SE L’ATTUALE CRISI ABBIA UN’ORIGINE IDEOLOGICA

Un articolo di José Torreblanca, pubblicato sul País (1) è pregevole perché affronta il problema dell’attuale realtà europea non partendo dal malessere generale, ma dalle idee-forza del momento storico.
Sostiene Torreblanca che la mentalità europea, dopo le due devastanti Guerre Mondiali, non è nata tanto dall’adesione convinta a principi fondamentali, come quelli democratici, ma piuttosto – guardando nello specchietto retrovisore – dal rifiuto dei devastanti errori commessi in passato. Dunque, con i loro piani di cooperazione ed unione, gli europei non hanno mai avuto un progetto chiaro. “In caso di dubbio bastava dare un’occhiata a quello specchio, e contemplare per qualche secondo le immagini del passato. Davanti agli occhi sorgevano allora i cavalieri dell’Apocalisse europea: il nazionalismo, la guerra, i totalitarismi, il colonialismo, il razzismo genocida”. Gli europei dunque, sapendo in che direzione non volevano andare, credevano di conoscere quella in cui volevano andare. Esemplare, in questo senso (anche se Torreblanca non ne parla) il reciproco atteggiamento fra Francia e Germania. Checché accada, queste due nazioni sembrano dire che la loro amicizia non deve essere messa in discussione. Perché? Perché dei loro conflitti l’Europa ha troppo sofferto. È questa, soprattutto all’origine, una delle molle fondamentali dell’ideale europeista.
In realtà, scrive Torreblanca, i risultati hanno deluso ed ecco il populismo disorientato, protestario e minaccioso. I movimenti sono pronti ad adottare alcune delle ricette stramaledette: per esempio le frontiere, il nazionalismo e il protezionismo. Ma tutto sempre senza un piano chiaro e coerente. Per non dire che alcune delle ricette proposte, fra i vari Paesi, sono contraddittorie, e alcune delle accuse all’Unione Europea sono opposte e incompatibili. Per alcuni con Bruxelles si tende ad un burocratismo sovietico, per altri l’Unione è favorevole al liberismo selvaggio e alle multinazionali.
Non pretendo di saperla più lunga di Torreblanca e tuttavia ho il sospetto che il problema sia di livello diverso e forse inferiore perché, se invece di essere in un momento di grave e perdurante crisi, fossimo in un momento di prosperità, nessuno contesterebbe l’Unione Europea e le varie ideologie che oggi vanno per la maggiore. È la crisi economica che fa smaniare gli europei e li spinge a cercare soluzioni diverse.
Il problema potrebbe inoltre essere di livello superiore. Gli europei, pur denunciandole, non sono ancora guariti delle ubbie del XX Secolo, il Secolo Ideologico. Nel momento in cui affermano di soffrire di certe ideologie – l’europeismo, per citarne una – è ancora una volta nelle teorie che cercano sia la causa dei mali che li affliggono, sia le possibili soluzioni per guarirne.
L’ipotesi forse degna di essere discussa è che non abbia senso cercare l’ideologia cui dare la colpa. È sbagliato credere che un’ideologia – qualunque ideologia – sia adatta a governare la società. I delusi che accusano l’Europa di colpe contraddittorie non si rendono conto che, passando all’ideologia opposta la situazione non migliorerebbe. L’errore centrale è infatti la pretesa di indirizzare la società in un senso o nell’altro. La pretesa di “dirle che cosa deve fare” è un progetto sbagliato che conduce fatalmente al fallimento.
Non si tratta di anarchismo utopico, si tratta di relegare lo Stato al suo ruolo di arbitro che fa applicare il codice penale, il codice civile, le regole sulla concorrenza e poco altro. La realtà è così complessa che, volendola dirigere dall’alto, fatalmente si sbaglia. Per fornire un esempio, in una grande città servono dovunque delle lavanderie. Se lo Stato decidesse dove devono essere dislocate, fatalmente sbaglierebbe. Se invece ci pensano i privati, e qualcuno apre una lavanderia nel posto sbagliato, fallisce e chiude. Così, alla lunga, si ottiene la distribuzione migliore senza che nessuno l’abbia pianificata e senza costi per lo Stato. Se invece l’avesse decisa l’Amministrazione, non si correggerebbero nemmeno gli errori, perché essa sarebbe sicura di avere usato il metodo giusto.
Lo statalismo è sbagliato quale che sia l’ideologia su cui si fonda. E non si dica che anche questa è un’ideologia, perché lo zero non è una quantità, e l’ateismo non è una religione.
In Europa tutti i popoli si sono affidati ad ideologie e in tutte le nazioni lo Stato interviene in modo capillare. Il risultato è una sorta di paralisi, una accumulazione di errori che nessuno più riesce a correggere. La sanità è dovunque un enorme problema economico, per lo Stato, eppure sarebbe stato semplice obbligare tutti ad assicurarsi contro le malattie, come siamo assicurati contro la responsabilità civile automobilista. O sarebbe andata bene, o sarebbe andata male, ma in questo caso sarebbe andata come va di già.
Uno Stato leggero potrebbe risolvere i problemi dell’economia e un’economia florida potrebbe far cessare i furori populistici.
Gianni Pardo, giannip.myblog.it
gennaio 2017
(Nota) Di cui si raccomanda la lettura, Se l’Ue torna al 1917, la Repubblica, lunedì 2 gennaio 2017. Per parte mia lo riporto qui di seguito.

Lo sconcerto ha preso piede in Europa. Sono ormai in discussione le certezze coltivate per decenni con gran cura. Se guardano al futuro, gli europei non vedono un progetto in grado di organizzare l’agire collettivo, né figure di dirigenti capaci di indicare la via da seguire. Il favore dell’elettorato sembra ormai riservato solo a quelli che «sanno sedurre a parole, ma impugnano un grosso randello», per citare una frase del presidente Theodore Roosevelt. Da Donald Trump a Vladimir Putin, passando per Nigel Farage o Marine Le Pen, è il momento dell’orgoglio patriottico, delle promesse protezioniste, dei proclami identitari, delle pulsioni isolazioniste e delle affermazioni di sovranità.
Jacques Delors aveva descritto una volta il progetto europeo come un Opni, acronimo di «oggetto politico non identificato». E aveva ragione. L’Europa si è costruita senza pianificare granché (dato che mai prima d’allora si era tentato qualcosa di simile) ma con alcune solide certezze sul punto di partenza e su ciò che occorreva evitare a ogni costo. Per prima cosa, i padri fondatori posero alla portata di tutti gli europei un efficace e potente specchio retrovisore: benché la forma finale del progetto non avesse contorni ben definiti (in realtà neppure i più audaci potevano azzardarsi a dire dove, quando e in quali condizioni saremmo arrivati) in caso di dubbio bastava dare un’occhiata a quello specchio, e contemplare per qualche secondo le immagini del passato. Davanti agli occhi sorgevano allora i cavalieri dell’Apocalisse europea: il nazionalismo, la guerra, i totalitarismi, il colonialismo, il razzismo genocida. E quell’immagine serviva a superare i marosi e a dare alla nave europea un nuovo impulso verso il futuro.
Oggi però sembra che lo specchietto retrovisore abbia perso la sua efficacia. Anche se finora l’astronave europea ha superato diverse fasi del suo percorso, non riesce a sfuggire alla gravità della terra. Invece di lasciarsi alle spalle il XX secolo per avviarsi quasi in sordina nel XXI, sull’onda della pax kantiana e del sogno cosmopolita, oggi deve tener testa a forze poderose che vorrebbero riportarla a terra. E poco importa se queste forze, già al comando in capitali come Londra, Varsavia, Budapest e tra pochi giorni anche Washington, siano prive di un progetto concreto: il loro potere non deriva da capacità fondate sulla ragione, bensì dall’abilità di inscenare emozioni e trasmetterle attraverso metafore semplici e pregnanti.
Oltretutto queste metafore, che variano a seconda del luogo in cui vengono formulate, sono contraddittorie tra loro: mentre ad esempio i fautori della Brexit nel Regno Unito descrivevano l’Ue come un mostro burocratico che strangola l’impresa privata e la libertà individuale, la sinistra radicale la dipinge come un progetto neo-liberista al servizio delle lobby imprenditoriali, agenti segreti della globalizzazione finanziaria. Altri ancora paragonano l’Ue alla disciolta Unione Sovietica, descrivendola come una prigione dei popoli retta da un’unica ideologia omologante, che aspirerebbe a eliminare le nazioni in cui l’Europa ha le sue radici profonde, con le sottese identità. Il fatto stesso che un’entità politica sia rappresentata contemporaneamente in tre modi del tutto diversi e incompatibili tra loro illustra bene la complessità della situazione in cui il progetto europeo è oggi impantanato, e la difficoltà per i cittadini dell’Ue di decidere da quale lato di questo triangolo cercare una via d’uscita, prima di essere inghiottiti dal vortice delle sue contraddizioni. Non serve tentare di semplificare. Se si trattasse solo della lotta tra l’Illuminismo e il male, non avremmo di che preoccuparci. Ma il nemico è potente soprattutto perché oltre ad avvalersi della capacità emotiva del romanticismo, è riuscito a catturare e tenere in ostaggio alcuni dei tesori più preziosi dell’Illuminismo: la democrazia, la libertà, l’idea di progresso. Basti vedere come la maggior parte dei partiti xenofobi e anti-europei che pullulano in Europa adottano questi concetti e li utilizzano per presentarsi agli elettori. Come spiegare a un uomo dell’epoca dei Lumi, dirottato per errore nel nostro mondo, che il modo più semplice per non sbagliare nell’urna è fuggire a gambe levate davanti a qualunque partito che prometta democrazia, libertà e progresso? Presentarsi disarmati sul campo di battaglia: ecco il dramma, ecco tutta la profondità della sconfitta degli illuministi e cosmopoliti di oggi. Anziché promettere paradisi lontani e astratti a una platea di elettori disincantati, ripetendo per l’ennesima volta, senza convinzione, le stesse formule del passato, dovrebbero riscattare le proprie idee dai loro nemici, e lottare senza quartiere per dotarle di contenuti reali. Ma per farlo dovrebbero credere in esse con convinzione almeno pari a quella simulata dai loro avversari. Siamo nel 2017, ma sembra di essere nel 1917.
(l’autore è opinionista del quotidiano El País)
José Torreblanca.

SE L’ATTUALE CRISI ABBIA UN’ORIGINE IDEOLOGICAultima modifica: 2017-01-03T12:19:03+01:00da gianni.pardo
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