LA RICCHEZZA È UTILE ALLA SOCIETÀ? – 1

La ricchezza è costituita dall’abbondanza di beni in rapporto alla media del gruppo. Crediamo di ricordare che si parla di povertà relativa quando una famiglia ha un reddito della metà (o inferiore) rispetto alla media nazionale. Facciamo che il reddito medio della famiglia italiana, al netto, sia di millecinquecento  euro. Sarebbe povera una famiglia che ha 750 € al mese o meno. Ma usando lo stesso metro all’altro estremo, sarebbe ricca una famiglia che dispone al netto di tremila euro mensili. Solo che, se si proponesse questo dato, si otterrebbe una viva protesta degli interessati: “Io, ricco, con 3.000 € al mese? Vuole scherzare? Ma se riesco appena appena a sfangarla!”. Né le cose cambierebbero di molto se il reddito medio fosse di 2.000 €. : “Io, ricco, con 4.000 € al mese? Vuole scherzare?”

E c’è di più. Se poniamo l’asticella a diecimila euro, gli interessati diranno: “Io, ricco? Benestante forse, ma con tutte le spese che ho…” Insomma il ricco non è qualcuno che ha questo o quello, “il ricco è uno che ha più di me”. Lasciamo dunque perdere il metro scientifico. Ci contenteremo di ciò che si pensa generalmente. Non dimentichiamo però che se volessimo scendere sul concreto sbatteremmo contro il vecchio principio per il quale il diavolo si nasconde nei particolari: “Io, ricco? No, ricco è quello lì, che ha molto più di me”.

Nell’ambito della ricchezza bisognerebbe poi distinguere quella attiva e quella statica. Attiva è quella del grande imprenditore, del grande chirurgo, del grande calciatore: costoro guadagnano moltissimo ma solo finché sono in grado di lavorare. Statica è invece la ricchezza costituita da denaro, terreni, immobili, “cose”: per la prima si richiedono notevoli capacità personali, per la seconda solo la capacità di amministrarla. E questo porta alla distinzione fra la ricchezza creata e quella ereditata. È contro quest’ultima che, a partire da Jean-Jacques Rousseau, si sono scagliati i fulmini dei moralisti: perché è una ricchezza senza merito, dovuta solo alla fortuna di essere figlio di qualcuno piuttosto che di qualcun altro. 

L’argomentazione a prima vista sembra inconfutabile: in realtà essa è erronea. Se non avessero la speranza di lasciare qualcosa ai figli, molti operatori economici smetterebbero di strapazzarsi e dunque di creare ricchezza. Oppure si trasferirebbero all’estero insieme con la loro impresa. Senza dire che potrebbero mandare all’estero il risultato del loro lavoro, intestandolo ai figli: col bel risultato che la ricchezza rimarrebbe ereditabile e la nostra nazione la perderebbe a favore di un’altra. Ma la ragione prima è che proprio la volontà di lasciare qualcosa ai figli è una delle grandi molle della produzione. Dove essa è stata tolta, come in Unione Sovietica, la miseria è molto cresciuta.

La ricchezza è utile alla società perché indubbiamente è utile chi apre una fabbrica, assume lavoratori, li paga e gli consente di vivere bene, anche se il suo scopo è quello di arricchirsi. Ma facciamo il caso del ricco senza merito, il figlio di quello che ha aperto la fabbrica. Lui personalmente non produce nulla e consuma soltanto: però, ciò facendo, fa girare l’economia. Il padre non avrebbe il tempo per appassionarsi di vela ma lui compra un cabinato e fa lavorare i cantieri. Il padre magari si veste normalmente, lui acquista abiti di gran marca e fa lavorare chi li produce e chi li vende. Insomma, chi compra pellicce forse spreca denaro ma certo fa lavorare cacciatori, allevatori, pellicciai e negozianti che, se no, dovrebbero procurarsi da vivere diversamente. 

Per vedere che la ricchezza è utile basta pensare alla differenza fra l’avaro e il prodigo. Il prodigo è una delle molle della produzione, l’avaro tesaurizza, non investe e non spende. Se non lo investe, arrivando a lui è come se il denaro è come se finisse in una secca. Le spese che ispira la ricchezza sono utili alla società, perché è il consumo che tiene viva la produzione.

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Gianni Pardo, giannipardo@libero.it, www.DailyBlog.it

13 settembre 2011

LA RICCHEZZA È UTILE ALLA SOCIETÀ? – 1ultima modifica: 2011-09-13T10:17:43+02:00da gianni.pardo
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5 pensieri su “LA RICCHEZZA È UTILE ALLA SOCIETÀ? – 1

  1. La ricchezza, secondo Robert Kiyosaki, che di queste cose se ne intende, si misura in tempo e non in denaro, ed è rappresentata dal tempo che una persona può sopravvivere, senza ridurre il suo tenore di vita, dal momento in cui smette di guadagnare. Ad esempio, se uno spende diciamo 2.000 euro al mese e smette di guadagnare, se ha un patrimonio di 100.000 euro può sopravvivere 50 mesi senza ridurre il suo tenore di vita, e questo è l’indice della sua ricchezza.

  2. In Italia tutti cercano di schivare la definizione di ricco perche’ a quella parola e’ stato associato un senso di colpa, prima dalla Chiesa Cattolica poi dal comunismo.
    Negli USA, dove mancano entrambe le influenze, chi ha reddito o ricchezza se ne vanta come di un successo personale. Un altro mondo.

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