CONFESSIONE PERSONALE

Ogni tanto finisce che si scende sul personale. Non tanto per raccontarsi – in questo esercizio si sono resi “una seccatura” anche grandi uomini come Rousseau – ma per evitare di vestire ciò che si vuol sostenere con l’autorevolezza dell’impersonalità. È un po’ come avvertire il lettore: “Non stai leggendo verità ufficiali, stai leggendo quello che pensa un fesso come te”.

Solo a queste condizioni posso confessare che ne ho veramente abbastanza della morale. Che non ne posso più, ne ho piene le scatole, arrivo quasi ad odiarla. E non sto cercando scuse per me stesso. Infatti – quasi mi vergogno – ma forse a causa dell’esempio di mio padre sono di una moralità eccessiva. Sono arrivato alla vecchiaia senza rubare uno spillo, senza essere mai arrivato tardi al lavoro (salvo un giorno in cui un’alluvione mi trascinò per centinaia di metri insieme con la mia automobile), senza avere mai ricevuto una raccomandazione (la leggenda diceva fosse pericoloso per l’interessato), senza neppure avere evaso tasse e imposte nella misura grandiosa che avrei voluto. Al riguardo anzi sono arrivato ad ammettere (cosa rara) che se effettuo una traduzione gratuita per un amico, in fondo sono un evasore, dal momento che se io ho rinunciato al compenso, lo Stato, teoricamente, avrebbe diritto lo stesso all’Iva su quella prestazione. In poche parole, avrei tutti i titoli per fare la morale agli altri e invece, ogni volta che sento accusare qualcuno, mi si stringe il cuore. Non solo non sono un forcaiolo, ma se vedo passare la carretta che conduce i condannati alla ghigliottina mi dispiace per loro. 

L’ultima è di oggi.  Un giornalista intervistava uno dei Riva, proprietari dell’Ilva, e ad una domanda “compromettente” un dirigente dell’impresa ebbe “un guizzo felino”, strappò di mano il microfono al giornalista e rispose al posto di Riva. In seguito, in un’intercettazione telefonica, si sente Nichi Vendola che ancora ride pensando a quella “scena fantastica”. Il giornale che pubblica l’episodio – l’arcimoralissimo “Fatto Quotidiano”, naturalmente – fa intendere che Vendola ridesse dei problemi di salute degli operai. Vendola sostiene (plausibilmente) che ridesse dello scatto del dirigente. Io personalmente sostengo che a casa propria uno può dire qualunque cosa e ridere di qualunque cosa. Inclusa la Crocefissione di Nostro Signore. Se c’è una cosa immorale, qui, è in primo luogo l’intercettazione e poi il fatto che essa sia stata passata al Fatto Quotidiano. 

Analogamente difendo quell’imprenditore che rideva al telefono, dopo il terremoto dell’Aquila, pensando alle belle commesse e ai bei guadagni che gliene sarebbero venuti. Stava parlando con un amico, perché non avrebbe dovuto vedere ciò che di positivo gliene veniva? Cattivo gusto? Affari suoi.

Di cattivo gusto può anche darsi che siano state le “cenette eleganti” di cui parla quell’altro modello di immoralità chiamato Silvio Berlusconi. Ma è ammissibile che si condanni severamente il prossimo per cose del genere? E come dovremmo considerare i giornali che pubblicano le intercettazioni di terzi non colpevoli di nulla, e tuttavia ridicolizzandoli o disonorandoli? E come dovremmo condannare quelli che le intercettazioni gliele passano?

Voglio proprio scandalizzare tutti. La mia ostilità per Piero Marrazzo è storica. L’ho sempre trovato antipatico e soprattutto, da quando parlò a lungo dell’assedio di Stalingrado confondendola con Leningrado, insufficientemente colto per il mestiere che faceva. E tuttavia, quando lo si è voluto crocifiggere per i suoi gusti sessuali, mi sono subito schierato dalla sua parte. Che male fanno un feticista, un omosessuale, un masochista e chiunque abbia gusti diversi dai miei, se non mi obbligano a partecipare? È male la violenza, ma per il resto – come si diceva in Sicilia – a un palmo dal mio deretano ognuno può divertirsi come vuole.

Ciò che mi sbalordisce è che mentre io sono d’una pressoché irreprensibile moralità, e nel frattempo ho una tolleranza che può perfino scandalizzare, gli altri si stracciano facilmente le vesti e pretendono da tutti una moralità da santi. Da santi imbalsamati. E qui nascono pensieri inconfessabili. Si dice che i più feroci omofobi soffrono di omosessualità latente: che sia per nascondere la loro nascosta immoralità, che tanti la condannano così facilmente?

Una citazione speciale meritano i giornalisti. Stiamo parlando di persone la cui mancanza di scrupoli è normalmente al di sopra della media. Basta ricordare un vecchio film, “L’Asso nella Manica”. Per non parlare del più recente “Prima Pagina”. Se vede un poveraccio che si suicida, il vero giornalista  pensa prima a fotografarlo e poi a salvarlo. Se può. Essenziale è la notizia, il “servizio”, non la vita dei malcapitati. Solo dopo, in video, i giornalisti hanno la sfacciataggine di posare ad anime afflitte, se parlano di una disgrazia, e si lanciano in lugubri quaresimali se devono stigmatizzare l’immoralità presunta del prossimo. 

Vien voglia di dichiarasi immorali ad honorem.

Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it

15 novembre 2013

CONFESSIONE PERSONALEultima modifica: 2013-11-16T15:50:45+01:00da gianni.pardo
Reposta per primo quest’articolo