LA BONTA’ INSEGNA LA CATTIVERIA

 

L’espressione consacrata di Wilhelm Wundt è “eterogenesi dei fini”, e tuttavia in concreto essa viene usata per indicare l’eterogenesi dei risultati. Si voleva un determinato effetto e si è ottenuto l’effetto opposto. A questa “eterogenesi” si pensa quando le migliori intenzioni si trasformano in un danno per coloro che si volevano beneficiare. In Italia questo errore è stato ripetutamente commesso, e non da persone sbadate o incompetenti.

Gli esempi sono innumerevoli. Per eseguire lo sfratto per morosità, tra i mesi concessi per avviare l’azione (non basta l’insolvenza di un mese o due), quelli concessi per “sanare” il debito, i rinvii e le mille lungaggini del processo, la legge richiede molto tempo. Ma soprattutto, salvo errori, lo sfratto non può essere eseguito se in casa ci sono bambini, minorati, persone invalide o vegliardi.

Ammesso che questa sia (ancora) la legislazione, la bontà dello Stato nei confronti delle persone più sfortunate insegna che, locando una casa, si rischiano anni di mancata pigione mentre si continuano a pagare il “condominio”, le riparazioni, le tasse e le spese d’avvocato. Ergo, se si vuol essere ragionevolmente sicuri di concludere un contratto con cui ci si rimetterà alla grande, non bisogna locare la casa ad un nullatenente. All’occasione gli si dirà: “Tu mi sembri onesto, ma non ti affitto la casa perché sei povero”. Ecco in che senso la bontà dello Stato impone, de facto, un’involontaria cattiveria. E chiunque sia tanto buono da non prendere per vere queste considerazioni, cesserà di essere buono quando avrà fatto esperienza.

Recentemente, durante uno spettacolo televisivo in cui si mima un processo civile, un serio giurista riferiva che mentre per secoli il comodante (cioè colui che presta gratuitamente una cosa) ha avuto il diritto di riaverla immediatamente, a semplice richiesta, oggi la giurisprudenza (la Cassazione a Sezioni Unite, non il primo che passa) ha stabilito che chi richiede indietro l’uso di una casa data in comodato può vedere il proprio diritto limitato dal fatto che in quella casa ci siano dei minori. Traduzione per i più distratti: se ho pietà di una coppia di barboni e li lascio dormire in una mia casa sfitta, potrò riavere la mia casa a richiesta (se pure con le lentezze della giustizia italiana). Se invece quella coppia di barboni ha un bambino, li devo lasciare morire tutti e tre di freddo, altrimenti rischio di non avere per anni la disponibilità della mia casa sfitta. Ecco che cosa insegna la bontà.

Ma si può anche fare una considerazione generalissima: il nullatenente che non paga non subisce alcuna conseguenza. Se ha un impiego fisso, gli si potrà sequestrare un quinto dello stipendio ma, quando uno ci prova, di solito trova che quel quinto glielo ha già sequestrato un altro. Dunque al nullatenente va concessa fiducia – per esempio un prestito – soltanto se, in anticipo, si è disposti a rischiare, per esempio a regalargli quella somma. Diversamente la chiusura deve essere totale. La bontà ha fatto abolire la prigione per debiti, cosa giusta, ma il risultato è che il nullatenente più onesto può ottenere un prestito solo da un usuraio amico di delinquenti (il quale certo non si rivolgerà certo alla giustizia, per riavere il suo) non da una banca o da una persona di buon senso.

La generosità, quando se ne fa pagare il prezzo ad altri, ottiene il risultato opposto a quello voluto. Eterogenesi dei risultati, che in Italia, per dirne una, ha comportato quasi la fine del mercato delle locazioni.

Il doloroso fenomeno della “bontà punita” non è comunque soltanto italiano, è mondiale. A tutti i livelli. Per quanto riguarda gli Stati, l’ingratitudine (quando non il tradimento) è la regola.  Ed anche a livello umano e personale in certi posti o con certe etnie bisogna essere più che prudenti. Un episodio indimenticabile: anni fa ben sei oculisti occidentali, andati in Afghanistan per curare (gratis) gli occhi dei bambini, sono stati ammazzati dai Taliban (1). Tutti e sei, a freddo. In questo caso l’esperienza ha insegnato che, per colpa degli adulti, in certi posti i bambini di devono tenersi il tracoma. E chiunque sia di parere diverso immagini che uno di quegli oculisti fosse suo figlio o sua figlia.

Gianni Pardo, pardonuovo@myblog.it

21 ottobre 2014

(1)http://www.corriere.it/esteri/10_agosto_07/afghanistan-talebani-cristiani_2b4ed074-a1f5-11df-91b6-00144f02aabe.shtml?fr=correlati

LA BONTA’ INSEGNA LA CATTIVERIAultima modifica: 2014-10-22T10:40:12+02:00da gianni.pardo
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