HAITI E LA CASSA PER IL MEZZOGIORNO

Sul “Corriere della Sera” (16.1.10) è pubblicata una lettera di Victor Uckmar, definito da Wikipedia (http://it.wikipedia.org/wiki/Victor_Uckmar) “il più famoso fiscalista e tributarista italiano”. Dunque una persona intelligente e un intellettuale della più alta levatura. Ecco il testo: “Rispondiamo con urgenza (ma è già tardi!) all’appello di Haiti, ma recitiamo anche il mea culpa, non essendoci curati—e soprattutto gli Stati Uniti per la vicinanza— di un Paese da sempre in estrema povertà (l’introito maggiore deriva dalla vendita di plasma sanguigno!) che non gli ha consentito le necessarie organizzazioni per affrontare non solo le emergenze, ma anche la vita quotidiana”.
I concetti fondamentali sono tre: 1) bisogna aiutare Haiti; 2) dobbiamo recitare il mea culpa; 3) il nostro disinteresse è la causa del disastro attuale e passato. Su tre affermazioni due e mezzo sono sbagliate. Infatti è vero che il resto dell’umanità ha il dovere di aiutare Haiti: ma bisogna ancora intendersi sul termine “dovere”.
La prendiamo alla lontana. Si potrebbe tradurre il comandamento: “Onora il padre e la madre” con: “Hai il dovere di amare i tuoi genitori”? Forse. Ma sarebbe una traduzione erronea. Chi può imporre ad altri, o perfino a se stesso, di amare? Ecco perché il codice penale (art.570) non punisce l’insufficienza dei sentimenti ma sanziona l’obbligo dell’assistenza familiare (prestazioni essenziali). Naturalmente si può dire, su un altro piano, che si ha il dovere di amare i genitori: ma questo vale nel campo morale e non in quello giuridico. L’invito ha effetto solo su chi è disposto ad accettarlo. E la differenza è fondamentale. Il dovere morale è tale solo per chi lo sente – e dà al beneficiario soltanto un’aspettativa – mentre il dovere giuridico fornisce alla controparte un diritto che può essere reso cogente, per esempio riguardo agli alimenti.
Per quanto riguarda gli aiuti ad Haiti, si tratta di un dovere morale e questo non va dimenticato. Quando gli haitiani, esasperati per la lentezza dei soccorsi, protestano e bloccano le strade con cataste di cadaveri, si sbagliano. L’aiuto che riceveranno, quando arriverà, sarà un regalo e nessuno può protestare per non aver ricevuto velocemente un regalo. Se da un lato è bello che si senta in modo pressante il dovere morale di aiutare chi vive una tragedia, è anche vero che questo non dà alla controparte alcun diritto. Sarebbe bene ricordarlo.
Uckmar vorrebbe anche che recitassimo il mea culpa. Colpa nostra? Colpa nostra se Haiti è una zona sismica e gli edifici non sono antisismici? La tesi è troppo assurda perché valga la pena di confutarla e tuttavia il fiscalista la spiega: tutti siamo colpevoli della estrema povertà di quel piccolo paese. E c’è da rimanere perplessi. L’abbiamo forse depredato? E dire che la maggior parte degli italiani, fino a ieri, non distingueva Haiti da Tahiti!
Uckmar sostiene che ad Haiti quella povertà “non ha consentito le necessarie organizzazioni per affrontare non solo le emergenze, ma anche la vita quotidiana”. Ce ne può dispiacere, ma come avremmo potuto metterci rimedio? Nessuno riesce a salvare nessuno, sarebbe bene non dimenticarlo. Un Paese come l’Italia cerca di sollevare dalla povertà una propria regione e non ci riesce. Se solo fosse possibile, la Calabria somiglierebbe di più al Veneto. La storia del Meridione italiano non insegna dunque nulla?
Se una cosa sappiamo degli aiuti internazionali (quelli di lungo periodo, non quelli per le catastrofi) è che essi finiscono prevalentemente nelle mani sbagliate. La stessa parte che arriva alla popolazione, quella cioè che avrebbe lo scopo d’indurla a  migliorare il proprio livello di vita, viene spesso utilizzata dalla gente come semplice mezzo di sussistenza. Un po’ come se si mangiassero le sementi. I palestinesi ricevono da sempre montagne di aiuti e sono in questo campo un ottimo esempio.
Nel caso di cui si parla oggi, non si può non osservare che sulla stessa isola ci sono da una parte Haiti e dall’altra Santo Domingo. E mentre i dominicani, per ragioni che non conosciamo, sono prosperi, gli haitiani, per ragioni che non conosciamo, sono in miseria. Tutto ciò non nasce da una maledizione biblica – l’isola è unica – ma da un diverso comportamento economico. Non diversamente da come, sulla stessa terra, gli israeliani sono prosperi e gli abitanti di Gaza miserabili. E a proposito, siamo sicuri che la miseria del Sud Italia sia colpa del Nord Italia?
Le baggianate retoriche devono avere un fascino irresistibile, se se ne rendono colpevoli anche celebrità nazionali.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
16 gennaio 2010

HAITI E LA CASSA PER IL MEZZOGIORNOultima modifica: 2010-01-17T09:13:28+01:00da gianni.pardo
Reposta per primo quest’articolo