LA GAFFE DI HILLARY CLINTON

C’era una massima che Indro Montanelli amava ripetere e che potrebbe spiegare l’atteggiamento di Hillary Clinton a proposito del processo  per l’assassinio di Meredith Kercher: “Sono il loro capo e dunque li seguo”. Dal momento che negli Stati Uniti la maggioranza dei cittadini è risolutamente innocentista (a differenza della Gran Bretagna, patria della vittima), la Signora si è sentita in dovere di dire che, benché non abbia studiato il caso, è pronta ad ascoltare le osservazioni di tutti coloro che reputano che la condanna non giustificata da prove e determinata dall’antiamericanismo italiano. Molte goffaggini in poche frasi.
Il ministro di un grande Paese non si permette di giudicare la giustizia di un altro grande Paese. Diversamente un nostro ministro, al tempo dell’indecente assoluzione di O.J.Simpson, avrebbe potuto dire che negli Stati Uniti si mandano assolti i pluriomicidi purché siano neri e grandi campioni sportivi. Sarebbero piaciute, queste parole, a Washington?
In secondo luogo la Clinton ha compuntamente affermato di non avere ancora studiato il caso. E chi può immaginare che ella perda tre o quattro settimane per leggere gli atti del processo, ammesso che si trovi un certosino capace di tradurli, magari solo in sei mesi? La verità è che ha buttato lì una frase per fare contenti i gonzi. Fra l’altro, negli Stati Uniti la giuria decide in assenza del giudice e senza fornire motivazioni, mentre da noi i giudici di Perugia spiegheranno per filo e per segno, probabilmente in una sentenza di centinaia di pagine, il perché della condanna. E sarà la Corte d’Assise d’Appello a dire se quei motivi siano convincenti. Hillary non poteva aspettare qualche settimana, se proprio voleva avere notizie di prima mano? La realtà è che la sua è una gaffe monumentale, quale ce la saremmo aspettata da personaggi come Borghezio, Diliberto o, peggio ancora, Di Pietro.
Ma val la pena di cercare le cause remote di tutto questo. Odiati nel mondo, gli americani reputano invariabilmente vittime di calunnie i loro connazionali giudicati all’estero. Il loro riflesso è quello di proteggerli sempre, sia quando siano innocenti, come nel caso del soldato che ha purtroppo ucciso Calipari, sia quando non lo sono, come nel caso di quell’aviatore che, per non aver rispettato i regolamenti, ha ucciso molte persone nell’incidente del Cermis. Usano fuor di luogo la massima our country, right or wrong.
Naturalmente questo pregiudizio di innocenza è una stupidaggine, ma è una stupidaggine anche l’antiamericanismo che lo fa nascere.
Malauguratamente c’è una seconda ragione, per non avere fiducia nella giustizia italiana. Essa è notoriamente una delle peggiori del mondo civile, per la sua lentezza ed inefficienza, e il dibattito politico l’ha affossata ancora di più, rendendola perfino moralmente inaffidabile. Un Paese in cui un giorno sì e l’altro pure si dà del delinquente al Primo Ministro non è un Paese serio. Se Berlusconi fosse un criminale, andrebbe arrestato; se il fatto non è vero, chi formula quelle accuse dovrebbe finire in galera. Se non avviene nessuna delle due cose, è segno che la giustizia è assente o si attiva quando ne ha voglia. Come quando, per puri fini politici, mandò a Silvio Berlusconi un avviso di garanzia per reati comuni mentre presiedeva un convegno internazionale sulla criminalità. Per poi assolverlo con formula piena. Quanto ci si può fidare di chi persegue a questo punto i propri scopi politici?
Come sa chiunque frequenti il nostro Paese, già gli italiani non hanno fiducia nella giustizia. E se non l’hanno loro, perché dovrebbero averla quelli che, per giunta, si sentono discriminati?
L’errore di Hillary Clinton è di credere che in Italia, per quanto la giustizia possa essere malandata, si condanni qualcuno per omicidio sulla base di un pregiudizio. Questo si può rischiare – come nel caso Andreotti-Pecorelli – solo quando si incoccia nel puro fanatismo politico ma per il resto non siamo a questo punto. La giustizia è in buona fede, competente e molto attenta. Basti vedere lo scrupolo col quale sono stati giudicati Anna Maria Franzoni e Adriano Sofri.
Infine, come dimenticare che è stato condannato anche un giovane italiano di buona famiglia come Raffaele Sollecito? Solo per fare un dispetto ad Amanda Knox e agli Stati Uniti? E Rudy Guédé, che ha praticamente ammesso le sue colpe, chiamando in correità gli altri, l’ha fatto per indispettire Washington?
Ci sono momenti in cui la stupidità estera ci consola di quella nazionale.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
7 dicembre 2009

LA GAFFE DI HILLARY CLINTONultima modifica: 2009-12-07T12:30:13+01:00da gianni.pardo
Reposta per primo quest’articolo