IL COLPEVOLE DEL PROBLEMA NORDCOREANO

Il “Corriere” ha scritto una cosa ovvia: il problema nordcoreano è stato reso insolubile dall’inerzia di Clinton, Bush e Obama. Ma l’affermazione è coraggiosa. Mentre è di moda dire peste e corna di Trump, almeno del primo e del terzo di quei presidenti (ovviamente democratici) nil nisi bonum. Anni fa, attribuire loro quella responsabilità sarebbe apparso azzardato, assurdo, oltraggioso. Già Bush junior è stato condannato per la vigoria con cui ha reagito all’11 settembre. Dunque quei tre vanno assolti. Perché sul momento hanno agito come tutti desideravano che si agisse. Cosa che induce a sconfortanti considerazioni.
L’uomo si è autodefinito sapiens, ma ovviamente ha esagerato. Quando si tratta di ottenere vantaggi immediati è molto capace, ma sapiens non è certo. Per noi il titolo più adatto sarebbe: homo faber. Un primate che sa usare le mani e costruirsi utensili, ma non molto di più. La nostra preziosa corteccia cerebrale è spesso lasciata a riposo.
L’intelligenza non è capire che ci si bagna quando piove. E neanche inventare l’ombrello. L’intelligenza è andare al fondo delle cose. Capirne il valore e le implicazioni per il futuro. Anche quando non sono evidenti. E invece il fumatore, se gli parlano del fatto che il fumo è cancerogeno, sorride. Magari ammette coraggiosamente che tutti dobbiamo morire, ma non appena il medico legge delle analisi, e si rabbuia, il coraggio svanisce e il nostro eroe trova finalmente la forza di smettere di fumare. Chiude la porta dopo che i buoi sono fuggiti. Sapiens?
Come si è visto con i tre Presidenti americani, questo fenomeno si ha anche in politica. La Corea del Nord, prima, non era né un pericolo immediato, né un pericolo irrimediabile. E allora si è trovato normale aspettare che lo divenisse. Come si dice in inglese, molti vedono la luce soltanto quando ne sentono il calore. Quanti milioni di americani avrebbero protestato contro un presidente che, magari dieci o vent’anni fa, avesse messo in riga – certo non con le buone – la Corea del Nord? Non possiamo gettare addosso la croce a chi si è limitato a belare. Semmai dobbiamo dare la colpa alla democrazia. In questo tipo di regime – d’accordo, il migliore che c’è – neanche l’uomo più potente della Terra può prescindere dall’opinione del popolo. Neanche se il popolo sbaglia.
Un episodio storico fra mille. Dopo la Prima Guerra Mondiale, la Francia – perfettamente democratica e pacifista – non si riarmò. Invece la Germania, guidata da un maniaco, si riarmò fino ai denti e cominciò a dimostrare quanto fosse bellicosa. E tuttavia, quale fu la reazione? Ancora durante la Conferenza di Monaco. le grandi democrazie credettero di ammansire Hitler con i sorrisi e con le concessioni.
Ma anche quelle vicende contengono una lezione. Le dittature esercitano il massimo della loro forza e usano il massimo del realismo perché le decisioni sono prese velocemente, da chi non deve renderne conto a nessuno. Magari da un capo che conosce la vigliaccheria, la lentezza e i pregiudizi degli avversari ed è capace di approfittarne cinicamente. Le democrazie invece somigliano a un omaccione sonnacchioso che desidera soprattutto essere lasciato in pace. Perfino se gli segnalano un incendio, chiede se veramente sia tanto vicino. Se veramente ci sia pericolo. Se veramente deve alzarsi e cercare di metterci rimedio.
Questa dissimmetria segna buona parte della storia contemporanea ma non sempre opera a favore dei dittatori. Innanzi tutto essi spesso si ubriacano della loro potenza, fino a fare il passo più lungo della gamba. Infatti le nazioni civili sono lente, pavide. e spesso ingiustificatamente ottimiste: ma i dittatori sbagliano se pensano che siano imbelli. A meno che non riescano a batterle al primo colpo – come riuscì a Hitler con la Francia – poi dovranno aspettarsi una reazione tremenda. La violenza dell’omaccione, una volta sveglio, fa paura. Fra l’altro perché, avendo il migliore sistema sociale, le nazioni democratiche sono spesso ricche e l’argent fait la guerre.
Ma tutto ciò quando prima si è rischiata la morte. Finché non si arriva allo show down, i provocatori hanno il vantaggio della prima mossa e l’aureola dei grandi condottieri, mentre persino i Presidenti degli Stati Uniti sembrano inconsistenti fantocci. Se parlano di proteggersi in tempo, i giornali gli chiedono: “Che cosa prova che chi ci ha sparato volesse colpirci?”
Nel mio intimo, ho sempre rimproverato alla Francia di non avere invaso la Ruhr negli Anni Trenta, secondo i termini del trattato di pace. Avrebbe impedito il riarmo della Germania. Ma il governo francese del tempo mi avrebbe obiettato: “Si rende conto di quale sarebbe la reazione dell’opinione pubblica internazionale e soprattutto di quella francese?”
Ormai non ci rimane che aspettare. Forse Kim Jong-un, come tutti i giovani scervellati, e come tutti i dittatori poco abituati al contraddittorio, insisterà fino a spararsi sui piedi.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
16 settembre 2017

IL COLPEVOLE DEL PROBLEMA NORDCOREANOultima modifica: 2017-09-16T08:04:24+02:00da gianni.pardo
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