LA DISINFORMAZIONE TELEVISIVA


I telegiornali devono informare il grande pubblico ma non è un compito facile. Poniamo sia il giorno in cui moltissimi partono per le vacanze e si verifica un grande ingorgo su un’autostrada. Già se i telegiornali si limitassero a dire “s’è formata una coda di cinque chilometri”, cioè se fornissero il dato nudo e crudo, non darebbero un’informazione sufficiente. La gente vuole anche sapere se c’è un colpevole. E non è lo stesso se quest’anno la coda è stata di cinque chilometri e l’anno scorso la coda è stata di tre o di nove chilometri: nel primo caso significherebbe che la presente amministrazione sta peggiorando la situazione, nel secondo che – stante l’inevitabilità del sovraccarico di traffico – l’amministrazione ha comunque fatto il possibile e c’è qualche speranza per il futuro.
Un secondo esempio: se prima per andare dal punto A al punto B non c’era un’autostrada, tutti si mettevano in cerca di un percorso e alla fine magari intasavano cinque o sei strade diverse, creando il caos in un’intera porzione del territorio. Se poi si è creata un’autostrada che di solito rende quel percorso facilissimo, è ovvio che, nel momento del traffico eccezionale, essa si riveli insufficiente. I telegiornali in questo caso, invece di dare la colpa all’autostrada, potrebbero almeno dire che prima andava male sempre mentre ora si tratta di un traffico eccezionale. In questi casi essi invece si esprimono come se, solo per il traffico di un giorno o due l’anno, si sarebbe dovuta costruire un’autostrada a cinque corsie.
Fanno anche di peggio. Se si ispirano ai partiti di governo, invece di parlare di eventuali insufficienze del sistema viario, sottolineano l’imprevidenza degli estivanti che, malgrado i mille avvertimenti dell’Autorità, sono partiti tutti insieme nello stesso momento. È vero che in questi casi non c’è rete stradale che tenga ma essi mostrano il fortunato che, essendo partito alle cinque e mezza del mattino, ha trovato un traffico “pesante ma in totale veloce”, come dice sorridendo. Un altro che, pure fermo sotto il sole, dice sereno che “bisogna pagare un prezzo, a volte, per andare al mare”. Infine mostrano dei volontari che offrono bottiglie d’acqua minerale ai forzati dell’asfalto. Per infine concludere che, a giudicare da questi milioni di persone che vanno a godersi le ferie, non si direbbe proprio che ci sia una crisi.
Se invece si ispirano ai partiti d’opposizione, intervistano un signore che sbraita: “È un’indecenza, è l’autostrada che dovrebbe pagare me, se mi obbliga a rimanere fermo per ore sotto il sole d’agosto, in un’auto arroventata!”; oppure la signora con in braccio il bambino piccolo che piange: “Magari per il caldo, signora?” “E certo, per il caldo! Speriamo che non si senta male”. “Lei da quanto tempo è in viaggio?” “Siamo partiti da Milano alle sette ed ora siamo qui – da quanto tempo, Maria? – da un’ora e cinquanta. E chissà quando ci muoveremo. È uno schifo”.
Le interviste dei telegiornali sono quanto di più mistificatorio si possa immaginare. Esse attuano la massima disinformazione: basta infatti scegliere artatamente quelle in linea con ciò che il tg vorrebbe dire, che sia la verità o no. A questo punto uno sogna di vietarle, le interviste; di creare telegiornali di Stato; di multare i giornalisti; di fare follie.
Una televisione sciocca e faziosa è il prezzo che non si può non pagare alla democrazia. Questa, malgrado i suoi difetti, rimane il miglior regime possibile e noi stessi saremmo pronti a batterci per la libertà di parola e di opinione: tuttavia sarebbe bello se almeno la Rai, ogni tanto, si ricordasse di essere servizio pubblico. Se facesse qualche programma che, con esempi suggestivi, insegnasse alla gente a diffidare del piccolo schermo. O che magari, usando bastone e carota, insegnasse ai propri giornalisti che l’informazione non è la battaglia politica proseguita con altri mezzi.
Ma non c’è speranza. I giornalisti non sono soltanto faziosi, sono anche pigri intellettualmente. Non hanno vergogna di parlare per la millesima volta di “spiagge prese d’assalto” e di “alberghi che registrano il tutto esaurito” e tutto l’anno si lasciano andare ad usare il simil-inglese del racchett, dell’autoriti, del puscer, dello stolching, del chiller che è sparito facendo perdere le tracce (di chi?), o un gergo della malavita ripetitivo e stucchevole a base di morti ammazzati e di delinquenti incastrati che poi cantano dinanzi al giudice. Una povertà linguistica e lessicale che accoppia il massimo di snobismo col minimo di conoscenza delle lingue straniere. E dell’italiano che ne fa parte.
Forse simili giornalisti non sono neppure scorretti: sono semplicemente inadeguati.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
10 agosto 2009
P.S. In questo periodo ho reso più rari gli articoli perché la maggior parte degli amici è in ferie. Il dialogo ridiverrà intenso a fine mese.

LA DISINFORMAZIONE TELEVISIVAultima modifica: 2009-08-10T17:29:21+02:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “LA DISINFORMAZIONE TELEVISIVA

  1. Je vous répondrais volontiers, si je savais, d’abord, comment ça se fait que vous ne vous posez même pas le problème de savoir si je comprends le français.
    Répondez-moi, si vous voulez bien, sur le plus récent de mes articles (en allant su http://www.pardonuovo.myblog.it). Celui-ci est de l’année dernière. De l’archéologie, aujourd’hui.

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