LA MULTIETNICITA’

LA MULTIETNICITÀ
Berlusconi ha detto che non vuole un’Italia multietnica e per prima cosa bisognerebbe sapere cosa significhi “multietnico”.
Per lo Zingarelli, multietnico significa “formato da diversi gruppi etnici” e l’etnia è così definita: “raggruppamento umano basato su comuni caratteri razziali, linguistici o culturali”. Dello stesso parere sono il Devoto-Oli e il Sabatini-Coletti. E allora ecco la domanda: per caso,  l’abbiamo già, in Italia, questa “multietnia”? La risposta è sì: basta pensare all’Alto Adige. Qui ci sono quasi centomila italiani che parlano tedesco e si vergognano del nostro passaporto. Se non vogliamo l’Italia multietnica, che facciamo, imponiamo agli altoatesini di parlare solo italiano oppure regaliamo il Süd Tirol all’Austria? (Fra l’altro ci guadagneremmo economicamente).
Berlusconi, dicendo di non volere un’Italia multietnica, intendeva sicuramente qualcosa di diverso. Ma allora perché non si è espresso in maniera meno infelice?
Diverse etnie possono convivere sullo stesso suolo a condizione che questa convivenza sia armonica. La Svizzera ha italofoni e francofoni, cattolici e protestanti, germanici e latini, e tuttavia non ha grandi problemi sociali. Chi si sentirebbe di rifiutare quel modello? Viceversa in Spagna, negli Anni Trenta, c’erano solo spagnoli autentici, tutti bianchi e tutti cattolici, e tuttavia c’è stata una terribile guerra civile. Il discrimine non sta nell’omogeneità della popolazione ma nella capacità di integrazione in un modus vivendi comune.
L’Impero Romano non badava all’origine dei suoi cittadini ed è arrivato ad avere imperatori  spagnoli o illirici. Solo su un punto non transigeva, la fedeltà allo Stato: ne seppero qualcosa i cristiani. Anche in Francia ci sono milioni di cittadini, non di lontana origine francese, perfettamente integrati: dagli italiani incorporati durante il Risorgimento ai “tedeschi” dell’est, ai moltissimi immigrati spagnoli, russi, armeni, portoghesi. Poi purtroppo c’è l’eccezione dei moltissimi maghrebini che, pur avendo la cittadinanza prima ancora di mettere piede in Europa – l’Algeria era costituita da “dipartimenti francesi” – non sono mai diventati francesi di cuore. Come non lo sono diventati i loro figli e nipoti, che pure non hanno mai conosciuto l’Africa. Si è visto nella rivolta delle banlieues. Non è importante da dove si viene, è importante come ci si amalgama.
Un paese democratico non rifiuta l’ingresso a chi viene per lavorare e contribuire alla prosperità nazionale. Le differenze di colore, di religione, di abitudini alimentari non hanno importanza. Ai malati interessa poco se in ospedale l’infermiera è filippina o colombiana: l’essenziale è che conosca il suo mestiere e sia gentile. L’unica condizione, per l’armonia, è che lo straniero accetti almeno le principali regole della civiltà locale. Tempo fa un musulmano ha assassinato la propria figlia – si chiamava Hina – solo perché voleva vivere come le ragazze italiane e quell’uomo è stato condannato a decenni di carcere: ma non basta. A nostro parere, una volta scontata la pena, quel selvaggio dovrebbe essere espulso dall’Italia.
Tutti dobbiamo, fin dove possiamo, rispettare chi è diverso da noi: ma chi è diverso da noi ha il dovere imprescindibile di accettarci, soprattutto se è lui che viene a casa nostra. Noi permetteremo che le donne circolino con il burka, se lo desiderano, ma esse non devono pretendere di essere velate nelle foto delle carte d’identità; le ragazze, se questo stabilisce il regolamento scolastico,  non devono indossare il burka ma il grembiule, come le altre. E bisogna punire molto severamente chi si rende colpevole di mutilazioni genitali e di altre pratiche incompatibili col nostro livello di civiltà.
Gli stranieri devono accettare la vita all’italiana, se vogliono vivere qui. When in Rome, do as the Romans do, dice un proverbio inglese: quando sei a Roma, comportati come i romani. E questo è qualcosa di più di un detto: è un obbligo morale e giuridico.
Berlusconi avrebbe dovuto dire: non permetteremo che sia stravolta la nostra italianità e cercheremo di limitare l’ingresso di coloro che, per programma, non vogliono integrarsi. Se avesse detto questo, l’avremmo applaudito.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
Se esprimerete il vostro parere, positivo o negativo che sia, sui miei testi, mi farete piacere.
12 maggio 2009

LA MULTIETNICITA’ultima modifica: 2009-05-12T18:28:54+02:00da gianni.pardo
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