BERLUSCONI: LA MOTIVAZIONE DELLA SENTENZA

La motivazione della sentenza della Cassazione non è stata ancora pubblicata e forse non è stata nemmeno scritta ma si è autorizzati a commentare quella parte di essa che è stata anticipata – non si osa dire quanto ritualmente – dal Presidente della Sezione di Corte di Cassazione, Antonio Esposito. Ecco ciò che ha detto in un’intervista concessa al “Mattino” di Napoli:

“Noi potremmo dire: tu venivi portato a conoscenza di quel che succedeva, non è che tu non potevi non sapere perché eri il capo. Teoricamente, il capo potrebbe non sapere. No, tu venivi portato a conoscenza di quello che succedeva. Tu non potevi non sapere perché tizio, caio o sempronio hanno detto che te lo hanno riferito. È un po’ diverso da non poteva non sapere”.

Il magistrato ha in seguito negato categoricamente di avere pronunciato queste parole e altrettanto categoricamente il direttore del giornale ha ribattuto che il Presidente può benissimo essersi pentito di averle dette ma rimane il fatto che l’intervista è registrata: dunque a prova di qualunque smentita o querela. Crediamo per il momento al direttore e consideriamo quelle parole come unica motivazione della sentenza.

Il dr.Esposito discute della conoscenza che Berlusconi poteva avere della frode fiscale. Egli distingue la prova logica (date le condizioni di fatto, l’imputato “non poteva non sapere”) dalla prova fattuale (“qualcuno ha testimoniato di avere informato l’imputato e per questo sappiamo che sapeva”). Se ne deduce che, se la Corte avesse disposto esclusivamente della prova logica, avrebbe anche potuto avere qualche dubbio (lo afferma lo stesso magistrato nell’intervista) ma non può averne se dispone di precise testimonianze che affermano il fatto. E se non si potevano avere dubbi, se ne deduce la colpevolezza dell’imputato.

Tesi ardita. Non sappiamo di quali altre prove dispongano i magistrati ma il semplice essere informati della commissione di un reato non costituisce reato. L’art.40 del codice penale stabilisce: “Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l’evento dannoso o pericoloso, da cui dipende l’esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione.  Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”. È dunque evidente che l’essere informati della commissione di un reato non corrisponde a commetterlo: perché l’evento dannoso o pericoloso non è conseguenza di quell’informazione. È pur vero che l’art.40 prosegue statuendo che, se non si impedisce un evento, è come se lo si fosse cagionato. Ma è fondamentale l’inciso: “che si ha l’obbligo giuridico di impedire”. Per evitare un evento dannoso, Il pompiere ha il dovere di affrontare il rischio dell’incendio, il carabiniere il rischio del contatto col criminale, il medico il rischio dell’infezione, ma nessun analogo obbligo ha il cittadino normale. Persino per quanto riguarda la semplice denuncia di un reato, l’obbligo ricade soltanto sul pubblico ufficiale (art.361) o sull’incaricato di un pubblico servizio (art.362). Silvio Berlusconi, in quanto azionista di Mediaset, non aveva nessun obbligo del genere.

Se questo è il nocciolo della motivazione della colpevolezza di Berlusconi, siamo di fronte ad un’assurdità giuridica e si comprende che il dr.Esposito, a bocce ferme, si sia morso le labbra. Anche perché la toppa è peggiore del buco: infatti, sbracciandosi a dimostrare che non si tratta di prova logica ma di prova testimoniale, insiste di fatto sul suo valore; e proprio questo è drammatico: che si sia potuta infliggere una gravissima condanna a quattro anni di reclusione a un cittadino della Repubblica Italiana semplicemente perché qualcuno gli ha detto che si commetteva un reato. Senza che egli abbia tenuto nessuna condotta tendente a cagionare l’evento.

Al riguardo facciamo un esempio estremo. Tizio odia la moglie e sarebbe felice di andare a vivere con la sua amante. Un amico criminale, conoscendo la situazione, un giorno gli spedisce un sms: “Ho deciso di farti un grande regalo: domani ucciderò tua moglie”. Tizio non fa nulla, e questo atteggiamento è certo criticabile, ma non risponde neppure al messaggino. La moglie è uccisa e il criminale è identificato e arrestato. Tizio è colpevole di qualcosa? Certamente no: “l’evento dannoso o pericoloso, da cui dipende l’esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione”. Ad essere fiscali gli si può imputare l’omissione di soccorso (art.593), reato  che prevede una pena di un massimo di un anno o una multa (il carcere non è obbligatorio). Anche se, nel caso specifico, si potrebbe applicare il capoverso seguente: “Se da siffatta condotta del colpevole deriva una lesione personale, la pena è aumentata; se ne deriva la morte, la pena è raddoppiata”. E dunque il nostro signor Tizio potrebbe vedersi condannare o al doppio della multa (5.000 €) o una reclusione fino a due anni. La metà di quattro. E stiamo parlando di omicidio.

Veramente abbiamo ragione di aspettare con curiosità la motivazione della Corte di Cassazione, nel processo contro Silvio Berlusconi.

Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it

6 agosto 2013

BERLUSCONI: LA MOTIVAZIONE DELLA SENTENZAultima modifica: 2013-08-06T17:41:57+02:00da gianni.pardo
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7 pensieri su “BERLUSCONI: LA MOTIVAZIONE DELLA SENTENZA

  1. Ho sentito l’audio di quella intervista. Il giudice non e’ in grado di tenere un discorso in lingua Italiana ! Si riferisce all’imputato, senatore della Repubblica italiana, con il titolo “chillo”, equivalente in dialetto napoletano di “quello”, e usa articoli in dialetto anziche in italiano “U capo” anziche’ “il capo”.

    Il tono e’ superficiale e degradato. Avessi un medico che parla cosi’, forse sono superficiale pure io, ma lo cambierei subito.

    Greg Ruo

  2. I napoletani, in particolare i napoletani anziani, hanno l’orgoglio del loro bel dialetto. Questa è la minore delle colpe di quel magistrato. Parlava da napoletano ad altri napoletani, usando la “lingua della sincerità e dell’intimità”: il dialetto. E infatti poi per i terzi l’intervista è stata pubblicata in italiano.

  3. Dall’intervista si potrebbe dedurre che il giudice ancor prima del processo avesse una granitica convinzione sulla colpevolezza dell’imputato. Motivo sufficiente per annullare tutto tramite ricusazione. Il primo processo Priebke docet.

  4. “l’obbligo ricade soltanto sul pubblico ufficiale (art.361) o sull’incaricato di un pubblico servizio (art.362). Silvio Berlusconi, in quanto azionista di Mediaset, non aveva nessun obbligo del genere.”

    …e in quanto Presidente del Consiglio dei Ministri e Deputato della Repubblica?

  5. “un reato di cui ha avuto notizia nell’esercizio o a causa delle sue funzioni, è punito…”
    Il numero dell’articolo lo ha riportato Lei. Poteva anche andare a leggerlo.

  6. per esperienza personale, posso testimoniare che la magistratura italiana è composta da molti bravi magistrati, ma purtroppo anche da moltissimi pessimi magistrati che arrivano ai vertici delle cariche (consigliere di cassazione) solo per anzianità di servizio…poveretto chi incappa in questi ultimi!…

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