LA DIVINA COMMEDIA SCRITTA DA UNA SCIMMIA

C’è un ragionamento che è stato fatto molte volte per dimostrare che Dio esiste ed è l’autore del mondo come lo conosciamo. Una sveglia meccanica non è certo un congegno molto complesso e tuttavia si può immaginare che quell’orologio si sia assemblato da solo? Che da sole siano nate le ruotine dentate, la molla, le lancette, e poi si siano spontaneamente associate per farci svegliare la mattina?
E c’è di più. Una sveglia è infinitamente meno complessa di una formica. Ora, se non siamo riusciti ad immaginare una sveglia che si costituisca da sola, come potrebbero essersi costituiti da soli una formica, una tartaruga, un delfino o un uomo? Secondo i miscredenti fautori dell’evoluzionismo, questi organismi sempre più complessi si sono costituiti per caso, senza una mente che li abbia voluti creare. Ma, obiettano i creazionisti, se si dessero ad uno scimpanzé, che pure è una delle bestie più intelligenti, cassette intere di caratteri tipografici, quante possibilità ci sarebbero che la scimmia, a forza di mettere insieme lettere e spazi a caso, riscriva La Divina Commedia? Dunque l’Universo è opera di Dio.
La dimostrazione – che non appassiona particolarmente i teologi – convince molte persone semplici. Qui però non interessa il lato teologico. Interessa di più la questione della casualità. Infatti anche il miscredente deve riconoscere che la scimmia non potrebbe mai scrivere la Divina Commedia. Dunque rimane la curiosità: “Che cosa si può rispondere a questo argomento?”
Per quanto possa sembrare strano, non soltanto la risposta c’è, ma la dà proprio la natura. Infatti il problema, come lo ha posto il parroco, è sbagliato. Nella realtà non si è partiti dalla condizione ipotizzata per lo scimpanzé. Nella realtà dell’evoluzione lo scimpanzé prende un carattere a caso da uno dei cassetti, per esempio la lettera “W” e ovviamente ha commesso un errore, perché il poema dantesco non comincia con una “W”. Allora si dice allo scimpanzé: “Riprova”. E lui prende una “B”. Sbagliato. Riprova. “F”. Sbagliato. Riprova. Finché la bestia tira fuori una “N” e gli si dice: “Giusto. Passa alla seconda lettera”. Ecc. Ovviamente il procedimento sarebbe così lento, che lo scimpanzé morirebbe di vecchiaia prima di aver scritto anche soltanto la prima cantica; ma se la scimmia ha premura, non ha premura la Terra. Studiando la storia della vita, si vede che il suo sviluppo ha avuto a disposizione miliardi di anni. E ogni volta che un mutamento del tipo di un organismo si è dimostrato nocivo, il portatore di quel mutamento è stato sfavorito nella sopravvivenza. Mentre ogni mutamento positivo, se trasmesso ai discendenti, ha dato luogo ad un organismo migliorato rispetto al precedente, e più adatto alla sopravvivenza e alla riproduzione. Fino a far progredire le specie dalle meno complesse verso le più complesse, dalle meno capaci di sopravvivere alle più capaci di sopravvivere. E questo semplice meccanismo, che Darwin chiamò the survival of the fittest, la sopravvivenza del più adatto, ha portato all’evoluzione quale la conosciamo. Fino all’uomo.
Il grande vantaggio che ha avuto la vita è stato quello di veder premiata ogni soluzione utile e punita ogni soluzione nociva. Il mondo della vita, contrariamente a ciò che pensano i credenti, non ha proceduto “verso” qualcosa, come fa chi attua un progetto, ma cercando di evitare qualcosa: la morte per fame o perché mangiati da un predatore. Tutto questo, associato con la riproduzione, e dunque con la conservazione dei vantaggi conseguiti, ha condotto alla realtà attuale.
In questo campo abbiamo un eccellente esempio con le parole d’ordine dei nostri computer. Immaginiamo che queste “password” debbano essere costituite da numeri, da zero a dieci. E ogni password debba contenere dieci cifre. Quante sono le combinazioni possibili? Il numero risulta da 10x10x10, dieci volte, credo dia 10.000.000.000. Sembra una cifra astronomicamente grande, ma per un computer potente passare tutte le combinazioni possibili fino ad inserire quella giusta sarebbe uno scherzo. E infatti si raccomanda di creare password di almeno una dozzina di simboli, alternando cifre, maiuscole, minuscole, segni ortografici, in un guazzabuglio assolutamente indecifrabile. I dieci miliardi di poco fa sono assolutamente niente, al confronto. Ecco le password “sicure”. E tuttavia pensate che, di fronte alla password più complessa immaginabile, si dicesse al computer (come si è fatto con la scimmia) se ha sbagliato o ha azzeccato, prima di passare al simbolo seguente. A questo punto la password “impossibile” sarebbe decodificata in un tempo brevissimo, questione di secondi.
Ecco come si spiega il miracolo dell’evoluzione. La vita ha scelto sempre la via giusta semplicemente perché le altre non funzionavano. E per questo venivano abbandonate. Così come si sono estinte tutte le specie vegetali o animali che, nel tempo, per qualsivoglia ragione si sono rivelate incapaci di sopravvivere nelle nuove condizioni.
La scimmia da sola non scriverà mai la Divina Commedia. Ma datele centomila anni, avvertitela ogni volta che sbaglia, e ve la scriverà.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
22 luglio 2018

LA DIVINA COMMEDIA SCRITTA DA UNA SCIMMIAultima modifica: 2018-07-22T09:53:44+02:00da gianni.pardo
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12 pensieri su “LA DIVINA COMMEDIA SCRITTA DA UNA SCIMMIA

  1. “. La vita ha scelto sempre la via giusta semplicemente perché le altre non funzionavano.”

    Può essere. Ma rimane il problema di chi sia il soggetto ( la vita chi ? ) e dei parametri ( la via giusta ) che hanno determinato quel tipo di evoluzione e non una diversa . In realtà né la teoria creazionistica, tanto semplice quanto inverosimile, né la teoria darwiniana della ” sopravvivenza del più adatto ” ( più adatto a cosa e a giudizio di chi ? ) dànno risposte soddisfacenti secondo i nostri parametri. Non se ne esce 🙂 .

  2. Ma no, caro Eduardo, la teoria darwinana spiega abbondantemente tutta l’evoluzione delle forme viventi, salvo ovviamente la nascita della vita stessa.
    A monte ci sono le variazioni genetiche casuali e poi, a valle, c’è la sopravvivenza degli individui che (casualmente) risultano più adatti all’ambiente, e per converso la morte precoce degli inadatti.
    Non serve molto altro, se non una fedeltà notevole (ma non totale) nella copiatura del DNA.

    Se vuoi farti una cultura sul’argomento ti cosiglio vivamente i libri del grande biologo evoluzionista Richard Dawkins, al quale ho dedicato il breve dialogo (immaginario) che puoi trovare qui:
    https://ilfenotipoconsapevole.blogspot.com/2015/05/anche-locchio-vuole-la-sua-parte.htm.

    Mi scuso col professor Pardo per la piccola “invasione di campo”, ma credo che anche lui potrebbe trovare interessante questa lettura.

  3. Risposta ad Eduardo (mi scuso con Lumen, non avevo ancora letto la sua risposta).
    Non siamo d’accordo. “La vita chi?” Va bene: gli esseri viventi o sopravvi-vono e e permangono come sono (gli squali) o si evolvono o si estinguono (i dinosauri). De facto. E così abbiamo eliminato “la vita”.
    La via giusta è quella che fa sopravvivere la specie e prevalere sulle altre, in caso di scontro.
    Quel tipo di evoluzione e non una diversa? Ma se esistono migliaia di spe-cie di insetti! Ci sono molte soluzioni e, infatti, molti risultati.
    La più adatt a cosa? A sopravvivere, a riprodursi e a moltiplicarsi.
    A giudizio dei risultati obiettivi. Non è una gara in cui si distribuiscono me-daglie.
    Se ne esce eccome. A meno che uno non voglia uscire e rimanere dov’è.

  4. È molto complicato. Ma mi ricorda “Il principio di Peter, descritto da Massimo Recalcati. L’ho ritrovato e lo allego.

    Il Principio di Peter, prevede in un’amministrazione moderna, che ogniuno raggiunga la sua “incompetenza”. Cioè…un buon contabile può diventare capo ufficio, se è bravo, può diventare direttore, poi dirigente, ecc. ecc. Il Principio di Peter prevede che ogni uno si fermerà nel punto che dimostrerà incompetenza. Non potrà andare oltre perché dimostrerà di non saper fare meglio di quello che fa. Non passerà e fermerà la sua carriera.
    Ecco che cosa sono riuscite a fare le spugne… sono nate e rimaste per sempre delle spugne e non si sono mai migliorate pur avendo tentato (con forme un po’ arrangiate) invano, di evolversi verso organismi più complessi.
    È un principio capitalista?… OK.
    Ma noi italiani siamo molto fortunati. QUI ci sono i diritti acquisiti!
    E quindi, un direttore o dirigente divenuto ottuso, sarai costretto a sopportarlo per sempre, perché nessuno lo potrà mai più indreteggiare, neanche se lo hai stabilito per tempo, nel contratto.
    Ugo.francalanci@gmail.com

  5. Caro Francalanci,
    il principio di Peter funziona benissimo per le carriere umane, per quanto riguarda le spugne (di cui non so molto, so soltanto che sono animali) il principio di Peter non credo che valga. Perché un animale non chiede nulla più di sopravvivere e riprodursi. Se lo fa senza difficoltà, non ha nessuna ragione di evolversi, perché ha già trovato la soluzione ideale. È il caso degli squali, delle meduse, e in generale di quegli organismi che risalgono ad epoche geologiche lontanissime. Gli squali è come se fossero arrivati alla carica di Presidente della Repubblica. Molte centinaia di migliaia di anni fa.

  6. Io la farei anche più semplice, senza addentrarmi troppo nei misteri della vita e sulle ipotesi alla base della stessa o dell’evoluzione che pure è un dato di fatto anche per i “creazionisti”.
    Dire che il mondo (o l’universo) è troppo complesso per essersi creato da solo e che quindi deve esserci stato per forza un Creatore non è risolutivo perché significa solo spostare il problema ad un livello superiore: a quel punto la domanda diventa “chi ha creato Dio?”.
    Così ha scritto una delle più grandi menti umane: Stephen Hawking.

  7. Non discuto il genio di quel genio inglese, ma la stessa domanda la faceva una signora francese, circa mezzo secolo fa. E sono convinto non fosse la prima.
    In fondo, per dimostrare l’inconsistenza delle prove dell’esistenza di Dio, Kant (che pure personalmente era credente) ha discusso più le tesi di S.Anselmo che quelle di Aristotele, che per primo (per quanto ne so) si è appoggiato su quella famosa “catena causale”.
    Come ho scritto io stesso a una gentile corrispondente: “Se per Lei è assurdo che l’Universo sia sia sempre esistito, per Lei è assurdo Dio. E se Lei sostiene che ciò che è assurdo per l’Universo potrebbe non essere assurdo per Dio, perché Dio è diverso e superiore, Kant le risponderebbe che Lei sta desumendo l’esistenza di qualcosa dalle qualità di quel qualcosa, del quale però non sa se esista. Immagino veda il circolo vizioso”.

  8. Non metto in discussione la teoria dell’evoluzione della specie, ma resta il buco nero sull’origine ( dal nulla non evolve nulla ) e dello scopo. L’universo è sempre esistito ? Gli atei sostengono di sì, ma è un’ipotesi che non si può dimostrare e per i parametri umani non è realistica. Sul Dio cristiano ho avuto dubbi fin da bambino; tra l’altro non riuscivo a credere che nell’ostia ci fosse il corpo di Cristo. Non ci riusci nemmeno il teologo a cui fui indirizzato da don Andrea, il prete della mia parrocchia. In poche sedute riuscì solo a togliermi i dubbi residui e il Dio cristiano fu definitivamente archiviato. Ci rimasi male più per loro, il teologo e don Andrea, che per me. Poi a 14/15 anni mi capitò tra le mani un libriccino “ Breve trattato teologico politico “ di Spinoza e fu subito amore. Ma non durò molto. Prima il suicidio di un mio compagno e vicino di casa, poi l’agonia e la morte di mio padre mi indussero a riconsiderare anche il dio di Spinoza. Alla fine cosa te ne fai dell’immanenza divina ? Certo, in qualche modo dobbiamo pur convivere con questa realtà, ma non prendiamola troppo sul serio.

  9. Quante tragedie intellettuali nascose ci sono nella vita di tutti noi!
    Caro Eduardo, lei parte dalle risposte (dal nulla non si evolve nulla e ci de-ve essere uno scopo, in tutto questo). Ma se parte dalle risposte, non ha dub-bi, ha certezze, e queste certezze potrebbero essere sbagliate. Dal nulla non si sviluppa nulla, ma chi le ha dimostrato che siamo partiti dal nulla? E che co-sa Le dimostra che il tutto deve avere uno scopo? A me nessuno l’ha dimo-strato.
    Infatti Lei stesso poi chiede: “L’Universo è sempre esistito? Ma ciò non si può dimostrare”. Ancora una risposta sbagliata. Non va dimostrato che sia sempre esistito, va dimostrato che prima non esisteva e poi Qualcuno l’ha creato. Dunque o Lei dimostra l’esistenza di un Dio creatore (e questa dimo-strazione è filosoficamente impossibile, a parere di Immanuel Kant), oppure deve ammettere che l’Universo è sempre esistito, che la cosa le sembri chia-ra, incomprensibile o assurda non importa. O Lei dimostra Dio (e dopo dovrà anche spiegarmi come mai Lui sia sempre esistito e l’Universo non può esse-re sempre esistito), o Lei accetta che l’Universo è sempre esistito. Tertium non datur.
    Se Lei ritiene che i parametri umani non ci mettono in grado di accettare queste conclusioni, Le dirò che anche questa è un’ipotesi non “umana” ma di “Edoardo”. Perché io riesco ad accettarle.

  10. Da un punto di vista logico ha ragione Lei. L’Universo c’è ( quanto meno lo percepiamo ) e prima di mettere in dubbio che sia sempre esistito, dovremmo dimostrare che ha avuto un inizio. Tuttavia ci sono concetti come infinito ( qualità di ciò che non ha limiti o che non può avere una conclusione perché appunto infinito, senza-fine ) o eternità ( infinita estensione nel tempo, che non ha avuto inizio e non avrà termine ) che non riesco ad immaginare . Capisco le rispettive definizioni, ma in concreto non riesco ad immaginarmele.
    Lei ripone molta fiducia nello strumento della logica : o questo o quello . Tertium non datur . E’ uno strumento molto utile nelle relazioni umane, ma a mio parere non sufficiente a spiegare i problemi posti dall’esistenza. Io una spiegazione soddisfacente non l’ho mai trovata e da almeno una quarantina d’anni sono un agnostico rassegnato, ma non inquieto. Ci si abitua a vivere abbastanza bene anche in compagnia dei “non so “.

  11. Egregio prof. Pardo,
    leggo sempre con piacere i suoi arguti argomenti. Se mi consente, da miscredente, vorrei formulare un’eccezione alla teoria evoluzionistica: la riproduzione tende, appunto, a riprodurre i medesimi caratteri dei riprodotti, per cui le mutazioni sono molto rare e costituiscono delle eccezioni. Ebbene, ciò premesso, il mero calcolo probabilistico rende altamente improbabile se non impossibile che in un arco di anni tutto sommato assai ristretto si possa passare dal batterio all’essere umano in forza di mutazioni casuali, che non solo si dovrebbero verificare, ma dovrebbero anche consolidarsi tramite la riproduzione con un essere non portatore di quelle mutazioni (quante sono le probabilità che due soggetti presentino la medesima mutazione casuale nel medesimo periodo di tempo e si riproducano casualmente fra loro?). Si dovrebbe dunque trattare di mutazioni dominanti. Francamente il rasoio di Occam combinato al calcolo probabilistico induce più di una perplessità in merito alla teoria evoluzionistica

  12. Un arco di anni assai ristretto? Qui si parla di due o tre miliardi di anni.
    E comunque quale altra spiegazione scientifica migliore di quella di Darwin è stata trovata?

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