DELLA STUPIDITA’ IN POLITICA

Non raramente i personaggi che giungono al sommo dello Stato – Premier, ministri, capipartito – sono largamente superiori alla media: per intelligenza, per furbizia, per risolutezza, per capacità di dominare gli altri. Un capo incapace non dura a lungo, come non duravano a lungo certi imperatori romani nati dal capriccio dei pretoriani. Viceversa, anche un criminale che abbia grandissima forza di carattere, totale mancanza di scrupoli e astuzia sopraffina, come Stalin, può morire osannato nel suo letto.
Gli uomini superiori sono tuttavia capaci di commettere errori immensi ed anche del tutto in contrasto con le loro qualità. Stalin fu talmente diffidente da assassinare pressoché tutti i suoi compagni della prima ora, e poi ebbe l’ingenuità di fidarsi di Hitler. Quest’ultimo, che aveva imparato dalla Prima Guerra Mondiale che bisognava evitare ad ogni costo di avere il doppio fronte est ed ovest, se lo creò attaccando l’Unione Sovietica.
Nei paesi democratici di solito gli errori hanno conseguenze meno catastrofiche. Berlusconi, nel 1994, credette a Oscar Luigi Scalfaro quando questi gli assicurava nuove elezioni “a breve”. Fu ingannato e la lezione gli servì: quando, nel 2008, caduto il governo Prodi, gli si chiese da più parti di accettare un governo tecnico di transizione giusto per fare una nuova legge elettorale, mandò tutti al diavolo, pretese le elezioni e le vinse. Ma non è la prodezza, che è stupefacente: è l’ingenuità di prima. Come credere alle assicurazioni di un nemico, se in politica neanche le assicurazioni di un amico sono affidabili?
Coloro che entrano in politica, soprattutto se da uomini maturi, ci mettono tempo a capire che Machiavelli aveva largamente ragione. In politica un amico è qualcuno da cui devi guardarti con più attenzione.
Silvio Berlusconi potrebbe avere commesso l’errore di credere nella gratitudine di Fini, e sarebbe atto di grave insipienza. L’ex-leader missino a sua volta potrebbe star commettendo un errore ancor più grave: un’azione spregevole che lo danneggia. Il commento da tanti attribuito a Talleyrand a proposito della morte del duca d’Enghien (“È peggio di un crimine, è un errore”) significa che in politica non è tanto sbagliato andare contro la morale quanto andare contro i propri interessi. E proprio questo sembra fare Fini.
Nel momento in cui nacque il Pdl Fini capì che o si associava o il suo partito  sarebbe rimasto di mera testimonianza. Un po’ come poi è andata a Casini. Chi nel 2008 era di centro-destra ha usato il “voto utile” contro il centro-sinistra e chi era di centro-sinistra ha usato il “voto utile” contro il centro-destra, e i “voti di testimonianza” sono drasticamente diminuiti. Così fu eliminata l’estrema sinistra, e sarebbe stato eliminato Di Pietro se Veltroni non avesse commesso l’errore di associarselo. Anche il partito di Fini, dunque, se fosse andato da solo e contro Berlusconi, sarebbe stato gravemente ridimensionato e lo sarebbe di nuovo domani.
Stalin chiese quante divisioni avesse il Papa, oggi si può chiedere di quali divisioni disponga Fini. Tutto ciò che non fu possibile nel 2008 è impossibile ancora oggi: fra l’altro, i maggiorenti dell’ex-Alleanza Nazionale non sono a spasso, hanno posti di potere e non sono disposti a giocarseli solo per fare un dispetto al Cavaliere.
Se Fini rompesse, qualcuno andrebbe con lui ma sarebbero forze sparute, forse nemmeno sufficienti a far cadere il governo. E soprattutto, se questo governo cadesse, quante probabilità avrebbe Fini di ereditarlo? Non potrebbe aspettarsi il voto e il sostegno del Pd, dal momento che nessuno riuscirebbe a convincere la base ex-comunista a votare per un ex-“fascista”; Casini e i suoi potrebbero aiutarlo, ma non gli offrirebbero certo una maggioranza; le altre forze sono sparpagliate e insignificanti e allora che cosa avrebbe ottenuto, in tutto? Un partitino con cui gridare che Berlusconi è tanto, tanto cattivo?
Oggi, a quanto sembra, Fini sta commettendo un errore e tutti si chiedono perché. Forse la spiegazione è quella che si dava da principio: per capire la storia, bisogna anche inserire la componente di una più o meno intermittente stupidità: gli uomini superiori non sono superiori alle loro affettività e Fini, come un bambino geloso, non sopporta che Berlusconi sia più ammirato di lui.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
3 dicembre 2009

DELLA STUPIDITA’ IN POLITICAultima modifica: 2009-12-03T12:02:00+01:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “DELLA STUPIDITA’ IN POLITICA

  1. Sulle conseguenze di un eventuale rottura definitiva tra Berlusconi e Fini penso lei abbia sostanzialmente ragione.
    Ma sull’ipotesi secondo cui Fini faccia tutto per gelosia mi fa sorridere.
    Io resto indeciso tra le due ipotesi più gettonate oggi:
    Una (“buonista”) secondo cui Fini voglia semplicemente creare una destra liberale e laica che Berlusconi non ha voluto o non ha saputo costruire, forse perché di fatto è una corrente non maggioritaria nel paese (ma lei, che mi sembra quantomeno laico e che si professa liberale, non dovrebbe disprezzare questo tentativo); l’altra ipotesi (quella “cattivista”) è quella sostenuta da diverse fonti di estrema sinistra, che paradossalmente difendono Berlusconi, e ritengono che esista un complotto filo-atlantico foraggiato dalla Cia con il quale si intende affossare Berlusconi perché negli ultimi tempi si è avvicinato troppo all’ex-blocco sovietico e ai paesi arabi malvisti dagli Stati Uniti.

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