politics
By Robert J. Samuelson
Monday, October 25, 2010
If everyone agreed on everything, politics would be unnecessary. Without consensus, politics is how we resolve our differences short of resorting to violence. Politics today has abdicated its central role. It doesn’t narrow our differences; it exaggerates them.
If given the chance, 48 percent of Americans would replace every member of Congress, including their own; only 11 percent have a “very positive” view of the Democratic Party, slightly better than the Republican Party (7 percent) and slightly worse than the Tea Party (12 percent); 77 percent of the public sees the parties “bickering more,” a huge increase from 2009 (53 percent.
Immediately after the election, the victors are euphoric. But it’s only a matter of time before they feel betrayed, while defeat had already demoralized the election’s losers.
Leaders cannot command broad public support and differences of opinion widen. Legislation is often passed with only one party’s support.
Congressional tactics have changed to frustrate bipartisanship, as Susan Davis writes in National Journal.
In 2010, 42 percent of Americans call themselves conservative, 35 percent moderates and 20 percent liberals, reports Gallup. In 1992, the figures were 43, 36 and 17 percent. So there’s a widening disconnect between the polarized political system and the less-polarized public. 
·      politicians depend increasingly on activist “bases” for votes, money and job security (read: no primary challenger).
·      politics has become more moralistic from both left and right (“save the planet,” “protect the unborn,” “reclaim the Constitution.”)  When goals become moral imperatives, there’s no room for compromise. Opponents are not just mistaken; they’re immoral.
·    Gli oppositori non sono solo persone che si sbagliano: sono immorali.
·    cable television and the Internet impose entertainment values on politics. Constant chatter reigns. Conflict and shock language prevail; analysis is boring.
·    politicians overpromise (spend more, tax less)
Advocacy groups and their allies derive psychic rewards (a sense of superiority) and political benefits (more members and contributions) from demonizing their adversaries.
The result is mass discontent.

IN NESSUN PAESE CIVILE DEL MONDO…ultima modifica: 2010-10-30T10:26:41+02:00da gianni.pardo
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