BRESCIA, STRAGE SENZA COLPEVOLI

In materia penale, per formarsi un’opinione sufficientemente fondata bisognerebbe seguire i processi con maggiore accuratezza. Purtroppo, se si ha un minimo di competenza, si finisce col sapere che questo sforzo, pure notevole, non raggiunge il risultato. I giornali non bastano. Bisognerebbe leggere tutte le carte, assistere a tutte le udienze, saperne quanto ne sanno i giudici e gli avvocati implicati nel procedimento. E questo è sicuramente impossibile.
Non rimangono dunque che le seguenti soluzioni: affidarsi ai magistrati e dire che la verità giudiziaria è anche la verità storica (affermazione teoricamente azzardata) oppure adottare l’unica posizione veramente saggia: non dire niente di ciò che non si sa. Ma siamo umani. A volte vince la voglia di dire le nostre impressioni: i giudici hanno condannato, io avrei assolto, o viceversa. Cosa ammissibile se la si fa con umiltà, conoscendo i propri limiti e chiedendo scusa, per così dire, per l’eventuale errore.
Purtroppo ci sono persone dal temperamento passionale ed entusiasta, divorate dal sacro fuoco della Giustizia e della Vendetta, che fanno il passo più lungo della gamba: si riuniscono ai piedi della ghigliottina, si ergono a Tribunale del Popolo e sbrigano la faccenda in dieci minuti, per alzata di mano. Sono cose che abbiamo visto e che non possiamo dimenticare. Questi sanculotti giudiziari, questi Savonarola da bettola, questi avvelenatori all’inchiostro, sono coloro che hanno costretto l’innocente Giovanni Leone – il Presidente della Repubblica – nientemeno, alle dimissioni. Sono coloro che hanno firmato – in centinaia – per chiedere la testa del commissario Calabresi, testa che poi infatti gli offrirono Adriano Sofri e i suoi amici. E si potrebbe continuare.
Nulla è più soddisfacente per la folla degli incolti fanatici e degli intellettuali demagoghi di questo sentirsi uniti contro il colpevole che loro stessi hanno definito tale. Il richiamo del branco, quando si sente forte del numero e pronto al Terrore moralizzatore, è pressoché irresistibile. Di questa coorte di presuntuosi giacobini hanno occasionalmente fatto parte non solo intellettuali fin troppo celebrati come Umberto Eco, ma anche persone ragionevoli come Paolo Mieli.
La giustizia penale è qualcosa di troppo serio per usarla come trastullo. Bisogna ricordarsi che si gioca con la vita delle persone: sia quella degli accusati che quella delle vittime. Un magistrato forse non dorme la notte, pensando al rischio di assolvere un colpevole o, ancor peggio, di condannare un innocente. E invece gli sciocchi camminano veloci, corrono cantando, anzi, perché non hanno dubbi e sono capaci di irridere chi, con strazio intimo, partecipa a queste tragedie.
L’ultimo, imperdonabile sciocco è Riccardo Barenghi. Lo si giudica severamente, senza eufemismi, perché si tratta di un uomo intelligente, un giornalista che per giunta ha una qualità che lo rende superiore alla media: è un umorista. E proprio per questo non merita la minima traccia di perdono. È come un grande chirurgo che non riesce a fare un’ipodermica.
Come si sa, i magistrati hanno assolto per non aver commesso il fatto gli imputati per la strage di Brescia e lui, con lo pseudonimo di Jena, ha scritto soltanto: “Fu suicidio”.
Fu suicidio. Barenghi irride i magistrati e vuol affermare che gli accusati sono sicuramente colpevoli. L’assoluzione è una tale negazione dell’evidenza che è come negare che la strage stessa ci sia stata. Che delle persone siano state uccise. Le vittime sono tali perché si sono suicidate. E allora qual è la conclusione? Primo: Barenghi è sicuro della colpevolezza degli imputati; secondo: Barenghi è sicuro che i magistrati sono stati degli assoluti cretini, incapaci di vedere la più plateale evidenza; terzo, per quanto si tratti di una tragedia, a Barenghi viene da (ir)ridere: “Fu suicidio”, scherza.
L’episodio rende tristi. Si ripensa con orrore alla turba galvanizzata,  sicura del fatto suo e disposta ad uccidere, “per fare giustizia”. E a quante persone ci sono, come Barenghi, capaci di incoraggiarla nei suoi linciaggi. E questo pur di spendere una battuta, pur di avere un briciolo di visibilità e successo, pur di apparire alla testa dei fenomeni.
Sono questi i momenti in cui si è felici che l’amministrazione della giustizia non sia affidata ai giornalisti, ai frequentatori dei blog, e alle “trasmissioni di approfondimento” della televisione. Non abbiamo molta stima dei magistrati, ma in questo campo ne abbiamo ancora molto, molto meno di Riccardo Barenghi.
Gianni Pardo
giannipardo@libero.it
17 novembre 2010
Le contestazioni argomentate sono gradite e riceveranno risposta.

BRESCIA, STRAGE SENZA COLPEVOLIultima modifica: 2010-11-17T10:01:59+01:00da gianni.pardo
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