CRETINI PER SENTENZA

Ogni tanto leggiamo sui giornali che qualcuno prende un’arma e provoca una strage. Normalmente, sia detto ad onore delle donne, è un uomo. I casi sono i più vari ed è inutile elencare degli esempi. Si va dall’impiegato licenziato che spara al capufficio al marito abbandonato che ammazza moglie e suoceri, dalla strage di Columbine e simili all’orrore norvegese di Breivik.

Il punto di vista corrente è che chi è capace di fare cose del genere non ha tutte le rotelle a posto.  Ma questa diagnosi non spiega l’origine soggettiva dell’azione e non sempre è giustificata: basti dire che la Corte ha giudicato Breivik sano di mente, benché abbia ucciso più di settanta persone. 

Una delle caratteristiche della nostra epoca è il fatto che la maggior parte di noi vive in un enorme formicaio. Una volta in un paesino di duemila abitanti si poteva andar fieri di essere i migliori giocatori di bocce, ora si vive in grandi città e, come se non bastasse, se si sa maneggiare un computer, si è in continuo contatto (e concorrenza) col resto del mondo. Tutto questo riconduce il singolo alle sue dimensioni: un professore di storia e filosofia che sia un autentico pozzo di cultura, tanto da porre fra sé e un normale cittadino una distanza siderale, rimane lo stesso un nessuno. Perfino per i suoi vicini di pianerottolo.

Naturalmente la persona di buon senso si rassegna. Quello che conta è un po’ di felicità privata. Inoltre sappiamo che se alcuni hanno meritato la fama, altri arrivano alla notorietà per motivi insignificanti: perché sanno far ridere, come certi comici, perché corrono più veloci di altri, perché hanno avuto la furbizia di nascere figli di regnanti. Sicché si può arrivare a guardare dall’alto parecchi di questi “Prominenten”, come li chiamano i tedeschi: Michael Jackson poteva essere considerato da quel professore di storia e filosofia come un ragazzotto semianalfabeta.

Ma questa capacità di accettare le vere dimensioni della propria o dell’altrui insignificanza non è di tutti. Il risultato è che molti sono delusi. Da ragazzini hanno sognato di divenire campioni di calcio, da adulti capiscono contemporaneamente che un campione di calcio è solo un artigiano della pedata e che loro non sono nemmeno quello.

I frustrati soffrono di un’inguaribile invidia perché non perdonano il successo altrui. Di solito soffrono in privato, si vendicano con la maldicenza e al limite con la calunnia. Ma ci sono quelli che respingono la coscienza della loro inferiorità fino a sognare di compensarla con una finta e momentanea “superiorità”: provocando uno scandalo  o commettendo un delitto clamoroso. Il marito abbandonato che fa una strage è come se dicesse: “Voi avete avuto su di me il potere di farmi sentire spazzatura, io ho su di voi il potere di farvi morire”. Il ragionamento non vale una cicca ma fa momentaneamente uscire il frustrato da un abisso così profondo e doloroso che egli accetta ad occhi aperti il carcere o la pena capitale, dove vige: perché gli appaiono meno gravi di ciò di cui  già soffre.

Ecco perché Breivik sorrideva, ascoltando la sentenza che lo condannava alla massima pena prevista in Norvegia. Perché quella pena l’aveva messa in conto e col suo sorriso, col suo rammarico di non avere ucciso di più, ha voluto dimostrare al mondo che il carcere non lo spaventa. È solo un piccolo sacrificio sull’altare della sua finalmente conquistata importanza. L’importanza di un piccolo narcisista inconsistente, con la sua barbetta, la sua calvizie incipiente, e il suo semplice valore di foruncolo, di infezione, di cancro.

La colpa è anche della società. Essa  vorrebbe farci credere che considera ognuno di noi molto importante e questa è una cortese menzogna. Come quando si fanno i complimenti al ragazzino promosso in seconda media. Purtroppo molti poi non crescono abbastanza per capire che non sono nessuno. Che bisogna rassegnarsi alle sconfitte. Ad essere abbandonati da chi si ama ancora, ad essere licenziati anche se pensiamo di non meritarlo, a vederci precedere da persone che giudichiamo inferiori a noi e che forse ci giudicano inferiori a loro. Comunque non è distruggendo un tempio o ammazzando decine di innocenti che si rivaleggerà con Giulio Cesare.

Coloro che commettono massacri per farsi notare sono patetici. Se sopravvivono al loro gesto, oltre a condannarli, bisognerebbe irriderli, dichiararli ufficialmente e solennemente cretini, confermando la già pessima opinione che hanno di sé. Forse – a fini educativi e secondo il costume medievale – bisognerebbe esporli ai lazzi e agli sputi della folla. In fondo, non meritano altro.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

25 agosto 2012

 
CRETINI PER SENTENZAultima modifica: 2012-08-27T10:12:00+02:00da gianni.pardo
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4 pensieri su “CRETINI PER SENTENZA

  1. Credo che la condanna peggiore potrebbe essere quella del silenzio stampa: ti condanniamo all’ergastolo, e nessuno lo saprà mai, tanto sei insignificante.

  2. Probabilmente i pazzi violenti sono sempre esistiti, e dovunque. La grande differenza sta nel trattamento complessivo riservato loro dalla societa’ umana che li circonda, e che in tale occasione si qualifica: molle, idiota, severa, disumana, con tutte le sfumature.
    Breivik passera’ i prossimi 21 anni in una condizione che molti terrestri innocenti, ma estremamente poveri o estremamente perseguitati, sognerebbero.
    Un ipotetico Breivik americano sarebbe stato velocemente condannato alla sedia elettrica o alla iniezione letale, e probabilmente ad oggi sarebbe gia’ morto senza tanti complimenti.
    In Russia sarebbe stato direttamente freddato dalla polizia durante la cattura, niente processo.
    In Cina non si sarebbe neppure saputo del caso.
    In Italia si sarebbe ammantato di lotta politica, indipendentemente dalle sue reali convinzioni, e molto astutamente. Qualcuno lo avrebbe incensato, qualcun altro avrebbe “preso le distanze”, egli poi sarebbe stato condannato in teoria all’ergastolo, salvo uscire dopo 7 anni e diventare autorevole e temuto commentatore politico di qualche giornale (di sinistra o comunque di lotta, e indipendentemente dalle sue reali convinzioni).
    “A parita’ di pazzi” quello che conta e’ il contorno.

  3. Sostanzialmente molto realistico, come certe barzellette. Doloroso constatare come la versione italiana sia purtroppo frutto dell’estrapolazione di dati riferiti ad avvenimenti storici, che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni.

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