DETTO E NON DETTO NELLA SINISTRA

Quando ci sono dei contrasti, e si cerca di ricomporli, uno dei problemi è la corretta individuazione della materia del contendere. È inutile discutere dei contrasti dei coniugi sull’arredamento, se la ragione taciuta per la quale i due intendono separarsi è il tradimento.
Anche per quanto riguarda l’unione della sinistra, e in particolare la riconciliazione fra Pd e scissionisti, c’è un problema di detto e un problema di non detto. Il motivo pubblico è ideologico: il Pd, a sentire i fuorusciti, ha tradito gli ideali tradizionali. È divenuto più o meno un partito di centro e dovrebbe ritrovare le proprie radici. Tanto per fare un esempio, il Mdp ripropone con forza la legge cosiddetta dello “ius soli” per la nazionalità agli immigrati e la reintroduzione dell’art.18 dello Statuto dei Lavoratori. Il Pd, nella persona di Matteo Renzi, si pone invece come inamovibile. È la montagna che dice a Maometto: “Puoi scegliere se venire o no. Certo io non posso spostarmi”. Fra l’altro spostarsi per andare verso posizioni elettoralmente pericolose? In queste condizioni gli sforzi dell’instancabile Giuliano Pisapia, quelli che potrebbero un giorno fare Pietro Grasso, Romano Prodi o Walter Veltroni sembrano inutili. Il fossato è troppo grande. La riconciliazione è al prezzo del rinnegamento di sé di uno dei contendenti. Ma è veramente questa, la materia del contrasto?
In ogni grande partito esistono tendenze contraddittorie. La Democrazia Cristiana era una federazione di partiti, non raramente in lotta fra loro. Persino nel monolitico Pci esistevano “correnti” in continua competizione, per esempio (salvo errori) massimalisti e miglioristi. Una grande formazione politica permette la discussione interna ma, una volta che si è votato, la maggioranza prevale e i dissenzienti, per disciplina, si conformano alla sua linea ufficiale. E allora, perché si è avuta una scissione nel Pd?
Il non detto è che la materia del contendere ha un nome e cognome: Matteo Renzi. Quest’uomo si è fatto tanti nemici che non soltanto il partito si è spaccato, ma molti sono disposti a non contare più nulla, politicamente, pur di non convivere con lui. Che tutto ciò sia ragionevole o irragionevole; che Renzi meriti o non meriti questa ostilità; che l’atteggiamento dei contendenti nasca dalla legittima difesa o dall’autolesionismo, poco importa. Bisogna soltanto vedere se il nocciolo del problema sia ideologico – cosa inverosimile – o puramente umano e interpersonale. Perché se così è, è di questo che bisogna discutere.
Interessante è il fatto che, all’interno stesso del Pd ci siano personaggi – come Cuperlo – che non sono alieni dal dialogo con gli ex compagni del Mpd. Costoro dunque sanno bene che dal punto di vista ideologico c’è modo di mettersi d’accordo. Si tratta fondamentalmente di persone.
Se il problema è Matteo Renzi, la discussione non dovrebbe girare a vuoto. Bisognerebbe avere il coraggio di affermare: “L’unità della sinistra è al prezzo dell’allontanamento di Matteo Renzi”. Ovviamente dicendo questo ci si attirerebbero molte critiche. La politica è più importante dei singoli. Renzi ha fatto questo e quell’altro di buono. Renzi è il legittimo segretario del Pd. Non ultimo il rimprovero di far prevalere un rancore personale sul bene della nazione.
Ma la possibile risposta non sarebbe difficile: “Giusto o sbagliato che sia, se appena Renzi si fa da parte, i contrasti si appianano. Il rimprovero perché non lo rivolgete a lui? È un singolo, è a lui che bisogna chiedere se il suo ego sia più importante della nazione”. Il Paese dovrebbe percepire il brutale dilemma: Renzi, e sinistra spaccata e perdente, o non Renzi e sinistra unita e vincente? In modo da far ricadere su di lui la colpa della futura sconfitta.
Questi ragionamenti non vogliono attribuire torti e ragioni. Fra l’altro le proposte politiche ed economiche del Mpd sono arcaiche e nettamente più negative dalle linee di condotta del Pd. Perché insistere sull’articolo 18 o sull’apertura indiscriminata ai migranti, quando il Paese è nettamente contrario, e c’è chi conta di vincere le elezioni battendo sulla politica della lotta agli sbarchi? Probabilmente, come posizione programmatica, è piuttosto il Pd ad essere dal lato del giusto. Ma la questione è puramente fattuale. Se Renzi è la pietra d’inciampo, va rimosso. Se non è lui, probabilmente alla frammentazione non c’è rimedio, perché il Mpd sarebbe veramente tornato alle radici irrealistiche della sinistra estrema. Quella senza speranza e capace soltanto di fare danni al Paese.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
13 novembre 2017

DETTO E NON DETTO NELLA SINISTRAultima modifica: 2017-11-13T12:48:31+01:00da gianni.pardo
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